Fondazione BancoNapoli, stop a Fimmanò; i giudici: giusto il no alla nomina

Fondazione BancoNapoli, stop a Fimmanò; i giudici: giusto il no alla nomina
di Valerio Iuliano
Venerdì 8 Febbraio 2019, 11:00
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Un'ordinanza del Tribunale ha chiuso la lunga disputa tra la Fondazione Banco Napoli e l'avvocato cassazionista Francesco Fimmanò. Almeno per ora, perché non si escludono altre iniziative giudiziarie, da parte dello stesso Fimmanò. Tuttavia con l'ordinanza depositata ieri dalla settima sezione civile del Tribunale di Napoli viene archiviato definitivamente uno dei capitoli principali dell'infinita diatriba.

Una vicenda che parte da lontano e che era scaturita dalla mancata ratifica, nella seduta del 27 aprile 2017, della nomina dello stesso Fimmanò in Consiglio generale, dopo la designazione da parte della Regione. Da quel momento era iniziato un lunghissimo conflitto a colpi di carte bollate, che si intrecciava con le tormentate vicende della Fondazione, commissariata dal ministero dell'Economia nella primavera scorsa. Nell'ente di via Tribunali era poi ritornato il sereno con il rinnovo degli organi sociali nello scorso novembre e l'elezione alla presidenza dell'imprenditrice Rossella Paliotto. La querelle tra la Fondazione e Fimmanò era culminata in un'ordinanza ex articolo 700 del Tribunale di Napoli del 15 novembre 2018, che aveva sospeso la delibera del Consiglio generale sfavorevole a Fimmanò. La nomina di quest'ultimo nel novero dei consiglieri veniva di fatto congelata, in attesa del giudizio di merito. Una misura cautelare che è stata annullata dalla nuova ordinanza del Tribunale con l'accoglimento del reclamo della Fondazione.
 
«La Fondazione - si legge nel provvedimento - ha dedotto l'illegittimità della misura cautelare, in particolare per carenza del profilo del fumus boni iuris, tra l'altro per l'inesistenza di un diritto soggettivo in capo a Fimmanò ad essere nominato membro del Consiglio generale». Ed è proprio su quello che viene ritenuto un mancato diritto soggettivo che verte la sentenza. La designazione da parte della Regione non viene ritenuta sufficiente per ratificare la nomina in Consiglio generale. «L'assunto secondo cui la nomina deriva direttamente ed in maniera vincolata dalla designazione è infondato». «La nomina a membro del Consiglio - prosegue l'ordinanza - non dipende esclusivamente dall'atto di designazione bensì dalla ratifica che ne deve fare lo stesso organo consiliare. E un eventuale automatismo risulta escluso proprio dalla necessità, richiesta espressamente dallo statuto della Fondazione, di verificare preliminarmente la sussistenza dei relativi requisiti. Il meccanismo della ratifica è previsto proprio al fine di consentire alla fondazione di sindacare le scelte fatte dagli enti designanti, scongiurando così la nomina a membri del fondamentale organo della fondazione di persone inidonee a rivestirne il ruolo e/o comunque a supportarne i fini».

Le motivazioni della mancata nomina vengono illustrate con chiarezza nel finale. «Quanto emerso in seno al Consiglio generale configura circostanze che appaiono idonee ad escludere che in capo a Fimmanò sussistano i requisiti richiesti dallo statuto, che sia cioè in grado di operare nell'esclusivo interesse della fondazione. Il reclamato ha assunto iniziative e manifestato posizioni antitetiche rispetto agli indirizzi e ai programmi assunti dalla fondazione». Fimmanò annuncia per oggi una nuova iniziativa giudiziaria. E la saga sembra destinata ad arricchirsi di un nuovo capitolo.
 
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