La morte di De Crescenzo e le illusioni della nostalgia

di Francesco Durante
Sabato 20 Luglio 2019, 08:30 - Ultimo agg. 09:30
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Insieme con la scomparsa di Luciano De Crescenzo, è puntualmente arrivato anche il de profundis per la Napoli di Bellavista. Quasi che ci fosse da stupirsi davanti alla constatazione che in poco meno di quarant’anni almeno qualcosa deve pur cambiare, com’è invece ovvio e persino augurabile che sia. E anche Napoli, ebbene sì, è cambiata. Naturalmente si capisce che la nostalgia per la Napoli di Bellavista è un sentimento non necessariamente legato alla realtà. 

Assomiglia infatti all'idea sempreverde che da qualche parte nel tempo ci sia stata una Napule d'ajere bellissima e umanissima, più generosa e felice e armonica di quella che conosciamo, come lo sono tutti i luoghi fiabeschi, quelli che cioè esistono soltanto nella mente di chi li vagheggia. Per quanto riguarda invece la storia, la Napoli di Bellavista, raccontata con così affettuosa e seducente partecipazione da Luciano De Crescenzo, era una città altrettanto piena di problemi di quella di oggi, e per certi versi messa molto peggio. Ci siamo dimenticati della guerra tra cutoliani e anticutoliani? Di quella guerra di camorra che fece centinaia di morti e fu la più sanguinosa in tutta la lunga vicenda della criminalità campana? Quella guerra si combatté, per l'appunto, nella Napoli di Bellavista. E non impedì che si potesse parlare di Napoli nel modo in cui ne parlò Bellavista, così come, qualche decennio prima, i fenomenali problemi del dopoguerra non avevano impedito a Giuseppe Marotta di scrivere L'oro di Napoli raccontando la città in toni che in qualche modo anticipavano quelli poi utilizzati da De Crescenzo. E nulla potrà impedire che anche in futuro si possa parlare di Napoli facendone emergere soprattutto certe qualità di arguzia, comicità, simpatia che, per nostra fortuna, riescono ancora a brillare al di là di tutto ciò che potrebbe spazzarle via, e che in fondo rappresentano la nostra stabile àncora di consolazione, quel quid che, anche nei momenti più faticosi e disperanti, può, salvifico e sorprendente, regalarci un'imprevista (o forse fin troppo prevedibile?) comfort zone in mezzo alle angustie quotidiane.

Nella Napoli di Bellavista c'era Maradona, una finta del quale, con buona pace dello stesso San Gennaro, bastava a squagliare o sanghe dint''e vvene. Oggi Maradona non c'è: ma, anche se qualcuno sostiene che dopo averlo visto giocare non abbia più alcun senso seguire una partita di calcio, non si direbbe proprio che a Napoli l'amore e un certo festevole entusiasmo nei confronti del pallone siano andati scemando. Negli anni Ottanta c'era Massimo Troisi, e c'era Pino Daniele, ma non è che oggi a Napoli non ci siano più grandi attori e grandi musicisti. È vero semmai il contrario: la cultura a Napoli, un po' in tutti i campi, non ha mai dato frutti cospicui e abbondanti come quelli che sta producendo in questi anni, tanto che la città continua a occupare saldamente il suo posto nell'immaginario del mondo e a esercitare il suo fascino, come sempre complesso, ambiguo, difficile da definire, ma del pari potente; e per provarlo basterebbe citare la fortuna planetaria dei romanzi di Elena Ferrante (in tutte le possibili versioni).

Certo: nel frattempo Napoli è scivolata ai margini del dibattito politico e dell'agenda del governo. Ma questa sembra una sorte tutt'altro che esclusiva, oltre che sperabilmente provvisoria. E comunque rinvia alla crisi dei partiti, che viceversa erano in fin troppo buona salute ai tempi di Bellavista, e cioè (forse è il caso di ricordarlo) alla vigilia di tangentopoli.

Comunque la si voglia valutare, insomma, questa faccenda del rimpianto per la fine della Napoli di Bellavista pare piuttosto stucchevole e vana. Una illusione ottica dettata dalla nostalgia che, tra l'altro, mentre riguarda quelli che hanno abbastanza anni da ricordarsi ciò che accadeva a quei tempi, risulta pressoché incomprensibile a tutti i moltissimi la cui memoria non può spingersi altrettanto indietro, e i quali non di nostalgia, bensì di idee e progetti concreti, avrebbero urgente bisogno.

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