Rossa e «petalosa»: la rosa dei romani è tornata a Pompei

Rossa e «petalosa»: la rosa dei romani è tornata a Pompei
di Carlo Avvisati
Mercoledì 6 Giugno 2018, 09:35
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LA RICERCA. Profumata, rifiorente, a fiore doppio, rossa e ricca di ben trentasei petali. Queste le caratteristiche della «rosa antica» di Pompei, nata da uno studioselezione messo in campo dal Parco archeologico di Pompei e dal Dipartimento di Agraria dell'Università Federico II, con il sostegno dell'Associazione «La rosa antica di Pompei» di cui è presidente Michele Fiorenza. Un fiore che, secondo gli scienziati che hanno lavorato al progetto, dovrebbe avere caratteristiche di colore e «petalosità» del tutto simili a quello raffigurato nelle pitture che impreziosiscono la pareti delle domus pompeiane più belle. Per la fragranza, invece, ci sarà solo da affidarsi agli scritti di Plinio il Vecchio, che raccontano di un fiore dal profumo intenso e avvolgente. Ma c'è di più. Gli scienziati dell'Agraria di Portici andranno anche a caccia del Dna della «Rosa antica» per confrontarlo con quello che hanno ottenuto dalla selezione. E lo faranno andando a riprendersi in Inghilterra l'unico reperto che ancora potrebbe conservare intatto il prezioso genoma dell'antica rosa pompeiana. Il rametto, il solo rinvenuto non carbonizzato, era conservato nel Laboratorio di ricerche del Parco di Pompei e venne prestato, anni fa, a una studiosa di botanica inglese che lo richiese per i suoi studi, non restituendolo più.
 
Dunque gli studiosi dell'Agraria di Portici si recheranno a Londra per prelevare il reperto e riportarlo a Pompei, dove poi sarà fatta l'estrazione di una quantità infinitesima di materiale da analizzare nei laboratori.
Quei geni saranno confrontati con quelli della rosa che lo studio triennale sui fiori antichi è riuscita a riprodurre. E, sarà appunto questa ricerca, i suoi sviluppi, le tecniche utilizzate per giungere alla rosa pompeiana «moderna», ma antica per caratteristiche di base, che sarà presentata oggi, alle 17, a Villa Silvana, a Boscoreale dal direttore generale del Parco Archeologico di Pompei, Massimo Osanna, il direttore del Dipartimento di Agraria, Matteo Lorito, Luigi Frusciante docente di Genetica Agraria, e Gaetano Di Pasquale, ricercatore di Botanica Applicata all'archeologia, entrambi autori della ricerca. Sostenuta dall'Associazione «La rosa antica di Pompei», che ha sede proprio a Villa Silvana, la ricerca è fondata su indagini di archeobotanica su specie antiche coltivate nell'area pompeiana, oltre che su un'accurata analisi genica e di comparazione tra le varietà e le specie di rose rinvenute e conservate presso gli Orti botanici, i cimiteri monumentali campani e negli erbari antichi italiani.
I risultati ottenuti, come sottolineò Osanna nel corso della presentazione di un saggio inerente queste ricerche, hanno indicato che a Pompei non si ha a che fare con una specifica rosa ma con un gruppo di piante che comprende sia specie spontanee sia varietà o ibridi. Tra questi ultimi, secondo i ricercatori, la «rosa rossa a fiore doppio» appare essere quella più raffigurata nelle rappresentazioni o nei richiami degli autori classici. Un importantissimo ritrovamento di reperti di rosacee è quello fatto in località «Bagni» di Scafati, dove gli scavi hanno messo in luce una gran quantità di resti botanici tra cui due semi di rosa. Resti di rosa sono poi stati ritrovati nella casa dei Casti Amanti, a Pompei, e hanno suggerito la presenza di piante di rose nelle aiuole del viridario di quella domus.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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