San Domenico Maggiore, note per Roberto De Simone: «Un tributo alle opere del maestro»

La serata si chiude in gloria Con un classico di stagione: «Quanno nascette ninno»

L'orchestra a San Domenico Maggiore
L'orchestra a San Domenico Maggiore
di Stefano Valanzuolo
Lunedì 2 Gennaio 2023, 08:00 - Ultimo agg. 3 Gennaio, 07:21
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La prima osservazione a margine del concerto che ieri ha aperto questo 2023 in cui Roberto De Simone compirà novant'anni, tutti vissuti in maniera proficua e coraggiosa, riguarda il rapporto che lega la città al maestro, testimoniata una volta di più dalla partecipazione massiccia di pubblico nella grande basilica di San Domenico Maggiore e dal consenso affettuoso tributato alla sua opera. Tanta devota gratitudine non è quasi mai stata ravvivata da canali istituzionali e, forse, proprio per questo resiste e prospera, estranea all'accademismo degli omaggi di facciata, per lo più estemporanei.

La seconda osservazione tocca la musica, si capisce, e l'attitudine felice che ha De Simone di approfondire un argomento in modo progressivo, senza considerarlo mai assodato, sulla scorta di una sana curiosità intellettuale. Intorno al mottetto «Quem vidistis pastores?», nella versione musicale attribuita a Carmine Giordano del 1737, De Simone lavora da tempo con la consapevolezza di chi conosca storia, genesi e tradizione della pagina.

Il corposo intervento operato sui recitativi del brano, tra esiti arditi e tutti credibili, finisce col rimarcare la natura ibrida di un mottetto in latino, scritto per la comunità domenicana e rivolto al re borbone ma fruibile, allora come oggi, da un pubblico capace di cogliere, dietro sembianze persino teatrali, l'essenza dell'atto devozionale.

La revisione operata da De Simone per la sua versione 2023 tocca anche, e soprattutto, la fase di orchestrazione, arricchita nei margini di un clima sonoro che resta equilibrato oltre il fasto esteriore. La fruibilità del brano risulta ampia e suadente, come si volle all'epoca, e in questo senso - nell'accostamento, cioè, di elementi assai distanti per estrazione e uso, zampognari inclusi - segue un intento filologico. Che il mottetto sia attribuibile a una personalità musicale più brillante di quella del Giordano resta questione da musicologi; di certo, il tono di fascinazione sotteso al racconto e qui reso percepibile rivela l'intelligenza di un compositore smaliziato e colto.

Nell'acustica non semplice di San Domenico Maggiore, il pensiero di Roberto De Simone viene tradotto da interpreti volenterosi e affidabili, a cominciare da Alessandro De Simone, sul podio dell'orchestra La Nuova Polifonia che, con l'Ensemble Vocale di Napoli (sapientemente istruito da Antonio Spagnolo) riempie gli spazi di sonorità pertinenti.

 

Cast vocale importante, con solisti appropriati per qualità dei colori, cura della frase e senso della misura: sono Maria Grazia Schiavo, Annarita Gemmabella e Filippo Morace, con Stefano Sorrentino. Al successo contribuiscono Francesco Scelzo, alla chitarra, e Sergio Orabona, organista. Con un classico di stagione - «Quanno nascette ninno» - si chiude in gloria la serata, curata da Elsa Evangelista, introdotta dal breve saluto del sindaco Manfredi e arricchita da varie musiche natalizie e «borboniche» (Scarlatti, Ximénez, de Nebra). 

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