Bassolino: «Napoli in crisi di rappresentanza, la fase arancione è finita ma il Pd rifletta»

Bassolino: «Napoli in crisi di rappresentanza, la fase arancione è finita ma il Pd rifletta»
di Francesco Romanetti
Giovedì 18 Giugno 2015, 08:41 - Ultimo agg. 08:42
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Non sono due comari che hanno litigato. Troppo facile liquidarla così. La questione è più seria. E Antonio Bassolino - politico dalla pellaccia dura, oltre che sindaco del «rinascimento napoletano» - fa un'analisi che vuole scendere a fondo. E che finisce con l'essere uno spietato de profundis: l'addio di Tommaso Sodano (ma lui non lo nomina mai, definendolo sempre «l'ex vicesindaco»...) segnala la fine di un progetto politico, di un ciclo, di un'esperienza. Indica, insomma, il capolinea dell'amministrazione arancione. Non solo: Sodano, in sostanza, se n'è andato per non farsi cacciare. E neppure basta - per spiegare il divorzio da Luigi De Magistris - tirare in ballo la storia della costituzione del Comune come parte civile in una causa in cui l'imputato è appunto lo stesso Sodano. Lo scontro viene da più lontano. «In ogni caso - aggiunge Bassolino - mi auguro che la consigliatura si concluda e che si possano fare alcune cose utili per il bene della città».



Bassolino, da ex sindaco, come valuta quello che sta accadendo?

«Innanzi tutto, non se n'è andato un semplice assessore. E neppure solo un vicesindaco: quello che viene a mancare è ora uno dei due pilastri su cui si era retta l'amministrazione arancione. L'ex vicesindaco ha esercitato un potere enorme, anche in decisioni cruciali, come sanno bene tutti gli assessori destituiti o costretti ad andare via nel corso del tempo. Per questo ora, con le sue dimissioni, si conclude anche una fase politica, di cui erano appunto stati protagonisti De Magistris e il suo vice».



Ma perché questa separazione proprio adesso?

«In realtà sindaco e vice erano ”separati in casa“ ormai da tempo. L'epilogo era già scritto. E da questo punto di vista la costituzione del Comune come parte civile in un procedimento che vede imputato il vicesindaco, è stato solo il momento in cui è risultato chiaro che il rapporto politico si era incrinato. Vedo che in queste ore c'è chi parla di ”veleni“ (il vicesindaco) e chi risponde negandone l'esistenza (il sindaco). È singolare che sia l'uno che l'altro tendano a mettere in secondo piano la sostanza politica della questione. Perché ora le dimissioni? Ci avviciniamo a un passaggio delicato: nei prossimi giorni si chiarirà la vicenda dell'eventuale sospensione di De Magistris. Vedremo. Ma intanto è evidente che il vicesindaco è stato costretto a dimettersi: stavolta De Magistris non avrebbe lasciato il Comune nelle sue mani, proprio perché i rapporti si erano già rotti».



Tra un anno si va a votare. Con uno scenario tutto aperto: Pd a pezzi, destra spaccata, De Magistris che già ha fatto sapere che si ricandida. E il Movimento 5 Stelle in fortissima ascesa. Come la vede?

«Le ultime elezioni regionali in città hanno costituito un segnale molto chiaro. Solo il 40% degli elettori hanno votato e dentro questo 40% il Movimento 5 Stelle è il primo partito. In diversi quartieri, addirittura supera di dieci punti il Pd. Questo voto, indubbiamente parla al Pd. Ma anche a De Magistris: è un voto critico anche nei suoi confronti».



Si stanno sgretolando alleanze, progetti politici, blocchi sociali?

«Non c'è dubbio che nel voto si è espressa una grave crisi politica della città, che è crisi di rappresentanza. C'è un dato enorme: il 60% degli elettori non è andato a votare. In queste condizioni, è come se fossimo in presenza di una sospensione democratica. Io, però, non parlerei solo di ”anti-politica“, perché l'altra faccia della crisi di rappresentanza è un grandissimo numero di elettori, di cittadini, che cerca una prospettiva, una strada, che vuole un futuro per la città. Questo tema è di fronte a tutti: penso al Pd napoletano, che in questi anni in consiglio comunale e in città non ha fatto opposizione, ma anche a De Magistris e al Movimento 5 Stelle, che ha avuto un avuto un risultato importante, al quale dovrà dare un seguito. Ed è un tema che sta di fronte anche alla destra».



Anche la destra è messa male...

«Sì, ma la destra non scompare: né in città, né nella regione, né a livello nazionale. E il futuro della città dipende ora dalle idee nuove, dagli schieramenti, dalle alleanze che tutti dovranno mettere in campo. Mi sembra evidente che per la carica di sindaco ci saranno diversi candidati. Trattandosi di elezioni dirette, saranno i candidati a dover incarnare programmi e schieramenti».



Una volta le analisi del voto conducevano anche a duri processi autocritici...

«Io trovo sorprendente che il Pd - parlo della mia parte politica - non abbia ancora aperto una riflessione seria sul voto a Napoli. Così come è singolare che, anche a livello nazionale, il Pd non apra un ragionamento politico sull'esito delle regionali, dove di segnali ne sono venuti parecchi, da Venezia a Matera...E questo dovrebbe avvenire al di là delle prime reazioni di Renzi, troppo semplici e nervose, quando dice ”allora vuol dire che devo tornare a fare Renzi“. Non può bastare. Una seria riflessione sul voto, invece, è un importante esercizio politico e culturale, che obbliga a fare i conti con la società, a captare gli umori sociali. Non lo dico per nostalgia, ma ricordo che una volta, nel Pci, si discuteva per settimane e mesi su un risultato elettorale. Nel 1977, quando a Castellammare il Pci perse il 4% dei voti, io - allora giovane segretario regionale - scrissi un saggio di 15 cartelle, che venne pubblicato da ”Rinascita“. Magari allora si esagerava. Ma è impressionante come oggi si volti subito pagina».
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