«Tutto può cambiare» il libro di Andrea Riccardi presentato alla Federico II

Andrea Riccardi
Andrea Riccardi
di Diego Scarpitti
Giovedì 3 Maggio 2018, 20:55 - Ultimo agg. 21:31
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Antidoto ai veleni delle crisi e discernimento dei segni dei tempi, nella perigliosa navigazione della globalizzazione, tra sogno e visione, stimola alla riflessione, oltre al dialogo, il libro di Andrea Riccardi «Tutto può cambiare. Conversazioni con Massimo Naro», Edizioni San Paolo, presentato nell’aula magna dell’Università degli Studi di Napoli Federico II. Un libro mondo, un valore aggiunto, uno scrigno, che apre al principio della speranza, attingendo dalla forza dirompente del Vangelo, inteso come bussola, capace di creare una grammatica della convivenza per ricucire tessuti sociali frammentati, nelle grandi solitudini contemporanee.



La storia cinquantennale della Comunità di Sant’Egidio si intreccia con la biografia del suo fondatore, storico del Cristianesimo e dell’età contemporanea, interprete acuto dei fenomeni sociali e culturali del nostro tempo. Si alternano voci laiche a quelle di credenti nell’ateneo federiciano con il compiacimento del magnifico Rettore Gaetano Manfredi, che introduce l’iniziativa di spessore. «Viviamo un paradosso in un’epoca di grande trasformazione, dove le tecnologie pervasive aumentano divario e individualismo e la connessione non equivale a rafforzamento sociale. La cultura della convivenza e dell’inclusione, come leva per costruire una comunità coesa, costituisce un respiro per il futuro. Non bastano le opportunità ma una forma di accompagnamento delle persone a coglierle, senza negare meriti, talenti e competizione, in una società in cui vincono tutti e nessuno viene lasciato indietro». Manfredi si sofferma sul libro di Riccardi. «In questa fase storica e politica è estremamente importante, perché parla di futuro, speranza, solidarietà, di una società unita e rimette al centro l’uomo e i suoi valori». Autorevole la chiave di lettura evidenziata dal maitre à penser Aldo Masullo, definito «giovane anziano» dalla giornalista Donatella Trotta, vicepresidente nazionale UCSI. «Testo scritto da un uomo di profonda religiosità. Prima di essere esposizione, illustrazione e narrazione, libro non banale: è un vivere, che presenta la Comunità di Sant’Egidio in una dipintura fascinosa». Fondamentale la preghiera nell’esperienza di Sant’Egidio. «Mai azione isolata ma solidale, disinteresse e gratuità». E l’illustre filosofo definisce quello di Riccardi «un illuminismo religioso, comunitario, non intellettualistico ma volontaristico, non razionalistico ma storicistico», improntato all’azione. «Cambiamento come maturazione secondo la linea della speranza e la fiducia nel futuro in un’epoca di grande smarrimento». Masullo insiste su un aspetto centrale. «Speranza fondata su volontà, coraggio e azione. Teopraxia: Dio non si contempla, si fa, è la nostra quotidiana azione, conquista della pace contro la guerra, luce dell’intelligenza contro l’ottusità stupida dell’ignoranza».  Si dichiara «fuori dalle mura del tempio» il maestro di strada e «di stato» Marco Rossi Doria, che riconosce in quella «minoranza sparuta la ricerca di parole di riparazione alle ingiustizie del mondo, che facevano scuola nelle borgate romane, una generazione desiderosa di fare qualcosa nel segno di don Milani». Lettura articolata, rivolta a «guardare ai problemi con il cuore in un confronto non provinciale», partendo da «Napoli luogo di marcate diseguaglianze». Il libro prende le mosse dal Concilio Vaticano II e dal ’68. «La Comunità di Sant’Egidio riconosce che senza la Chiesa, barca che nei flutti resiste, è difficile guardare in faccia i poveri. Comunità è speranza, possibilità inclusiva e solidarietà». Prova ad indicare il sentiero Rossi Doria. «Serve una comunità di popolo per affrontare la povertà, la necessità di un Noi corale per riparare alle ingiustizie e un soggetto capace di azione collettiva per battere con urgenza il senso di irrilevanza, con mediazione, lavoro educativo, pazienza e gesti di amicizia». Tipici di Sant’Egidio. Per Marco Impagliazzo, che ha raccolto il testimone di Riccardi, si tratta di «un libro realista, né ottimista né pessimista, che dà risposte, fa respirare entusiasmo e gratitudine, sulla Chiesa «cuore del mondo», l’Italia, il futuro e non sul passato. Non una formula da tramandare ma una storia da continuare». Scrutare la realtà esercizio non agevole. «Storia non è giudicare (o pregiudicare) ma comprendere» sintetizza Impagliazzo. Riconosce un impegno che viene da lontano il Cardinale Crescenzio Sepe. «Il seme posto all’inizio si è sviluppato negli anni ed è diventato albero, ha acquistato una dimensione significativa, perché presente in 70 paesi: un immergersi nel fiume della Storia che si è dilatato. Quel grido allora lanciato di una Chiesa in uscita e ospedale da campo, con i poveri, gli emarginati, gli anziani sofferenti e i bambini abbandonati è stato il motivo per cui i giovani si sono uniti in cammino e porta la Comunità di Sant’Egidio all’interno della Chiesa come una delle più belle e significative realtà». Mutano le condizioni geografiche e sociali ma non l’origine e il centro: il Vangelo, fonte inesauribile dalla quale attingere. «Che possiate avere dei pensieri lunghi. Qui c’è fede, speranza e carità. Tutto può cambiare. E che a Maronn v'accompagn» impartisce la solenne e gradita benedizione l’Arcivescovo metropolita. «Siamo in un momento drammatico, in cui abbiamo sete di speranza, sete di fede, sete di idee e visioni. Proviamo a porci il problema del futuro. Il Noi rende possibile le più diverse avventure e la resistenza al conformismo e allo spirito del mondo. Noi figlio e proseguimento originale della Chiesa, nei confronti della quale nutriamo amore per il soggetto profetico della comunità» afferma Andrea Riccardi, Premio Carlo Magno e Premio Napoli Città di Pace. In un momento di cambiamenti antropologici, politici ed etici «noi che pensiamo e crediamo, dobbiamo avere responsabilità della speranza, farci coraggio e indicare agli altri una strada». Riccardi indica la rotta. «Chiesa (ricorda che il genere umano ha un destino comune), Europa (se non troviamo un Noi europeo, non non riusciremo a battere la nostra irrilevanza), scuola (atto generativo di speranza) sono delle risorse meravigliose, degli eserciti del bene e della speranza». Infine l’ultima considerazione dell’autore sul titolo del libro. «Frase che non viene da Gramsci e Mao ma da Giovanni Paolo II. Tutto può cambiare, dipende da te. E allora ci sono incredibili sorprese della Storia, che noi attendiamo e speriamo».  
 

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