Nino D'Angelo sale in cattedra all'Università: «Vorrei essere definito un cantante napoletano»

Nino D'Angelo sale in cattedra all'Università: «Vorrei essere definito un cantante napoletano»
di Giovanni Chianelli
Mercoledì 13 Ottobre 2021, 17:44 - Ultimo agg. 19:33
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E così ce l’ha fatta, il ragazzo dal caschetto d’oro, il “Poeta che non sa parlare” (titolo del suo libro in uscita in questi giorni per Baldini&Castoldi) a entrare nell’accademia. Se non ancora a conseguire una laurea ad honorem in “università della strada, quella sì che l’ho frequentata”, a stare a suo agio tra le mura di un ateneo e a tenere un discorso finale degno di una lectio magistralis dopo la mattinata di studio “La pedagogia della musica nella società complessa”, al Suor Orsola Benincasa.

È Nino D’Angelo da San Pietro a Patierno, l’“Ignorante intelligente”, il nome del suo primo libro, il 13 ottobre al centro del convegno promosso da Fabrizio Manuel Sirignano, ordinario di Pedagogia generale, con l’antropologo Marino Niola, il musicologo Pasquale Scialò e Jorit, l’artista che ha recentemente disegnato in un murale il volto di D’Angelo nel quartiere dove è nato.

Sulle critiche che gli sono piovute addosso quando, recentemente, si scollato di dosso l’etichetta di neomelodico: «Ma no, voglio chiudere, quelle ragazze che hanno polemizzato possono essere mie figlie» dice, in riferimento a Nancy Coppola e Giusy Attanasio, le cantanti che lo avevano attaccato.

Ma ha una proposta: «Sapete come vorrei essere presentato da adesso? Cantante napoletano, non c’è niente di meglio».

Il rapporto tra la nascita, che non gli ha concesso ricchezza e istruzione, e la fama raggiunta con intuito e talento è al centro dell’intervento finale del popolare Nino: «Quando dico che la vera scuola l’ho fatta per strada non uso frasi fatte: se non avessi dovuto trovare lavoro come gelataio alla stazione non avrei mai scritto “Ciucculatina d’a ferrovia”». 

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Ma il cantante che ce l’ha fatta, «unico tra i tanti del mio quartiere dove è sempre tutto uguale”» dà consigli ai giovani studenti in visibilio per lui e che fuori l’aula magna intonano le sue canzoni (tra questi Reginaldo Carrino, in arte "Nino nero", un ragazzo di origine africana con il caschetto biondo): “Secondo me dalla pandemia siamo usciti peggio. Siamo a pezzi, tutti depressi e impazziti. Tra poco in televisione non vedremo più virologi ma psicologi: volete un consiglio per fare soldi? Iscrivetevi tutti a psicologia, è la professione del futuro”. Ringrazia la povertà, “perché la parola più bella è desiderio” e incita ad unità e uguaglianza: «Sono le due U di domani. E poi la comunità, ritroviamo il piacere di dare l’uno all’altro».  

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