Napoli, il mistero della firma di Corenzio

Napoli, il mistero della firma di Corenzio
di Ugo Cundari
Mercoledì 22 Settembre 2021, 11:49 - Ultimo agg. 23 Settembre, 07:13
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Dopo quasi tre anni di restauri viene alla luce all'Archivio di stato di Napoli, diretto dalla vulcanica Candida Carrino, il ciclo pittorico di Belisario Corenzio, terminato nel 1609 dietro un compenso di 250 ducati. Sono quattro scene, non complete, «ma più di questo non potevamo fare. Ogni centimetro delle pitture che poteva essere recuperato è adesso visibile e restaurato», dice Carrino.

 

Come anticipato da Vittorio Del Tufo e Sergio Siano su «Il Mattino» nel 2019 (L'Uovo di Virgilio), la sala dei catasti nascondeva un segreto: il segreto dei capolavori perduti di Corenzio (Acaia, 1558 Napoli, 1646?) nascosti dietro le scaffalature ottocentesche.

Fino ad oggi erano stati scoperti solo alcuni frammenti. Adesso è chiaro che si tratta di quattro scene su due pareti di una dozzina di metri quadri ognuna. Gli storici dell'arte sono al lavoro per cercare di capire quali siano con precisione i soggetti rappresentati, se si tratti, come si crede, di scene riprese dalle parabole dei Vangeli o, meno probabilmente, di avvenimenti biblici.

In una scena c'è l'annunciazione di chissà quale avvenimento, con alcune donne affacciate intente a osservare e una folla in strada mentre degli angeli suonano le trombe. L'altra scena, a fianco, riproduce la visita a un vecchio saggio orientale, con il turbante, seduto su di un trono. Ai piedi di una colonna c'è una data che richiama il Settecento, forse in riferimento a un rifacimento della parete o a un restauro dell'epoca.

Questa due scene si trovano sopra l'ingresso. Di fronte, sulla parete opposta, le altre due scene. In una è riprodotta, probabilmente, la lavanda dei piedi degli apostoli da parte di Gesù. Nei frammenti spunta una bacinella con l'acqua e un personaggio con la tonaca (Gesù?) intento a lavare un piede. Di fianco c'è la raffigurazione pittorica più importante, che poi è anche quella meglio conservata e con maggiori particolari, uno dei quali è il più suggestivo e misterioso del ciclo: l'affresco di un Gesù adirato che caccia dal tempio i mercanti. In mano ha una corda che funge quasi da frusta per spaventare la gente. E infatti in molti hanno il viso atterrito, un commerciante con gli occhi da fuori cerca di mettere in salvo le sue monete, più in là sembra che un bambino venga calpestato dalla folla.

L'elemento più importante è posizionato in alto. Qui c'è una epigrafe, «posta dal pittore in un punto particolare dove convergono le linee prospettiche del colonnato del tempio. Inoltre per mantenere il senso della fuga Corenzio vi ha dipinto un lampadario il cui pendente copre una piccola pare mediana dell'epigrafe, che così, posizionata in questo modo, non può non catturare lo sguardo», dice Carrino. La scritta è in greco, e già di per sé questo è un elemento di novità perché Corenzio non ha mai usato questa lingua, ma sempre il latino per firmare le sue opere. «Oikou thexi Belisarios epei» è scritto, che si può tradurre con «Belisario obbedisce al padrone di casa» o anche «Belisario si conforma alla volontà del padrone di casa», ossia l'abate.
Questa scritta può essere interpretata sia come un atteggiamento di deferenza del pittore, nel senso di obbedienza alla volontà dell'abate, sia come velata ironia di chi si è inchinato ai voleri del padrone di casa ma non era d'accordo magari sulle scene da riprodurre o al modo in cui dovevano essere dipinti i personaggi, o chissà a cos'altro.

Carrino dunque si domanda: «Corenzio usa questa formula non di rito per questi suoi dipinti per quale motivo recondito?». Interrogativo che forse è destinato a rimanere senza risposta, o magari è una risposta alle critiche mosse al pittore per come aveva eseguito i dipinti. Fatto sta che entro la fine dell'anno questa sala, una volta sgomberata dalle impalcature e ripulita, sarà riaperta al pubblico e ospiterà convegni e presentazioni di libri. Sul restauro dei dipinti è stato girato un docufilm di Lorenzo Cioffi che sarà presentato sabato alle 11 all'Archivio nell'ambito della prima delle due giornate europee del patrimonio. Nell'occasione sarà presentata anche la rivista internazionale «Grand'A» diretta da Carrino su arte, architettura e archivi.

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