Quel canto venuto dal passato, il romanzo della Nuova Compagnia di Canto Popolare

Quel canto venuto dal passato, il romanzo della Nuova Compagnia di Canto Popolare
di Vittorio Del Tufo
Lunedì 9 Aprile 2018, 20:56 - Ultimo agg. 21:18
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«Madonna tu mi fai lo scorrucciato,
che t'aggio fatto che ngrifi la cera...
anema mia, chesta n'è via
de contentar st'affannato core»

(Madonna tu mi fai lo scorrucciato, Nuova Compagnia di Canto Popolare).

* * *

Alla fine degli anni 60 i suoni provenienti da Napoli non si erano ancora imposti all'attenzione del Paese. Nel 1966 James Senese e Mario Musella - figlio di un militare afroamericano il primo, di un soldato pellerossa il secondo - avevano fondato gli Showmen, mentre un giovanissimo Edoardo Bennato iniziava a muovere i primi passi nel labirinto del rock e delle etichette discografiche. Cominciava a germogliare il seme di quello che verrà ricordato come Neapolitan Power. La città era attraversata dai primi fermenti studenteschi; la disoccupazione aumentava, numerose fabbriche chiudevano.

In quegli anni i paesini dell'entroterra erano ancora un pianeta ancestrale e oscuro. L'etnologo Ernesto De Martino aveva pubblicato, a cavallo tra il 1959 e il 1961, due testi destinati a diventare classici: Sud e magia e La terra del rimorso. «Il folklore non è soltanto tradizione... Si tratta di canti che esprimono ora semplice protesta ora aperta ribellione alla condizione subalterna a cui il popolo è condannato». Alla fine degli anni 60 i tempi erano maturi perché qualcuno indagasse, anche attraverso la ricerca etnomusicologica, l'anima più autentica (e pre-industriale) della capitale del Sud e del suo entroterra, il suo cuore «magico» che ancora batteva in un crogiuolo di pratiche rituali, cristianesimo paganeggiante, linguaggi primigeni e superstizioni arcaiche.

Nel 1967 l'incontro tra il trentacinquenne Roberto De Simone (studioso, compositore di formazione classica, grande esperto di tradizione «magica» napoletana) con un gruppo di giovani appassionati di musica e tradizioni popolari, Eugenio Bennato, Carlo d'Angiò e Giovanni Mauriello, portò alla nascita della Nuova Compagnia di Canto Popolare, della quale De Simone divenne l'animatore, il ricercatore e l'elaboratore dei materiali musicali. A quella primissima formazione si aggiunsero, in un secondo momento, Patrizia Schettino, Peppe Barra, Patrizio Trampetti, Nunzio Areni e in seguito Fausta Vetere che sostituì la Schettino. L'Uovo di Virgilio ha chiesto ad alcuni protagonisti della NCCP di ricordare e descrivere i luoghi nei quali si consumò quella straordinaria esperienza.

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«Io e Carlo d'Angiò - racconta Eugenio Bennato - eravamo nati a Bagnoli, eravamo due figli dell'Italsider. Quando fondammo la NCCP studiavamo all'Università, io al primo anno di fisica, lui al terzo di ingegneria. Vuoi sapere dove tutto ebbe inizio? Alla stazione di piazza Amedeo della metropolitana. Io e Roberto De Simone ci incontrammo per caso...».

«Roberto mi riconobbe subito, e me ne meravigliai: ci eravamo conosciuti dieci anni prima, quando ero bambino e partecipavo alla Tv dei ragazzi. Volle sapere cosa stessi facendo, era incuriosito. In quel periodo, con Carlo d'Angiò, avevamo un ensemble di sole chitarre classiche, composto da me, Carlo, Giovanni Mauriello, Lucia Bruno, Claudio Mondelli e Mario Malavenda; il nostro repertorio spaziava dal gospel ai brani spiritual. Roberto mi disse: Euge', perché non mi venite a trovare? Vi aspetto domani a casa...».

A quei tempi Roberto De Simone abitava in via Cavalleggeri, accanto al ponte della Cumana. E coinvolse subito i «ragazzi» in un progetto che coltivava da tempo. Un progetto ambizioso, che si discostava tanto dai canti di carattere politico (sul modello di Ci ragiono e canto, lo spettacolo di canti popolari diretto da Dario Fo e allestito dal collettivo teatrale Nuova Scena nel 1966) quanto dalla cosiddetta «teoria del ricalco», ovvero la riproduzione filologica - il ricalco appunto - di registrazioni originali e antichi documenti orali. «Io - racconta De Simone - avevo preso una strada diversa. Che consisteva nel riadattare i documenti storici della tradizione scritta, ad esempio le villanelle del 500, con le nuove vocalità di tipo popolare. Il mondo popolare non si può né emulare né imitare, perché diventa ipocrisia borghese. Venni considerato uno specie di eretico dai benpensanti. Soprattutto dai benpensanti della sinistra, che mi accusavano di essere un musicista da salotto».

