Il boss Antonio Moccia in aula: «Su Whatsapp bugie su di me, non ucciderei il pentito»

Il boss Antonio Moccia in aula: «Su Whatsapp bugie su di me, non ucciderei il pentito»
di Leandro Del Gaudio
Giovedì 13 Febbraio 2020, 07:30
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Girano strani messaggi ad Afragola e dintorni. Anzi: girano messaggi sinistri in un intero spaccato metropolitano, tanto da finire sul tavolo di tre magistrati della Dda di Napoli. A sollevare il caso non è stato uno qualunque, ma Antonio Moccia, imputato per associazione camorristica con l'accusa di essere il capo di un cartello criminale che avrebbe dominato nel Napoletano a colpi di faide e affari sporchi. Aula 119, l'imputato prende la parola, chiede di fare una deposizione spontanea. È a piede libero ed è sempre presente nelle udienze che lo riguardano: «Mi è arrivato un messaggio che fa riferimento alla scelta di un uomo di collaborare con la giustizia, questo messaggio sta facendo il giro della mia città e chiedo alla Procura che vengano fatte delle verifiche».

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In cosa consiste il testo? A parlare (perché si tratta di un video postato tramite whatsapp) è lo stretto congiunto di un presunto killer, ritenuto affiliato ai Moccia. Finito in cella con l'accusa - tra l'altro - di essere l'assassino di una donna, avrebbe deciso di collaborare con la giustizia. Ma torniamo al contenuto del testo. Quinta sezione penale, presidente Napolitano Tafuri, secondo Antonio Moccia le cose stanno in questo modo: «C'è chi sostiene che questo soggetto si sarebbe pentito nel timore che io lo ammazzassi, si tratta di una menzogna dalla quale prendo le distanze, e su cui chiedo che ci sia una verifica immediata da parte della Procura. A mia tutela e di tutte le persone coinvolte». E non è tutto. Difeso dai penalisti Gennaro Lepre e Saverio Senese, Antonio Moccia ricorda l'opportunità di svolgere accertamenti sul messaggio, anche in relazione alla possibilità che possano circolare particolari sul sito riservato in cui il nuovo pentito è stato trasferito. Poi, Moccia ha aggiunto: «Mi auguro che questo collaboratore possa confermare la mia estraneità alle accuse che mi inseguono da anni».
 

Una vicenda che finisce sul tavolo del pm anticamorra Ida Teresi (che ieri era presente in aula) e dei colleghi della Dda Ivana Fulco e Gianfranco Scarfò (titolari delle indagini sulle presunte ramificazioni criminali nell'hinterland metropolitano). Verifiche in corso, mentre l'udienza di ieri è stata caratterizzata anche dalla escussione testimoniale dell'ex sindaco di Afragola ed ex parlamentare di An Vincenzo Nespoli. Ha risposto alle domande di accuse e difesa, in riferimento a soggetti ritenuti al vertice del gruppo criminale che - nell'ottica dell'accusa - farebbe capo ai Moccia. E ha ricordato le interrogazioni e le denunce risalenti addirittura al 2001, a proposito della gestione del patrimonio immobiliare cittadino: esposti poi suffragati da arresti e indagini giunti addirittura 15 anni dopo.
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