Dal carcere di Poggioreale al teatro San Carlo: «Così salviamo i detenuti»

Arrivano i diplomi per 13 detenuti di Poggioreale oggi specializzati elettricista, macchinista, attrezzista, sarto teatrale e addetto alle attività amministrative

La consegna dei diplomi ai detenuti
La consegna dei diplomi ai detenuti
di Giuliana Covella
Sabato 4 Marzo 2023, 09:00 - Ultimo agg. 5 Marzo, 09:01
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«Questo percorso ha inciso in maniera determinante sul mio processo di cambiamento e di questo voglio ringraziare tutti, a partire dal direttore del carcere ai vertici del San Carlo che mi hanno fatto capire che il reinserimento sociale è possibile, accogliendomi senza pregiudizi e facendomi sentire un uomo libero». Vincenzo Nave, 26 anni, si commuove mentre legge la lettera che ha scritto a mano nella saletta del Cafè del Teatro San Carlo, dove si è svolta la cerimonia di consegna dei diplomi ai 13 detenuti di Poggioreale che hanno partecipato ai corsi di formazione specialistica sui mestieri dello spettacolo, che si sono svolti da ottobre a dicembre scorso. Una mattinata ricca di emozioni dove sono intervenuti il sindaco e presidente della Fondazione San Carlo Gaetano Manfredi, il sovrintendente Stéphane Lissner, il direttore generale del San Carlo Emmanuela Spedaliere, il direttore della casa circondariale Giuseppe Salvia Carlo Berdini, il capo dipartimento dell'amministrazione penitenziaria Giovanni Russo e il provveditore per la Campania Lucia Castellano. Nel corso della presentazione è stato rinnovato il protocollo d'intesa tra la Fondazione San Carlo e il carcere di Poggioreale per un nuovo ciclo di attività e laboratori destinati ai reclusi il prossimo anno. 

Elettricista, macchinista, attrezzista, sarto teatrale, addetto alle attività amministrative: sono i profili professionali per i quali si sono specializzati 13 detenuti di Poggioreale guidati dal personale del Massimo partenopeo, di cui quattro hanno già ottenuto un contratto a tempo determinato che partirà ad aprile.

Un progetto che dimostra come il San Carlo, da sempre attivo nel sociale, si impegni concretamente a favore delle persone recluse, utilizzando la cultura come strumento di inclusione sociale e reinserimento lavorativo. «Come sovrintendente di un Teatro pubblico - ha spiegato Lissner - è nostro dovere collaborare con le istituzioni per fornire a tutti opportunità per una vita migliore. La cultura può svolgere un ruolo fondamentale nel recupero dei detenuti e sviluppare nuove competenze professionali che li aiutino a costruire un futuro diverso». Sulla stessa lunghezza d'onda è Spedaliere: «Importante offrire una possibilità di recupero attraverso l'apprendimento di abilità professionali legate al mondo dello spettacolo dal vivo. Oltre a fornire una nuova prospettiva lavorativa, infatti, questi corsi possono sviluppare nuove passioni e interessi che aiutano a guardare al futuro con più fiducia». «La cultura è una straordinaria leva di sviluppo sociale e questa collaborazione tra la Fondazione e il carcere ne è una testimonianza concreta - rimarca Manfredi - Una grande istituzione culturale di livello nazionale e internazionale come il San Carlo assolve in questo modo alla sua funzione di diffusore e alimentatore di bellezza non solo artistica, ma prima di tutto umana».

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In carcere da sei anni per rapina Vincenzo, originario di Giugliano, ha una moglie e una figlia di 8 anni, «più una in arrivo che nascerà a luglio», racconta a margine della mattinata al San Carlo. «Sono molto emozionato per questo traguardo, ma fiero del mio cambiamento radicale. Mi mancano altri quattro anni per scontare la pena, ma al San Carlo mi hanno fatto un contratto come amministrativo e avrò la possibilità di uscire a breve per un percorso di avviamento al lavoro. Così vedo il mio futuro, con la mia famiglia e un lavoro. Voglio far capire - attraverso la mia storia - ai minori a rischio che si può cambiare. Sono figlio di genitori separati, ho commesso la mia prima rapina quando ero un ragazzino e ho vissuto in casa famiglia. Però ho capito che nella vita ci si può riscattare». Come Vincenzo emozionati sono anche gli altri dodici compagni: «Per noi è stata una cosa bellissima, ancora non ci crediamo - ammette sorridendo Battista Di Costanzo - da detenuti siamo entrati al San Carlo. Io nell'attrezzeria, un mestiere che nemmeno sapevo esistesse e ora resterò qui a lavorare per un periodo, per me questa è una speranza, una salvezza». «Fino a qualche tempo fa non sapevamo che cosa avremmo potuto fare una volta fuori - sottolinea Nicola Baldi, impiegato in sartoria - invece abbiamo imparato un mestiere, per di più al San Carlo ed è fantastico». Nella seconda edizione del progetto che prenderà il via nei prossimi mesi l'auspicio del direttore Berdini è che i partecipanti possano aumentare: «Di certo rispetto alla platea di Poggioreale il numeri degli utenti è ridotto, ma anche iniziative non di largo respiro sono importanti e ancor di più se è un ente culturale di livello internazionale come il San Carlo ad aprire loro le porte». 

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