Pasqua a Napoli, intervista a Paolo Giulierini: «Napoli è già ripartita, miglioriamo i servizi»

Pasqua a Napoli, intervista a Paolo Giulierini: «Napoli è già ripartita, miglioriamo i servizi»
di Giovanni Chianelli
Sabato 16 Aprile 2022, 11:21 - Ultimo agg. 17 Aprile, 09:45
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Con il ritorno del turismo nazionale e internazionale in città tornano a essere protagonisti musei, centri di cultura, monumenti: «Era dal 2019 che non vedevamo tante persone» dice Paolo Giulierini, direttore del Museo Archeologico Nazionale di Napoli che insieme a quello di Capodimonte è il luogo più accorsato in questo nuovo boom di visitatori dopo due anni di restrizioni. «Io comunque lo considero un anno di studio, per prepararsi bene al 2023».

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Direttore, ci dà un po' di cifre delle ultime settimane?
«Con il ritorno della primavera e con l'allentamento delle misure di contenimento le stime parlano chiaro: una media di 1500-2000 paganti giornalieri, più la prima domenica del mese, ma l'ingresso era gratis, in cui siamo arrivati a 4mila.

Esattamente gli standard del 2019, possiamo davvero dire che il peggio è passato».

Oltre gli ingressi che indicazioni sta ricevendo dalla nuova ondata di turisti?
«Guardiamo la provenienza: oltre gli abituali europei - tedeschi, francesi e inglesi soprattutto - abbiamo arrivi da oltre oceano. E statunitensi a parte, stanno venendo di nuovo persone dall'Argentina e dal Brasile, dall'Australia e dal Giappone. In questo abbiamo un merito, aver realizzato mostre internazionali che ci hanno garantito una buona vetrina, come quelle in svolgimento adesso a New York e a Tokyo».

Napoli è tornata a essere una meta di viaggio.
«Influisce anche un certo carico psicologico. Se a Capodichino non serve più il Green pass non vuol dire che stanno arrivando i non vaccinati, che tra l'altro sono una esigua minoranza. Ma che le persone iniziano a rilassarsi, a non avere più paura. Penso che certe misure potevano essere ridimensionate anche prima, che un museo potesse avere la stessa dignità di frequenza di un centro commerciale, per esempio. A giocare a favore di Napoli c'è stata anche la grande attenzione data dal cinema alla città».

Durante l'ultima, definitiva riapertura lei usò una metafora particolare, quella della tempesta.
«Ho dedotto la similitudine dalla tradizione rurale: dicemmo che mentre la tempesta fuori infuriava noi tenevamo la luce accesa. In pratica, nell'inverno della cultura dovevamo fare provviste per prepararci al ritorno delle persone nel museo, alle grandi mostre, alle attività che lo rendessero un luogo da vivere sempre. I dati di questi giorni ripagano l'attesa».

Cosa proporrà il museo alle migliaia di persone che nei prossimi tempi lo visiteranno?
«Continuano le mostre sui gladiatori, sul terremoto, sui giocattoli nell'antichità e quella sul film di Paolo Sorrentino. A giugno abbiamo una grande esposizione dedicata alla civiltà nuragica che inaugurerà un periodo di gemellaggio con la Sardegna, con proposte enogastronomiche e pomeriggi dedicati all'agricoltura sarda. Ci presentiamo al rilancio del turismo parlando di un'altra grande meta turistica, della cultura mediterranea, di un'isola che non isola, per fare il verso all'altro grande appuntamento che ci vede coinvolti, quello di Procida 2022 in cui organizziamo una speciale mostra sui micenei».

La città è pronta?
«Credo che Napoli sia un gigante e per questo non abbia perso il suo appeal. Attenzione, però: non stiamocene seduti a guardare i tanti turisti che arrivano, ma usiamo quest'anno di ripresa come momento di studio per capire dove migliorare, come infrastrutture e servizi. Le misure per valorizzare l'offerta e contemporaneamente la vivibilità del luogo, di cui usufruiranno soprattutto gli abitanti, vanno prese da settembre, non a ridosso dell'estate 2023. Anche perché la concorrenza esterna è spietata».

Ultimamente insiste molto sul ruolo del grande attrattore, come il Mann, all'interno del quartiere in cui è collocato.
«Per me il museo deve lavorare con gli enti e le realtà a noi prossime, come la Galleria Principe e l'Accademia di Belle arti, l'istituto Colosimo e il teatro Bellini. Da questa estate il nostro giardino sarà aperto ai ragazzi del quartiere che non possono andare in vacanza. Se ogni grande centro culturale fosse il primo motore di una rete attorno, la città vivrebbe meglio e l'accoglienza dei visitatori ne gioverebbe. Penso al San Carlo, a Capodimonte, ognuno un modello per l'area di riferimento. Le varie bellezze che lavorano insieme alla grande bellezza della città».

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