Nino Daniele e il cuore di Napoli: «Io, ragazzo di periferia ho incontrato Masullo»

Nino Daniele e il cuore di Napoli: «Io, ragazzo di periferia ho incontrato Masullo»
di Maria Chiara Aulisio
Venerdì 20 Maggio 2022, 14:00
5 Minuti di Lettura

«Sono a nato a San Giovanni a Teduccio, ricordo che quando prendevo l'autobus che mi avrebbe portato all'Università, lungo via Marina, al posto dei palazzi distrutti dai bombardamenti, c'erano ancora le baracche». Nino Daniele, già sindaco di Ercolano ed ex assessore alla Cultura del Comune di Napoli, allievo, grande e fedele seguace del filosofo Aldo Masullo - la sua Napoli la assimila anche alla vita vissuta in quegli anni. Gli anni dello studio alla Federico II, della laurea in filosofia e dell'impegno politico quando, giovanissimo, si iscrisse alla Fgci con Andrea Geremicca segretario della federazione e Berlinguer segretario nazionale. 

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Anni intensi.
«Intensi e coinvolgenti, mi hanno insegnato ad amare la cultura ancor prima della militanza.

Porta di Massa, piazza del Gesù... ci ho trascorso la giovinezza».

Studente del Genovesi.
«Dove tra l'altro conobbi la ragazza che poi sarebbe diventata mia moglie».

Compagni di scuola, quindi.
«Eravamo un bel gruppo di giovani pieni di sogni e voglia di fare. Con noi c'era pure Mia Filippone».

L'attuale vicesindaco?
«Sì, lei. Da studenti non lo avremmo mai immaginato che un giorno sarebbe diventata preside proprio del nostro liceo».

La generazione del dopoguerra: tenace e determinata.
«Come dice Umberto Galimberti, il filosofo, noi che ne facciamo parte siamo stati dei privilegiati e forse neanche lo sappiamo».

Privilegiati in che senso?
«Avevamo il futuro che ci aspettava, pensavamo di poter cambiare il mondo e questa prospettiva ci infondeva attesa e speranza. Oggi no, non è più così».

Sta dicendo che i nostri giovani sono senza futuro?
«Dico sempre che la generazione attuale sembra toccare con mano la profezia di Nietzsche là dove, annunciando il nichilismo, dice: manca lo scopo».

Di conseguenza poca voglia di fare.
«Non solo. A differenza dei loro nonni e dei loro padri - e Galimberti questo lo scrive con chiarezza - per i ragazzi il futuro non è una promessa, ma una minaccia e, se non è una minaccia, è imprevedibile. Una imprevedibilità che li fa vivere nell'inquietudine. Sapete come diceva Aldo Masullo?».

Come diceva?
«Nell'epoca della connessione non siamo mai stati così disconnesi. Da qui la profonda solitudine che colpisce i giovani più di ogni altro».

La riporto alla sua Napoli.
«Quella di chi torna».

Parla dei cervelli in fuga?
«In realtà penso alle parole di Papa Francesco quando ha detto che stiamo vivendo un inverno demografico. Da questa città, in particolare, sono andati via migliaia di giovani creando un impoverimento che rischia di pregiudicare ogni cosa».

E lei ne auspica il ritorno.
«Certo. Anche per dare una mano ai giovani come loro, con meno opportunità, esposti alla devianza e al rischio di finire nelle maglie della criminalità».

Eppure Napoli resta una città dalle grandi potenzialità.
«Ha caratteristiche davvero speciali».

Da che punto di vista?
«Penso al teatro, al cinema, a una rete associativa radicata e diffusa sul territorio. Esistono per fortuna molti luoghi in cui la città è ancora un bene comune».

Per bene comune intende rispetto della cosa pubblica?
«Napoli è in lotta perenne tra degrado e bellezza. Per me degrado è anche quando gli egoismi si appropriano di beni comuni per trasformarli in vantaggi privati».

Vecchia storia.
«Da sindaco di Ercolano ho imparato l'importanza del consumo critico».

Quello che antepone il bene della collettività e dell'ambiente alla soddisfazione dei propri bisogni?
«Un potere forte in un gesto semplice. Essere un consumatore intelligente vuol dire offrire un contributo concreto al miglioramento della vita di tutti. Sono sempre stato convinto che con piccole azioni quotidiane si possono cambiare le cose».

La filosofia in soccorso dei cittadini. Lo ha scritto perché anche così si arriva al cambiamento?
«In realtà quel volume è un tributo alla memoria di Masullo. Un mio piccolo omaggio in ricordo riconoscente di cose meravigliose di cui sono stato partecipe».

Aldo Masullo, il suo maestro.
«Abbiamo avuto un rapporto straordinario e questo libro rappresenta il colloquio con lui in decenni di solida amicizia e comuni battaglie politiche: al centro sempre l'amore per Napoli».

Masullo, un gigante.
«Fino a 97 anni è andato in giro a incontrare i suoi concittadini in maniera del tutto disinteressata: solo per passione pedagogica. Ecco, questo è il modello che dovrebbe ispirare il mondo dell'intellettualità».

Parlando di Napoli viene in mente il Maggio dei Monumenti, kermesse che - da assessore - ha organizzato più volte.
«Mi torna in mente quello del 2014 ispirato al testo Storie e leggende napoletane di Benedetto Croce».

Che cosa ricorda di quell'edizione?
«L'estro degli studenti dell'Accademia di Belle arti che esposero lenzuola sulle quali avevano copiato gli scritti di Croce».

Un testo in particolare?
«La storia di Colapesce, ad esempio. Un'antica leggenda che appartiene alla cultura napoletana».

La racconti.
«Il filosofo scrive di un giovane che amava il mare e lì trascorreva le giornate, ma la sua passione non era ben vista dalla madre che, un giorno, presa dalla disperazione, gli mandò una maledizione: che tu possa diventare un pesce!. E così fu».

Da Benedetto Croce a Giambattista Vico. Anche a lui dedicò un Maggio.
«Sì, 4 anni fa, in occasione del 350esimo anniversario dalla nascita. Vico ci ha lasciato scritti geniali e meravigliosi. Decidemmo di celebrarlo con un mese di concerti, mostre e spettacoli dedicati a lui. Ne valse la pena». 

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