Pompei, olio o Vesuvio: il mistero della trascrizione che cambia la storia

Pompei, olio o Vesuvio: il mistero della trascrizione che cambia la storia
di Carlo Avvisati
Domenica 21 Ottobre 2018, 12:00
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Epigrafe uno. Epigrafe due. Epigrafe tre. Siamo già alla terza trascrizione della scritta trovata sul muro della Casa con Giardino, una delle nuove domus che si stanno scavando su quest'area degli scavi di Pompei detta del «cuneo» e situata accanto alla Via di Nola. Ma non finisce qui. Sicuramente ve ne saranno altre. L'occasione è ghiotta. La faccenda si allarga. E s'ingarbuglia pure molto. Come spesso avviene quando si parla di Pompei.

Sono ben tre, dunque, le trascrizioni in latino, e quindi le relative traduzioni in italiano, della scritta a «carboncino» ritrovata qualche settimana fa. Ma andiamo con ordine. La prima trascrizione, quella effettuata da Antonio Varone, archeologo, egregio epigrafista, profondo conoscitore di Pompei e dei suoi scavi, dove per quasi quarant'anni ha lavorato, anche con l'incarico di direttore, considera «XVI (ante) K (alendas) Nov (embres) in ulsit pro masumis esurit». Ovvero «il diciassette ottobre lui indulse al cibo in modo smodato». La frase, accettata e fatta propria dal direttore del Parco archeologico di Pompei, Massimo Osanna, ha fatto il giro del mondo e dunque è stata letta da altri studiosi di epigrafia stimolando studi e traduzioni. A stretto giro, però, è arrivata un'altra trascrizione. Stavolta a tradurre la scritta è stata una docente di Paleografia latina alla Normale di Pisa, Giulia Ammannati, che dopo averla vista ha proposto, fermo lasciando la data «XVI (ante) K (alendas) Nov (embres)» che i vocaboli successivi fossero integrati e trascritti con «In Olearia Proma Sumserunt» e dunque «hanno preso nella dispensa». La frase per intera diventerebbe questa il 17 ottobre hanno preso nella dispensa». Subito commentata dal direttore Osanna con un «adesso cerchiamo la cella olearia».
 
Bene. Cioè, male. Perché la faccenda è andata avanti: ben presto, difatti, è arrivata ancora un'altra trascrizione. Quella del professor Pier Luigi Tucci, docente nel dipartimento di Storia dell'Arte della Johns Hopkins university di Baltimora, che propone, dopo aver fatto una serie di osservazioni tecniche sulle lettere e altro la sua versione: «XVI (ante) K(alendas) Nov(embres) in ulsit / pro masum Vesuvius». Che tradotta suonerebbe «Il 17 ottobre, il Vesuvio ha tremato al più alto grado...». Beh, con questa, allora, sarebbe tutta un'altra musica. Ovviamente tutti i trascrittori lasciano immutata la data, che peraltro ben si legge sull'intonaco, e integrano e traducono secondo la loro esperienza quanto viene dopo.

Quanto e chi ha ragione? Anche questo è un «giallo». Gli archeologi chiamati a dare un parere sulla questione sottolineano che tocca a epigrafisti e paleografi dirimere la faccenda. Storcendo la bocca sulla notizia che è stata data in pasto all'opinione pubblica senza aver prima fatto (o non averne fatte a sufficienza) le dovute verifiche. Ovviamente, gli specialisti sostengono che la scritta deve essere esaminata da vicino, che non ci si può basare su un'immagine fotografica. Spesso, anzi sempre, sono i particolari minuscoli a fare la differenza: un segnetto, una «coda» di lettera non considerata perché scolorita e quasi invisibile, a indirizzare la trascrizione in un senso o in un altro. Il problema, per gli studiosi, è anche il tempo a disposizione: no avendo protezione alcuna, il graffito si potrebbe degradare.

Emblematico il caso di Don Matteo Della Corte, «inventore» dell'epigrafia pompeiana, che spesso citava come il professor Alfonso De Franciscis, insigne archeologo, raccontasse che al mattino su un'iscrizione leggeva una cosa e ripassando di sera sullo stesso luogo, sullo stesso graffito, leggeva tutt'altro.

Quello che è certo, però, del graffito è che la data: il «17 ottobre» non cambia per nessuno dei tre specialisti che l'hanno interpretato. E sposta, per i calcoli fatti dagli esperti, la data dell'eruzione al 24 ottobre. E, ancora più certo è che arriveranno a Pompei altri epigrafisti che proveranno a tradurre secondo le proprie esperienze e conoscenze. Nei prossimi giorni, difatti, corre voce che dovrebbero arrivare gli epigrafisti della Sorbona, l'università parigina da sempre interessata a Pompei. Cosa leggeranno? Basterà aspettare qualche giorno. E poi Pompei aprirà di nuovo il suo scrigno di segreti.
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