Aspettando la Procura: «Pronti a riaprire la Biblioteca dei Girolamini»

Aspettando la Procura: «Pronti a riaprire la Biblioteca dei Girolamini»
di Pietro Treccagnoli
Martedì 23 Gennaio 2018, 08:43 - Ultimo agg. 10:58
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Il futuro dei Girolamini e della loro Biblioteca ha un cuore antico, antico e prezioso, prezioso e unico, grazie a un patrimonio di manoscritti, oltre 500, che raccontano la storia della cultura napoletana, italiana e mondiale come un palinsesto di arte bibliografica e che, nonostante le ferite, passate e recenti, ha saputo conservare intatto il proprio fascino. Alla Biblioteca, che ospitò le fruttuose giornate di studio di Giambattista Vico e di tanti altri maestri e eruditi dei secoli scorsi, si sta tenendo da novembre un corso della Scuola di alta formazione dedicato alla «Storia e filologia del manoscritto e del libro antico». Venti studenti, diretti da Andrea Mazzucchi, docente di Filologia della Federico II, lavoreranno per due anni (grazie a un accordo dell'ateneo napoletano con il Mibac) alla catalogazione digitale analitica dei codici antichi. È materiale di inestimabile valore come, ad esempio, un manoscritto della Commedia di Dante risalente a metà del Trecento, quando a Napoli regnava Giovanna I d'Angiò, arricchito da 46 miniature o la Teseide del Boccaccio o le Tragedie di Seneca con una ottantina di miniature arricchite da lamine d'oro e blu di lapislazzuli, realizzate dal cosiddetto Maestro del Seneca dei Girolamini, oltre a tantissimi testi del Quattrocento umanistico. Roba che solo a sfiorarle con lo sguardo rischiano di far precipitare nella più contagiosa sindrome di Stendhal.

L'obiettivo è quello di mettere online il catalogo dei codici, in modo analitico, ovvero raccontandoli. Perché, ad esempio, proprio il manoscritto della Commedia è di per sé un testo che consente più livelli di lettura. Al di là dei canti dell'Alighieri e delle preziose miniature, sono notevoli i commenti a margine che spesso risalgono proprio al Tre-Quattrocento. «Sono testimonianze di alto valore filologico» spiega Mazzucchi. «In alcuni casi abbiamo rintracciato dei termini della lingua napoletana che si ritenevano usati a partire dal Seicento, invece sono più antichi di diversi secoli».
 
Ma non è solo un progetto per addetti ai lavori. «I Girolamini devono diventare un luogo vivo» spiegano l'ex direttore Raffaele de Magistris e Vito De Nicola, il neo direttore del Complesso Monumentale che unifica chiesa, pinacoteca e biblioteca in un'unica gestione. «L'obiettivo è realizzare un luogo aperto anche al pubblico». Insomma, non solo tutela e conservazione, ma valorizzazione con il ritorno alla funzione naturale di un luogo dove vivono ben 185mila volumi. Va ripristinata persino la memoria dei Girolamini che, spiegano direttori e docente, non dovrà più essere quella del luogo del saccheggio, ma quella dove i libri dialogano con il presente.

È possibile riaprire la Biblioteca di via Duomo, senza museificarla, ma proteggendola? De Magistris è netto: «La Biblioteca è ancora sotto sequestro giudiziario, ma grazie al lavoro che è stato portato avanti e praticamente concluso in questi anni, non corre rischi maggiori di qualsiasi altra biblioteca storica al mondo». E quindi? «Se ci fosse il via libera potremmo riaprirla in tempi brevissimi, forse in poche settimane. La normalità è stata avviata». Purtroppo, forse è più facile che l'ex-direttore Massimo De Caro (condannato per peculato nel 2015 in via definitiva a sette anni) finisca di scontare la pena che vedere nuovamente studiosi e semplici visitatori tra gli scaffali di una delle più importanti e spettacolari biblioteche del mondo.

Girolamini Porte Aperte avrebbe un forte valore simbolico. Soprattutto se inseriti nel contesto più ampio del complesso monumentale che vanta una delle chiese barocche più imponenti di Napoli (attualmente la facciata che dà su via dei Tribunali è completamente coperta dalle impalcature dell'ennesimo restauro: è praticamente chiusa, quasi ininterrottamente, già da prima del terremoto del 1980). E con la chiesa i due chiostri, le cappelle e la pinacoteca che ha in dotazione un cospicuo gruppo di opere seicentesche, tra le quali prevalgono le opere di corrente naturalista (Battistello, Ribera, Stomer) e alcune opere di ambito classicistico e barocco napoletano che emiliano (Stanzione, Giordano, Gessi, Reni). In questo contesto la Biblioteca, con le sue quattro storiche sale (la Vico, la Croce, la Ferrara e quella del Camino), non è accessoria, ma sicuramente una delle perle più brillanti che non può essere più custodita tra le valve di un'ostrica.
 
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