Napoli, i segreti dei conventi tra sacro e profano

Napoli, i segreti dei conventi tra sacro e profano
di Francesco Romanetti
Venerdì 6 Febbraio 2015, 20:55
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Il fatto avvenne nella notte tra il 3 ed il 4 novembre del 1728. «Travestite» da malate di mente, le monache dell'ospedale degli Incurabili assaltarono il vicino convento di Santa Maria delle Grazie a Caponapoli, nei vicoli alle spalle dell'attuale piazza Cavour. Le terribili sorelle, dopo aver fatto irruzione con grida da indemoniate, buttarono perfino giù un muro. Poi usarono mazze e randelli, menarono botte di santa ragione e scacciarono i frati dal convento. Dovette intervenire la truppa regia, che soltanto dodici giorni dopo, il 16 novembre 1728, riuscì ad averla vinta sulle furiose monachine e a restituire il convento ai frati. All'origine del conflitto c'era stata una vecchia questione che riguardava la giurisdizione del monastero.



Ma questo è solo uno delle centinaia di episodi avvenuti per secoli tra chiostri e cenobi napoletani. Le ombre claustrali hanno celato congiure, riti esoterici, rapimenti, manovre politiche. Orge. Sconvolse (ed eccitò) tutta l'Europa d'allora, la storia della terziaria francescana napoletana Giulia De Marco, fondatrice di una setta che proclamava l'atto sessuale «cosa meritoria presso Dio» e incoraggiava l'amplesso plurimo. Per di più, «l'accesso alle parti intime» della santona era ritenuto un atto «sostitutivo della preghiera». Amen. In ogni caso, tra i seguaci di suor Giulia - stabilì il processo presso il Sant'Uffizio - si contarono due cardinali, tre arcivescovi, due vescovi, 70 tra suore e frati spagnoli, 113 monache del monastero di Donnaregina. Ma questo è niente: a trovare sollievo e sollazzo dalle pratiche benedette dalla suora francescana c'era quasi tutta la corte spagnola, compreso il viceré, conte Lemos.



A scavare nella storia e nel patrimonio di arte e cultura prodotto e custodito a Napoli, è ora un bel volume di Candida Carrino, Andar per monasteri. Itinerari alla scoperta di conventi, chiostri ed eremi napoletani (Intra Moenia, pagg. 400, euro 24,90), un'opera accuratissima, che al rigore della ricerca unisce il gusto della narrazione e della divulgazione. Quel che ne esce fuori è una guida colta e allo stesso tempo agile e appassionante, che racconta non solo lo splendore dei grandi monasteri - da Santa Chiara a San Pietro a Majella, da Santa Maria la Nova a San Domenico Maggiore - ma anche quel mondo fatto da luoghi «minori», tuttavia spesso ricchissimi a loro volta di arte e storia, che sono i conventi e i chiostri meno noti o addirittura trasformati nel tempo in garage, palestre, abitazioni. Da questo punto di vista le fotografie di Sergio Siano, esploratore intelligente e sensibile del bello contenuto nella quotidianità, non rappresentano solo un «corredo» di immagini, ma aggiungono conoscenza: attualizzando, contestalizzando e inserendo nell'oggi storie e forme del passato.

Sacro e profano.



Espressione di spiritualità, ma anche di potenza economica e politica, monasteri e conventi napoletani hanno attraversato le vicissitudini della storia. Se furono i giacobini e poi i due sovrani del decennio francese (Giuseppe Napoleone e Gioacchino Murat) a sopprimere monasteri e ordini religiosi e a mettere a disposizione della nazione i beni ecclesiastici, già Ferdinando IV di Borbone aveva espulso i gesuiti ed incamerato i loro beni, nel 1767. Così come fu sempre il re Borbone, nel 1798, a farsi consegnare da preti e frati i tesori custoditi in chiese e monasteri. D'altra parte - come ricorda Maria Rosaria de Divitiis, presidente del Fai Campania, che firma la Presentazione del libro della Carrino - Napoli è stata, dopo Roma, la città a più alta densità di conventi.



Agli inizi dell'Ottocento si contavano 17mila monaci e 18mila suore. In ogni caso, è poi dopo l'Unità d'Italia che il nuovo Stato, laico e anti-clericale, vara le leggi eversive dell'asse ecclesiastico. Ingenti ricchezze vengono messe a disposizione dello Stato per ridurre il disavanzo del bilancio. Centinaia di conventi e monasteri vengono utilizzati per creare scuole, ospedali, caserme. Una parte delle opere d'arte custodite dal clero finiscono nei musei. Un'altra parte nelle case di ricchi borghesi.

Candida Carrino, con la precisione dell'archivista e la visione prospettica dello storico, dà conto di tutto questo nel suo straordinario viaggio attraverso monasteri, chiostri e giardini. Ma non solo.



Le 107 schede che formano altrettanti capitoli - oltre alla parte sulla storia, l'architettura e le opere d'arte - contengono paragrafi e notizie sulle attività che attualmente si svolgono in conventi e monasteri, sul vino che vi si produce, sul cibo e le ricette che vi vengono preparate. Utilissime (e spesso poco note) «curiosità» completano i capitoli, aggiungendo leggende e affabulazioni: da quelle su Vlad III, alias Dracula, che sarebbe sepolto nel chiostro di Santa Maria la Nova, a quelle sui frati «vottazzielli», così chiamati perché vendevano il vino in piccole botti («votti»). Andar per monasteri vuol dire inoltrarsi in una storia che per secoli si è ramificata dentro Napoli.
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