Vocalità, dunque, è la parola chiave. Nella casa di via Cavalleggeri De Simone resta folgorato soprattutto dalla voce («Assolutamente straordinaria») di Carlo d'Angiò, al quale affida subito l'esecuzione di un canto medievale che inneggia al ritorno della bella stagione: Tempus transit gelidum, dai Carmina Burana.

Ma sentiamo ancora Eugenio Bennato. «Il giorno dopo quell'incontro fortuito a piazza Amedeo io e Carlo ci recammo a casa di De Simone, in via Cavalleggeri. Da quel giorno cominciammo a frequentarla tutte le sere. E le notti, fino all'alba. Vi fu un lungo periodo di studio: su Napoli, sulle tradizioni popolari, sulle villanelle del 500... Lì incontravamo Antonio Sinagra, Leopoldo Mastelloni, Peppe Barra. Così nacque il gruppo, a casa di Roberto. Io portai Giovanni Mauriello, che conoscevo da ragazzino. Dopo un po' si aggregò Peppe Barra, poi Trampetti. Fummo io e Carlo a scegliere il nome: Nuova Compagna di Canto Popolare. Ricordo il momento esatto in cui prese forma quel nome: durante una passeggiata in viale Campi Flegrei, a Bagnoli. Roberto De Simone, in realtà, aveva un'altra idea: gruppo Velardiniello. Gli dicemmo: Robe', con questo nome non andiamo da nessuna parte!».

È vero, Maestro, che avrebbe preferito un altro nome per la Nuova Compagnia? «Ero disponibile a qualunque nome. Purché contenesse al suo interno la parola popolare. Sì, devo dire che i ragazzi imbroccarono la strada giusta».


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Dallo studio (e dall'incrocio) di documenti scritti e fonti orali la prima NCCP trae il proprio repertorio; nella casa del Maestro l'ensemble comincia a provare, di giorno e di notte. Nel luglio 69 il debutto, al teatro Esse di via Martucci diretto da Gennaro Vitiello. Uno spazio piccolo, quasi uno scantinato. Ma dalla storia importante, avendo accolto nel corso degli anni artisti e intellettuali provenienti da ambiti diversi. Da Lucio Allocca a Mauro Carosi, da Leopoldo Mastelloni a Liliana Monaco, da Peppe Barra a Enzo Salomone, da Adriana Cipriani a Giulio Baffi. Sul palco di via Martucci, in quel luglio del 69, con Bennato, d'Angiò, Barra, Trampetti e Mauriello, anche uno scricciolo di cantante, la giovanissima Patrizia Schettino, appena 11 anni e una meravigliosa voce da contralto. De Simone resta dietro le quinte, ogni tanto irrompe in scena con la tammorra. Il pubblico capisce che sta succedendo qualcosa. Sta nascendo qualcosa di importante.

La casa di via Cavalleggeri, come il «forno» degli antichi alchimisti, forgia uno straordinario gruppo di talenti. Il loro non è solo folk revival, è qualcosa di più grande e complesso. È ricerca sul campo, innanzitutto, finalizzata al recupero della cultura e della tradizione popolare. Registratore alla mano, De Simone e gli altri elementi storici della sua formazione, assieme ai due grandi studiosi Diego Carpitella e Annabella Rossi, si recano nei paesini dell'entroterra campano a effettuare interviste, indagare sulle tradizioni, raccogliere tracce e suoni. Poi confrontano il materiale raccolto con i documenti scritti: materiale di biblioteca, fonti ufficiali, villanesche cinquecentesche sottratte alla polvere degli archivi, laudi e strambotti.

Di giorno le prove, di sera le tavolate in pizzeria. A Bagnoli, a Cavalleggeri, alla Torretta. Più spesso a Fuorigrotta, dove abitavano Peppe Barra e la madre Concetta. Attorno al tavolo anche Giulio Baffi, conosciuto al teatro Esse. Diventerà l'organizzatore del gruppo. E una ragazza allegra, sorridente, che (assieme a Baffi) farà da manager-organizzatrice tuttofare. È la fidanzata di Eugenio Bennato e si chiama Rosanna Purchia: molti anni più tardi diventerà la sovrintendente del teatro San Carlo, dopo una lunga esperienza al Piccolo Teatro di Milano affianco alla mitica Nina Vinchi. A tavola si parla di tutto, fino a notte fonda. Si parla di musica, di cinema, di arte, di teatro. Spesso si aggregano Concetta Barra, con Isa Danieli, Angelica Ippolito, Lina Sastri, Bruno Garofalo, Luca De Filippo, e un giovane cronista della Rai, Luigi Necco. I tempi sono maturi per il primo disco.

(1/continua)
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