Afghanistan, arrivano i primi profughi in Campania: oggi l'incontro tra i cinque prefetti

Afghanistan, arrivano i primi profughi in Campania: oggi l'incontro tra i cinque prefetti
di Mariagiovanna Capone
Lunedì 23 Agosto 2021, 08:00 - Ultimo agg. 24 Agosto, 07:05
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Gli arrivi in Italia dei profughi afghani proseguono. Ieri 94 sono arrivati nel centro Fenoglio di Settimo Torinese, in Piemonte. Tra di loro 42 bambini, alcuni molto piccoli, i loro genitori e, in qualche caso, altri parenti. Dopo i dieci giorni di quarantena, saranno spostati in vari comuni piemontesi nei progetti di accoglienza già attivi. Proprio come accadrà in queste ore in Campania. Oggi a Napoli è previsto il tavolo tra i cinque prefetti della Campania per pianificare gli arrivi delle famiglie destinate alla nostra regione che dovrebbero essere sul ponte aereo di oggi o al massimo domani. Dopo la quarantena al Residence del Covid Center dell'Ospedale del Mare di Ponticelli, saranno spostate nelle strutture della rete Sai (Sistema Accoglienza Integrazione) e inizieranno il loro percorso come richiedenti asilo per motivi umanitari e politici. In base alle conformazione delle strutture campane con progetti attivi sarà fissato il numero massimo di rifugiati afghani che saranno accolti. Un numero che almeno in prima battuta non sarà elevato ma compreso tra le 15 e 25 persone, componenti nuclei familiari. 

Ma quali saranno i percorsi di integrazione che seguiranno queste famiglie, molti dei quali con bambini di età scolare? «Si tratta di un percorso step by step» spiega Daniela Fiore, presidente Less Impresa Sociale Onlus, attiva sul territorio di Napoli e provincia e impegnata con i migranti e i rifugiati, «I progetti continua - prevedono una serie di servizi integrati: presa in carico individuale, servizi sanitari, servizi legali, corsi di lingua italiana, mediazione linguistica culturale, poi a questi se ne aggiungeranno altri che prevedono attività di socializzazione e di orientamento ai servizi del territorio.

Quando le persone raggiungono un buon livello di lingua italiana, e contestualmente hanno seguito attività per favorire la conoscenza con la comunità, vendono intrapresi dei corsi di formazione professionale, tirocini in azienda, ricerca attiva del lavoro. Il percorso, quindi, è realizzato per fornire gli strumenti necessari per vivere in autonomia sul territorio». 

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Secondo la presidente Fiore «si dovrebbe già usufruire della rete Sai esistente e mettere a sistema le risorse già disponibili non tutte utilizzate, e quindi posti non tutti usufruiti». Ecco perché il numero di profughi da ospitare in un primo momento è limitato: ci sono posti vacanti su fondi già destinati a progetti per i rifugiati. Le strutture poi devono creare «un'accoglienza diffusa, quindi ogni nucleo familiare andrà in una località diversa». Dove? «Credo andranno proprio dove ci sono posti vacanti, noi di Less, per esempio, abbiamo una struttura della rete Sai proprio per famiglie a Procida. Non è escluso che prefettura e Anci decidano che sia quella giusta per una famiglia afghana». Se le strutture Sai non dovessero essere sufficienti o adeguate, poiché devono rispondere a degli standard particolari ossia aree facilmente controllabili per motivi di sicurezza, vicinanza a scuole e a contesti lavorativi. «Tra le nostre risorse in provincia, abbiamo sicuramente appartamenti adatti, a Mugnano, Afragola e San Giorgio a Cremano. Sono destinati a progetti su minori ma non essendo stati ancora assegnati, si potrebbe usarli per questa emergenza ovviamente se Anci e prefettura sono d'accordo. Sono tutti vicini a scuole, ai servizi territoriali, mezzi di trasporto insomma tutto ciò che occorre per facilitare l'integrazione dei rifugiati. Credo però che in una prima fase la rete Sai sarà sufficiente per avere una buona partenza di accoglienza». 

Un elemento molto importante per accelerare il processo di integrazione è quello di potersi confrontare con connazionali qui a Napoli. «Ne abbiamo alcuni, ragazzi fuggiti dall'Afghanistan che parlano urdu, farsi e un ottimo inglese. Sono giovani dai 25 ai 35 anni, che hanno studiato qui, alcuni si sono laureati e sono rimasti a Napoli. Hanno una competenza specifica ma sono anche muniti di una forte motivazione e sicuramente saranno utili a queste famiglie che fuggono dai talebani» conclude Fiore.

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