Parmigianino, la lezione di un dandy

Parmigianino, la lezione di un dandy
di Davide Cerbone
Domenica 9 Aprile 2017, 11:18
3 Minuti di Lettura

L'arte come balsamo dell'anima, la bellezza come cura: l'accostamento, certo, non è inedito. Che una multinazionale farmaceutica decida di farlo diventare una virtuosa consuetudine, però, è fatto quanto meno originale. Non per la Menarini, che ogni anno, da oltre cinquant'anni, dedica un volume ad un artista italiano. Nella tradizionale collana, il 2016 è stato l'anno di Francesco Mazzola, detto il Parmigianino. Un nome d'arte legato alle origini parmensi e alla corporatura minuta e gentile del pittore.
 


C'è la sua opera al centro del volume curato da Alessandro Tosi e edito da Pacini che ieri Menarini ha presentato a Napoli, celebrando un ritorno alle origini. In via Calabritto, infatti, il ricco bolognese Archimede Menarini aprì nel 1886 la Farmacia Internazionale, gettando le basi di un gruppo che oggi conta quasi 17mila dipendenti in oltre 130 Paesi. «Totò, il simbolo della città, diceva che chistu paese nun se po' scurda'», esordisce Ennio Troiano, direttore corporate delle risorse umane del Gruppo Menarini, che lavora a Firenze ma è nato a Pompei. «La Farmacia di Menarini si chiamava internazionale perché preparava medicamenti per gli emigranti che si spostavano verso le Americhe. Oggi stiamo investendo molto sulla ricerca in ambito oncologico e sulle nuove tecnologie che portano alla personalizzazione delle cure dei tumori. Ma siamo qui per rendere omaggio a quei primi passi». Proprio in virtù dei natali partenopei, il dirigente rivolge un appello ai napoletani: «L'anno scorso abbiamo assunto 250 persone in Italia e continueremo ad espanderci. Mi piacerebbe che i miei concittadini, portatori di capacità non comuni, si mettessero in gioco».
 
 

Menarini, dunque, torna a Napoli. In particolare, al museo di Capodimonte. «Un luogo di straordinaria bellezza», commenta Troiano. A salutarlo, un applauso che riempie l'auditorium ricavato negli spazi di una preesistente cappella reale, al piano terra del museo. E proprio a Capodimonte si trova quella che l'autore della monografia definisce «la più efficace sintesi dell'opera del Parmigianino». Quattro tra i suoi più importanti dipinti, parte della collezione Farnese, che al termine della presentazione lo storico dell'arte Pierluigi Leone de Castris illustra con Tosi: il «Ritratto di Galeazzo San Vitale», il «Ritratto di giovane donna», più noto come «Antea», la «Sacra famiglia con san Giovannino», e «Lucrezia», ultima opera dell'artista, tutti esposti al primo piano, nella sala 12.

Continua a legegre su Il Mattino Digital

© RIPRODUZIONE RISERVATA