Premio Napoli narrativa a Titti Marrone per ​“Se solo il mio cuore fosse pietra”, racconto dei bambini tornati dai lager

Gli altri vincitori: Valerio Magrelli per la poesia, Enzo Traverso per la saggistica

Titti Marrone
Titti Marrone
di Giovanni Chianelli
Giovedì 15 Dicembre 2022, 23:55 - Ultimo agg. 16 Dicembre, 17:29
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Per la narrativa “Se solo il mio cuore fosse pietra” (Feltrinelli) di Titti Marrone, “Exfanzia” (Einaudi) di Valerio Magrelli per la poesia ed Enzo Traverso con “Rivoluzione 1789-1989” (Feltrinelli) per la saggistica: sono i vincitori, decretati dalla giuria popolare, del sessantottesimo Premio Napoli.

Ad officiare la proclamazione, ieri sera al teatro Mercadante, il sindaco Gaetano Manfredi che è anche il presidente reggente del premio: «All’inizio del prossimo anno verrà designato il nuovo presidente», promette il primo cittadino. 

Un’edizione speciale, dedicata a Raffaele La Capria, e con «un livello artistico e culturale altissimo» commenta Manfredi, che annuncia per le prossime edizioni l’intenzione di allargare le sezioni alla sceneggiatura e al reportage documentaristico (per cui quest’anno c’è stata la menzione speciale a Salvatore Porcaro per “L’estate è finita”.

Racconto corale del litorale domitio, Monitor edizioni) e ampliare l’offerta della manifestazione, con un calendario di appuntamenti durante tutto l’anno: «Non vogliamo limitarci al premio in quanto tale, confidiamo nelle sue potenzialità per lavorare alla diffusione della cultura e della lettura».

I verdetti erano in parte annunciati, almeno per Marrone, firma storica di questo giornale, e Magrelli, tuttavia la concorrenza nelle terne dei finalisti si è rivelata piuttosto agguerrita e specialmente per la narrativa, dove la giornalista e scrittrice napoletana se l’è vista con “Mastro Geppetto” (Sellerio) del siciliano Fabio Stassi, opera che strizza l’occhio all’inclusione e al tema delle nuove famiglie, in cui il personaggio collodiano è un padre che prova a crescere da solo il figlio. E con lo splendido affresco che Massimo Zamboni, tra i fondatori di Cccp, Csi e Pgr, ha dedicato a Cavriago, il paese più sovietico d’Italia, in “La trionferà” (Einaudi). Per la poesia discrete chance sembrava avere “Lettere a Valentinov” (Luca Sossella editore) di Gabriele Frasca, per un periodo presidente del premio Napoli, e per la saggistica Daniela Brogi con “Lo spazio delle donne” (Einaudi).

Si commuove la Marrone, che dedica la vittoria alle nipoti Annatea e Veronica, cui aveva iniziato a raccontare in forma di favola la storia che sarebbe diventata il romanzo, e considera il trionfo «come uno scudetto del Napoli». Premiata l’idea di romanzare una storia vera, quella di un gruppo di bambini, reduci dai campi di sterminio, che furono accolti in una residenza da Anna Freud, la figlia del padre della psicanalisi. «Hobsbawm chiamava il ‘900 il secolo breve, stiamo drammaticamente constatando che è lunghissimo, arriva fino ai nostri giorni, con il suo carico di sciagure». E dunque, spiega, la storia ha trovato una inattesa attualità: «Quando ho iniziato a scrivere non era ancora scoppiata la guerra, ma l’abbandono dell’Afghanistan dei militari americani era un presagio forte». Vittoria a parte, dell’esperienza al premio la Marrone tiene a ricordare le presentazioni in carcere insieme agli altri finalisti: «È stato bellissimo avere la conferma che quando si parla di scrittura come forma di evasione non si tratta di un luogo comune, molti leggono e ci hanno posto interrogativi interessanti. Alla fine la situazione si è capovolta ed eravamo noi tre a fare domande ai detenuti».

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Magrelli era già stato tra i finalisti del premio vent’anni fa, ma nella narrativa, e ricorda che a chiudere la premiazione c’era un concerto di Franco Battiato: «Uno dei miei artisti preferiti, fu l’unica occasione in cui gli parlai, perciò ho un ricordo speciale di quel giorno». Lui un riconoscimento vorrebbe darlo agli insegnanti che la poesia la diffondono: «Una dedica dovuta, quando vado nelle scuole vengo sommerso di domande. La poesia può avere un futuro, basta conoscerne un po’ di regole». E comunque, dice, «non si fa poesia per farsi leggere. Poi magari accade la magia, e capita quando non si ha paura di affrontare temi non convenzionali. Una delle sezioni del mio libro parla di serie tv, ad esempio».

Traverso vive negli Stati Uniti e dice che da tempo non girava per l’Italia. Due giorni fa è stato al centro sociale napoletano Lo Scugnizzo Liberato a presentare il suo libro, che riflette sulla sinistra storica per parlare a quella di adesso: «Ho incontrato studenti, giovani intellettuali e attivisti. Bisogna trovare un modo nuovo per accendere queste forze del dissenso e coagularle in un progetto politico simile a Podemos in Spagna o France Insoumise. Altrimenti, senza più modelli né ideologie, per la sinistra sopravvivere ai nostri tempi sarà complesso».
 

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