Teatro San Carlo, il bilancio in parità della Purchia: «Ma resta il nodo delle risorse»

Teatro San Carlo, il bilancio in parità della Purchia: «Ma resta il nodo delle risorse»
di Maria Pirro
Martedì 30 Aprile 2019, 12:00 - Ultimo agg. 13:31
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Il sindaco va via per primo dal teatro, il consiglio di indirizzo del San Carlo ha appena approvato all'unanimità il bilancio consuntivo 2018. Conti in pareggio, per l'undicesimo anno consecutivo. Anzi, con un avanzo di esercizio di 351 mila euro: fondi che vanno a coprire le perdite pregresse. «È un risultato importante, di cui andiamo orgogliosi, quasi unico sul piano nazionale in tempi di crisi. Abbiamo attraversato momenti bui, ma non ci siamo mai avviliti: abbiamo cercato una soluzione per garantire un futuro al teatro e, alla fine, abbiamo avuto ragione», dice la soprintendente Rosanna Purchia.

La crisi, però, rimane sullo sfondo.
«Restano i problemi storici che anche una gestione virtuosa non può risolvere. Ma le istituzioni, la società civile, gli imprenditori credono in noi. Come dimostra appunto il bilancio appena approvato: da oltre due anni, la fondazione non fa più ricorso al credito bancario per fronteggiare i ritardi nell'erogazione dei contributi da parte dei soci. Ciò significa, come spiegato nel corso della riunione dal direttore amministrativo Francesco Apicella, evitare di anticipare cifre che, in alcuni anni, hanno anche toccato i 15-16 milioni, pagando gli interessi per fronteggiare le necessità della gestione, a cominciare dagli stipendi dei lavoratori».

Il bilancio vale 40 milioni. Come è stato possibile azzerare i prestiti?
«Innanzitutto grazie un incremento degli incassi in biglietteria che garantisce una maggiore liquidità. Con ricavi per 6,6 milioni, nel 2018, anziché i 5,8 del 2017. E poi, c'è un altro dato positivo ottenuto con un lavoro da piccoli artigiani».

Quale?
«C'è una crescita del patrimonio netto: tra il 2007 e il 2018 è passato da meno 2,99 a più 16,822 milioni, e questo ha qualcosa di miracoloso. Come miracoloso è il risultato di poter avere di nuovo sul podio i maestri Riccardo Muti e Subin Mehta».
 
Per raggiungere questo traguardo, è stato decisivo anche il contributo della Camera di Commercio, ma il presidente Ciro Fiola ha annunciato l'azzeramento dei finanziamenti, dopo gli appuntamenti mancati.
«Sono pronta a chiedere scusa pubblicamente e privatamente, se può servire al teatro: penso di non aver offeso nessuno, se è accaduto l'ho fatto inavvertitamente. Per questo, non dispero che sia possibile trovare ancora una soluzione ed evitare di intervenire sulla programmazione degli spettacoli. Come amministratore, non posso né restare inerte né tagliare il personale, che ha un grande valore artistico, politico, sociale gestionale: negli ultimi anni è stata una gioia poter assumere altri 60 dipendenti, nonostante il blocco del turn-over e le difficoltà economiche».

Con il decreto dignità, che prevede precisi paletti nei contratti a termine, quanti artisti precari rischiano invece di non poter più lavorare con il San Carlo?
«Nel bacino, ce ne sono 80-90 che non chiamerei precari, ma artisti aggiunti nell'orchestra, nel coro e nel corpo di ballo a seconda dei programmi e, in genere, lavorano per due o tre opere in cartellone. Si capisce che è impossibile assumerli tutti per impiegarli per un tempo tanto limitato, a meno che qualcuno non stanzi le risorse necessarie per la stabilizzazione da garantire a vita. Non chiamare più questi professionisti significa svilire anche la programmazione, rinunciando a opere più impegnative, o coinvolgendo nuovi operatori che però non hanno la stessa consuetudine e quindi sintonia con il San Carlo».

Soluzioni in vista?
«Da nove mesi stiamo battagliando per ottenere un intervento legislativo. E, considerata la sensibilità manifestata dal ministro dei Beni culturali, speriamo di non dover applicare il decreto dignità con tutte le conseguenze del caso».

In mattinata il governatore Vincenzo de Luca ha ribadito che c'è «una anomalia che va corretta: la Regione Campania stanza per il teatro una cifra che è il triplo di quanto non stanzi la Lombardia per la Scala. Uno sforzo finanziario enorme, che non credo sia fisiologico e normale reggere in eterno», ha aggiunto, stigmatizzando la differenza con i fondi garantiti dal Comune: 600mila euro contro 12 milioni. Ritiene anche lei che vada riequilibrato l'impegno finanziario?
«Al di là della dialettica tra Comune e Regione, è giusto che le risorse vadano riequilibrate tra i soci. Cito Riccardo Muti: le istituzioni nei momenti di difficoltà devono avere il coraggio di scegliere un faro e farlo brillare. Questo fa parte degli oneri e degli onori della politica, nel senso più nobile».

E i privati? Dopo l'appello di De Luca, c'è stato un contatto diretto con Confindustria?
«I finanziamenti privati ammontano a 951 mila euro, ma qualcosa si muove, in senso positivo: le adesioni al progetto Concerti d'impresa sono passate da 8 a 12, e spero presto a 14. Gli imprenditori hanno dimostrato così sensibilità e soprattutto permesso di aprire la programmazione a musicisti e orchestre provenienti da altri paesi. Il confronto con l'estero è fondamentale per la nostra realtà».

Può bastare?
«Assolutamente, no. Auspico che Confindustria possa impegnarsi a garantire le risorse necessarie anche per sostenere la vita del teatro che ha 400 lavoratori».

Quale strategia propone?
«Dobbiamo garantire continuità e stabilità nelle entrate: in cambio siamo pronti a mostrare esattamente tutte le voci di spesa e prevedere un riconoscimento per chi investe nella cultura».

Avrebbe accettato i 3 milioni, restituiti al principe-ministro Badr dell'Arabia Saudita dalla Scala?
«Ho pochi elementi per valutare la scelta fatta a Milano. Ma, se fosse capitato a me, avrei analizzato le condizioni prima di portare il caso in consiglio. E, messo a punto un progetto condiviso e chiaro, avrei accettato il contributo».
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