Ramadan, incubo contagio e arriva lo stop degli imam: «No a moschee fai da te»

Ramadan, incubo contagio e arriva lo stop degli imam: «No a moschee fai da te»
di Valentino Di Giacomo
Venerdì 24 Aprile 2020, 08:00
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Un Ramadan blindato. Prende il via oggi il mese sacro del digiuno per i musulmani di tutto il mondo. Un appuntamento che avviene nel pieno dell'emergenza coronavirus. A causa del lockdown, in quasi tutti i Paesi musulmani, la tradizionale preghiera collettiva dell'inizio del digiuno non si celebrerà nelle moschee come da tradizione, ma nel chiuso delle mura domestiche. Anche a Napoli gli imam dei principali centri islamici della città stanno da giorni facendo appelli ai fedeli di pregare in casa e di non riunirsi. Forti i timori che - pur di rispettare uno dei Cinque Pilastri dell'Islam - possano crearsi folle e assembramenti per recitare insieme i salat, le cinque preghiere giornaliere. Si stima siano circa 50mila i fedeli musulmani in provincia di Napoli.

Dall'inizio dell'emergenza e con l'avvio del lockdown, anche le moschee hanno dovuto adeguarsi, esattamente come le chiese, a non celebrare riti in pubblico. Ma lo scorso 15 marzo, in uno dei centri islamici più frequentati, come quello di corso Arnaldo Lucci, i cittadini del posto furono costretti a chiedere l'intervento delle forze dell'ordine. I residenti denunciarono che nella piccola moschea erano assembrati oltre 50 fedeli, incuranti del rispetto del distanziamento sociale. «Siamo tutti costretti a rispettare le regole - inveì uno degli abitanti - e dovete farlo anche voi». Sul posto intervenne una pattuglia della polizia municipale, ma quando ormai quasi tutti i fedeli erano andati via. Anche per questo motivo le forze dell'ordine hanno avviato un monitoraggio dedicato dei luoghi di culto. A preoccupare non sono però le moschee più conosciute che, anche grazie agli imam, stanno rispettando e cercando di far osservare le regole di salute pubblica, ma si teme che le aggregazioni possano avvenire in garage, cantine e piccoli appartamenti: quelle che in gergo sono definite moschee fai-da-te, già nel passato finite nel mirino ai tempi dell'allerta terrorismo di matrice islamica. Da un lato c'è il pericolo che i luoghi di preghiera, a prescindere dal culto, possano rappresentare nuovi focolai per il Covid-19, dall'altro che possano generarsi forme di ostilità sociale in alcuni quartieri della città, soprattutto del centro storico, da parte dei cittadini verso le comunità islamiche. Non per razzismo, visto che Napoli è tra le città più tolleranti, ma per la paura generata dal coronavirus.
 

 

«Pregate a casa», è stato l'appello degli imam anche attraverso i social network, un messaggio diffuso in italiano e in lingua araba. «Preghiamo l'Al-Tarawih - è l'appello - nelle nostre abitazioni». L'Al-Tarawih è la preghiera straordinaria, recitata dai musulmani da un'ora e mezzo dopo il tramonto a poco prima dell'alba, nel corso del mese di Ramadan. Dopo la preghiera, generalmente, si svolge l'iftar, il pasto serale che interrompe il digiuno quotidiano durante il mese islamico del Ramadan. La tradizione vuole che siano mangiati dei datteri, in ricordo della maniera in cui il profeta Maometto spezzò il digiuno, un pasto consumato in una sorta di festa. L'invito è a non festeggiare insieme e rispettare le regole sul distanziamento sociale. «L'attuale situazione in Italia - ha spiegato l'imam Amar Abdallah della moschea di corso Lucci - ci impone di restare a casa ed osserveremo le regole. Durante questo periodo siamo abituati a frequentare le moschee e a svolgere l'iftar insieme, ma quest'anno non sarà così e obbediremo alla legge». Un migliaio, solitamente, i fedeli che si radunavano nella moschea in questi giorni sacri.

Intanto i fedeli - come spesso accade - stanno cercando di adeguarsi per pregare anche fuori dai luoghi di culto.
Ai Quartieri Spagnoli, ad esempio, il titolare pakistano di un market, Abdul Qayyum, prega direttamente all'interno del proprio negozio e assicura che la maggior parte della comunità farà altrettanto anche per le preghiere serali. Più complessi i controlli in provincia dove vivono molte comunità di origine straniera, a larga maggioranza musulmana. Una miriade le moschee fai-da-te e i centri di preghiera che sorgono in cantine e garage. 

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