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I primi anni del Napoli, che emozione nei documenti dell'Archivio di Stato

Quando i marinai si trasformarono in ultrà

di Francesco De Luca
Articolo riservato agli abbonati
Martedì 31 Gennaio 2023, 08:54 - Ultimo agg. : 1 Febbraio, 07:15
5 Minuti di Lettura

Alle spalle di questo magnifico Napoli, e di quello fantastico che raggiunse con Maradona le vette d'Europa, c'è una storia intensa. Si riscopre nei faldoni dell'Archivio di Stato, diretto da Candida Carrino. Proprio di fronte, in piazza del Grande Archivio, c'è la chiesa Stella Maris dove campeggia ancora lo striscione di una recente mostra dei cimeli di Diego. In questi faldoni vi sono le tracce dei primi passi del calcio a Napoli, un percorso quasi centenario. Dagli inizi degli anni Venti alla fine degli anni Cinquanta, dalla costruzione dello Stadio Partenopeo ai progetti per l'area dello Sport a Fuorigrotta, dove sarebbe sorto il San Paolo nel 1959.

Presidente dell'Associazione Calcio Napoli, fondata il 1° agosto 1926. E primo proprietario di un club che costruì uno stadio per la propria squadra, anche se il destino impedì a Giorgio Ascarelli di godersi la sua creatura perché morì a 35 anni. Nell'Archivio di Stato vi sono le foto della costruzione dell'impianto nel Rione Luzzatti destinato ad accogliere ventimila spettatori e le carte di un grande progetto non da tutti accolto con favore. Anzitutto, dalla Duchessa di Miranda che protestò con le autorità fasciste perché «senza alcun avviso è stata occupata al Pascone una vasta area del fondo di proprietà della madre Marchesa Maria de' Medici». Perentorio l'invito, con lettera inviata il 14 ottobre 1929 (Anno Settimo del fascismo), a interrompere i lavori «e a fare quanto occorre perché l'Associazione si metta sulla via della legalità». Per Ascarelli erano anni difficili perché i suoi spostamenti, in Italia e all'estero, erano monitorati dalla Polizia politica. E la Duchessa di Miranda, ovviamente, non c'entrava nulla. C'entrava, invece, la passione socialista del presidente del Napoli, come si evince dai rapporti di funzionari e sottufficiali. Finché non venne appurato - proprio a pochi mesi dalla fondazione dell'Ac Napoli - che quel giovane imprenditore, precedentemente definito «sovversivo», «non si occupa affatto di politica».

All'epoca non c'era un Osservatorio a Roma che studiava le trasferte dei tifosi, ma da parte del ministero dell'Interno puntuale era l'attenzione sulle gare del Napoli. Spunta ad esempio il carteggio del febbraio 1931 tra la Direzione generale e la Prefettura di Napoli sull'ipotesi che «i napoletani si vendicherebbero contro i romani» per gli insulti ricevuti nella partita a Roma. Si sarebbero registrati «lievissimi incidenti» in quella gara all'Ascarelli a cui intervennero 30mila spettatori. A distanza di pochi anni (ottobre 1940), durante una partita con la Juve, scoppiarono incidenti perché - si legge nel fonogramma - cento esagitati invasero il campo per tentare di aggredire l'arbitro che aveva concesso un rigore ai bianconeri. L'aspetto davvero curioso è che la maggior parte di questi precursori degli ultrà erano marinai. Che vennero fermati dalla polizia e consegnati alle ronde militari su ordine di un ammiraglio che assisteva alla partita. In quello stesso anno il prefetto Benigni mise al corrente il ministero dell'Interno di un «increscioso incidente» ai danni del giornalista Carlo di Nanni: l'allenatore degli azzurri, Adolfo Baloncieri, non aveva gradito un suo articolo sul Guerin Sportivo ed evidentemente non volarono solo parole grosse negli spogliatoi.

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O comandante - di cui è conservato un biglietto da visita: titolo Armatore, indirizzo via dei Mille 40, numero telefonico a 5 cifre - fu presidente del Napoli in due differenti periodi: dal 1936 al 1940 e dal 1952 al 1954. Nel primo creò le basi per una solida società, lanciando anche il giornale Forza Napoli, «numero unico di propaganda dell'Ac Napoli». Lauro chiese al podestà di ricevere parte degli introiti per la pubblicità allo stadio Partenopeo affinché vi fossero ulteriori risorse, come si legge nella relazione all'assemblea dei soci al termine della stagione 1937-1938, per consentire alla squadra di essere «degna di una grande città e della grande passione della folla napoletana». E il Comandante precisava l'entità di un suo ulteriore contributo, pari a 200mila lire. In una lettera inviata un anno dopo, il 3 aprile 1939, al prefetto Marziali, poi, auspicava che non vi fossero più riunioni all'ippodromo di Agnano in contemporanea con le partite del Napoli perché, nonostante la riduzione dei prezzi e la bella giornata, in occasione della gara col Torino l'incasso lordo era stato di sole 39mila lire. E questo anche perché Lauro avrebbe dovuto garantire al nuovo allenatore (Baloncieri) «uno stipendio di molto superiore a quello della persona che sostituisce».

Le carte dell'Archivio di Stato fanno emergere alla fine della seconda guerra mondiale un'intensa opera dei dirigenti - vi erano nove squadre cittadine nel 1944 - affinché proseguisse a Napoli l'attività calcistica. Il questore Lauricella riferì di una riunione che si era tenuta al Bar Pippone, di proprietà dell'ex calciatore azzurro Innocenti, con una richiesta avanzata al Comando Alleato per la concessione «di un campo sportivo destinato alla disputa di partite di calcio». Un supporto che sarebbe stato offerto: l'attività proseguì nello Stadio della Liberazione, l'attuale Collana, prima che decollasse il progetto per creare la Città Sportiva a Fuorigrotta. Là dove sarebbe sorto il San Paolo. Se ne iniziò a parlare, secondo i ritagli dei giornali conservati nelle cartelle dell'Archivio di Stato, già alla fine degli anni 40, perché vi erano i fondi della ricostruzione post bellica da poter utilizzare. Un piano studiato in un'area di 60mila metri quadrati, con iniziale investimento di 800 milioni di lire, e la possibilità di ospitare fino a 100mila spettatori.

Spiegò in un'intervista l'assessore De Gennaro: «Con il sindaco Moscati abbiamo dovuto lottare non poco per ottenere il buon diritto di Napoli che a seguito degli eventi bellici ha avuto distrutta la sua attrezzatura sportiva». Vi fu l'impegno del giovane sottosegretario Giulio Andreotti. Per lo stadio quattro i progetti, fu scelto quello dell'architetto Carlo Cocchia e la posa della prima pietra avvenne nel 1952, alla presenza del presidente del Consiglio Alcide De Gasperi, con Lauro che intervenne nel doppio ruolo di sindaco di Napoli e presidente del Napoli. Sette anni dopo la prima partita, vinta contro la Juventus. E la magica storia continua.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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