Da vico Belledonne a De Crescenzo? Anche Bellavista direbbe di no

di Raffaele Aragona
Mercoledì 24 Luglio 2019, 08:00
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Forse non meriterebbe attenzione e considerazione l'idea, perché è soltanto un'idea, quella di intitolare una storica strada di Chiaia a Luciano de Crescenzo, napoletano degno di stima e di sincero rimpianto per la sua scomparsa. Non è possibile, però, evitare di notare come questa Amministrazione dedichi molto tempo e attività a questioni marginali, certamente lontane da quello che dovrebbe essere lo scopo essenziale del proprio mandato. È frequente, infatti, assistere a un particolare impegno profuso in questioni e attività che non mutano l'assetto urbano, come quest'ultima idea in tema di toponomastica: un cambiamento immediatamente annunciato, quando si sa che, per essere realizzato, dovrà raccogliere il parere dell'apposita Commissione che valuti obiettivamente la proposta, se davvero dovesse arrivarvi. E meraviglia come un assessore, in rappresentanza del Sindaco, dinanzi al feretro dello scrittore-ingegnere, si sia impegnato al cambio di titolazione di vico Belledonne e si sia lasciato sfuggire addirittura un «sùbito» per la sua attuazione. Senza contare che, a norma di Regolamento, le richieste di denominazione vengono approvate con i 2/3 del Consiglio Comunale.

Non solo, ma l'onomastica stradale «deve tutelare la tradizione toponomastica cittadina curando che le nuove denominazioni rispettino l'identità culturale, civile, antica e moderna omogeneizzandosi con i toponimi tradizionali storici o formatisi per tradizione orale» (art. 10 del Regolamento) e ancóra: «non vengono apportate modifiche di nomi ad aree di circolazione già esistenti, allo scopo di non arrecare disagi ai cittadini e danni economici alle attività ivi insediate, fatti salvi casi eccezionali ampiamente motivati» (art. 11). Infine, nello stesso articolo è detto: «Nel rispetto della vigente normativa, non si possono attribuire denominazioni corrispondenti a nomi di persone che siano decedute da meno di 10 (dieci) anni, salvo eccezioni, per i caduti di guerra o per cause nazionali su proposta del Consiglio Comunale».

Questa del cambio di nome di vico Belledonne è l’ultimo proposito pronunciato in questi giorni che ci si augura non abbia esito, anche, e non solo, facendo tesoro di esperienze passate. Sono trascorsi, ad esempio, molti anni dal cambiamento di nome del viale Elena, ma sono pochi i napoletani che hanno “imparato” a chiamarlo con il nuovo nome di Antonio Gramsci che certo meritava l’intitolazione di una strada, ma che fosse un’altra.

È senz’altro giusto pensare a nuove denominazioni per le strade di un nuovo quartiere, ma è altrettanto opportuno lasciare intatte quelle di un quartiere esistente che ricordano un avvenimento, una festività, un’attività artigianale, un personaggio o altro. Al di fuori di tanto, il mutamento rappresenta un esercizio inutile: resta solo uno sterile tentativo di far dimenticare il preesistente e comporta inevitabilmente anche non pochi disagi ai più direttamente interessati, ai cittadini residenti, agli operatori economici e agli innamorati del passato, di quel passato che è inutile dimenticare. La toponomastica, per fortuna, è un campo di battaglia dove non si sparge sangue, ma che investe e racconta comunque la storia della città. 

Vale forse anche la pena ricordare ai più distratti – e tra questi spiace dover annoverare l’assessore alla cultura – che lo spazio ora occupato dal liceo Umberto era sede “dei quartieri delle soldatesche regie” come si legge nella mappa del Duca di Noja. L’edificio, meglio noto come “Cavallerizza a Chiaja”, si estendeva dalla via S. Pasquale fino al largo Ferrandina: la scuola Tito Livio conserva la facciata in stile vanvitelliano delle originaria grandiosa struttura militare. La toponomastica ricorda il luogo e la storica destinazione del quartiere con la via della Cavallerizza (sul tracciato dell’antica via Puteolana) e la parallela, vico Belledonne, con esplicito riferimento al tempo libero delle soldatesche. Due strade che ricordano un pezzo di storia urbana. E vale la pena ricordare ai più distratti che neanche le radicali trasformazioni urbane che interessarono l’area nel ‘900, con la costruzione della nuova via dei Mille e successivamente del quartiere S. Pasquale suggerirono agli amministratori il cambiamento delle denominazioni stradali. Luciano De Crescenzo, ingegnere, filosofo, scrittore e raffinato uomo di cultura, si ribellerebbe a tale ipotesi. 
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