Palazzo Reale di Napoli svela i tesori nei depositi: ecco poltrone, letti e dipinti

Palazzo Reale di Napoli svela i tesori nei depositi: ecco poltrone, letti e dipinti
di Maria Pirro
Giovedì 24 Giugno 2021, 07:00 - Ultimo agg. 18:25
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Il letto di Vittorio Emanuele II, in legno scuro intarsiato, è sistemato tra frammenti di cornici, ori e infissi. Lo studio di Salvator Rosa, tratteggiato da Tommaso De Vivo, proviene dalla collezione dei Borbone. E l'armadio che tocca il soffitto è pieno di lenzuola di lino, al centro di un tour inedito a Palazzo Reale. Il direttore Mario Epifani apre eccezionalmente le porte delle sale segrete, quelle che restano inaccessibili ai visitatori. «Almeno per ora», il suo obiettivo è valorizzare e svelare i tesori nascosti nei depositi.

Il percorso inizia nel piano ammezzato, che si trova esattamente sotto il salone d'Ercole. Qui i primi 358 oggetti che nessuno vede nell'itinerario classico: quadri, stampe e incisioni. In particolare, diciotto dipinti a tema, su Don Chisciotte, usati come cartoni preparatori della serie di arazzi oggi esposta al Quirinale. E la collezione della regina Margherita riunita nel 2004, in occasione di una mostra, da 17 anni di nuovo sotto chiave. Nel cassetto, finora è rimasto pure il sogno della moglie del primo re d'Italia, che con queste opere avrebbe voluto allestire una galleria d'arte contemporanea. 

Tra le più pregevoli, d'epoca precedente, ci sono due tele di Giambattista Bassi commissionate da Gioacchino Murat e numerose altre acquistate dai sovrani (Borbone e Savoia) alle Esposizioni di Belle arti.

Ma la bellezza si ritrova persino abbassando lo sguardo. Si calpesta senza danneggiarla. «Il pavimento è originale, le maioliche di fabbricazione Giustiniani», dice orgoglioso Epifani, entrando nelle cucine trasformate in laboratorio di restauro e protette da allarmi moderni e cancelli di allora. È la bottega di Ugo Varriale, 64 anni, da oltre 30 in camice bianco da lavoro. «I guanti li metto solo se uso solventi», chiarisce, mentre si sfila gli occhiali speciali, e racconta che da poco ha completato il restyling di altri tre quadri di De Vivo inviati a Forlì per le celebrazioni dei 700 anni dalla morte di Dante Alighieri. Per farli ammirare anche nella Reggia, una iniziativa è programmata, ma a settembre. Più o meno in coincidenza con l'inaugurazione del museo multimediale della città che ha ologrammi come guida ed è già allestito nelle scuderie: l'ideale per i croceristi che sbarcano di fronte, in via Acton, e hanno poco tempo per girare. Un nodo resta la questione del personale in organico, dai custodi ai restauratori. Con Varriale, uno degli altri due è prossimo alla pensione.

«Sto lavorando anche su un ritratto del sommo poeta, Dante nello studio di Giotto, di Luigi Stanziano», continua l'esperto. «È tra gli oggetti d'arte di proprietà privata di sua maestà il re». Commissionato nel 1862, contrassegnato dal numero 42 nell'inventario, ovviamente fa parte della collezione Savoia. E conserva tutto il suo fascino.

«L'andata a cavallo» è invece attribuita a Decio Tramontano. Di Plinio Nomellini si ammira l'unico pezzo della pala d'altare rimasto a Napoli, recuperato con l'aiuto degli studenti dell'Accademia e illustrato in una complessa e apprezzata tesi di laurea. Il protocollo firmato tra Palazzo Reale e la Federico II vuole sostenere collaborazioni e sinergie in ambiti ulteriori. «Non solo la storia, l'arte, l'architettura, l'urbanistica, ma anche la gestione del museo può essere motivo di approfondimento per i ricercatori e occasione per migliorare l'offerta culturale», rimarca Epifani.

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C'è già l'intenzione di risistemare le tende negli appartamenti storici e la necessità di aggiungere le pellicole sui vetri in modo da filtrare la luce. Va rifatta la segnaletica e nuove mappe nelle sale sono caldeggiate per indicare le varie opere esposte, anche quelle che non si possono ammirare troppo da vicino nei percorsi a senso unico imposti dalle restrizioni anti-Covid. «Con la zona bianca, i turisti e i napoletani sono in aumento, oscillano tra i 200 e i 300 al giorno», certifica Epifani, che in alcune date speciali vuole consentire a tutti l'ingresso negli ambienti con i lavelli e i piani cottura ancora integri, e questo viaggio tra gli arredi e i decori. «Sto valutando di ricollocare le sovrapporte dei Savoia nelle stanze al piano superiore: tre sono integre, per altre due basta rifare le cornici. Solo una è andata perduta», e il direttore le indica, attraversando il corridoio. Superati i candelabri e i frammenti di cornici, si passa accanto al letto di Vittorio Emanuele II. Quasi non si nota; mentre il rosso dei tessuti di San Leucio è così intenso. Dalle etichette si può capire quali sono le cose più antiche, se la scritta è a vernice. E, su un tavolo, non mancano un calamaro, uno stemma di Carlo Alberto, una serie di orologi musicali e di orologi a pendolo, un'aquila dorata con un'ala fasciata, una composizione in ceramica. 

La visita prosegue ai piani meno uno, meno due e meno tre, nel deposito Foriera che accoglie 1023 oggetti. Sono soprattutto arredi: specchiere, sedie, poltroncine, divani, busti, lumi, colonne spezzate, pouf con zampe di animali, brocche. Una collezione di tappeti, che pure si immagina di ricollocare negli ambienti principali. Sembra impossibile, però, rimettere a posto le lunghissime panche portate via dal salone delle feste, trasformato in sale di lettura della Biblioteca nazionale. Il complesso monumentale ospita anche la sovrintendenza, e un muro divide gli uffici «reali» da quelli del San Carlo. Ognuno ha sottratto spazio e il resto, l'interno più sfarzoso, è scivolato in fondo. «Per rendere accessibili questi spazi, occorre soltanto una verifica all'impianto di aria condizionata e una pulizia generale», promette Epifani. Sviluppi sono attesi. 

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