Bill De Blasio: «Da New York tifo Napoli, è il riscatto della città: ci vediamo al Plebiscito»

«Provo gioia e orgoglio e anche la convinzione che finalmente sia stata fatta giustizia»

Bill De Blasio
Bill De Blasio
Gerardo Ausiellodi Gerardo Ausiello
Mercoledì 3 Maggio 2023, 07:00 - Ultimo agg. 19:16
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Da New York a Napoli le distanze si accorciano quando c'è di mezzo la passione calcistica. Ne sa qualcosa Bill De Blasio, che per otto anni ha indossato con lo stesso orgoglio la fascia tricolore della Grande Mela e la sciarpa azzurra. Ora il gigante del Partito democratico, l'uomo che da un paesino del Sannio è divenuto il cittadino più illustre della capitale del mondo, si gode il trionfo del club di De Laurentiis. E si prepara a venire con la famiglia a Napoli il 4 giugno per partecipare alla festa scudetto in piazza.

De Blasio, il Napoli sta per vincere lo scudetto dopo 33 anni. Lei è un grande tifoso azzurro, come si sente in questi giorni?
«Napoli, la città, la gente e la squadra di calcio stanno vivendo una fase davvero storica, che va ben oltre i confini dello sport. Per una città così a lungo non rispettata e non compresa, questo è un momento trionfale. Mi sento personalmente vicino al Napoli in questa circostanza. Provo gioia e orgoglio e anche la convinzione che finalmente sia stata fatta giustizia».

Quali sono i suoi giocatori preferiti?
«Osimhen per la sua bravura, Kvaratskhelia per la sua creatività, Raspadori per il suo spirito e Meret per la sua freddezza».

Ha mai incontrato De Laurentiis? Cosa pensa di lui?
«Non ho mai incontrato De Laurentiis, ma ci siamo scambiati delle e-mail. E lo vedrò presto a Napoli. È stato uno dei primi italiani importanti a congratularsi con me quando sono stato eletto sindaco di New York nel 2013. Credo che abbia sentito che ero un tifoso convinto e un vero sostenitore della sua squadra. Gli riconosco il merito di aver costruito costantemente squadre competitive, cosa non facile da fare. E questa squadra attuale è straordinaria.

Credo che abbia colto di sorpresa l'intero mondo del calcio. Tutti i dirigenti della Ssc Napoli devono sentirsi orgogliosi di ciò che hanno realizzato quest'anno. Hanno lasciato un'impronta permanente e positiva nella storia moderna di Napoli e della sua gente».

Cosa ricorda degli scudetti dell'87 e del '90? Le sono piaciuti più i precedenti successi o questo?
«Come molti americani mi sono avvicinato tardi al calcio. E la mia attenzione più forte è stata per la Nazionale italiana, perché mi trovavo per caso a Partinico, in provincia di Palermo, la notte in cui l'Italia vinse i Mondiali del 1982. È stato uno dei momenti sportivi più belli della mia vita fino a quel giorno. Ricordo ancora vividamente la magia di Paolo Rossi. Mi sono avvicinato alla Serie A solo dieci anni fa. Il merito è in gran parte del mio barbiere di New York, Alberto Amore, dell'Astor Place Hair Stylists. Alberto è originario di Sciacca, in Sicilia, e purtroppo è un tifoso della Juve. Ma nessuno è perfetto! Anche mio figlio Dante è diventato un appassionato di calcio e tifa convintamente Napoli. Per anni, Alberto e io abbiamo parlato di calcio durante ogni taglio di capelli e mi sono interessato sempre di più a questo sport. Mi sono sentito legato al Napoli, indipendentemente da quanto giocasse bene, perché amavo la città e la sua gente, e tutta la Campania. Mio nonno Giovanni De Blasio era di Sant'Agata dei Goti nel Sannio. Emigrò a New York, si sposò con mia nonna Anna Briganti, di Grassano nel Materano, ebbero tre figlie, tra cui mia madre Maria. Poi tornarono in Italia e vissero nel quartiere Vomero. Quindi il Napoli ce l'ho nel sangue. Sicuramente ho apprezzato Maradona da lontano, ma non ho seguito il cammino del team come questa volta. La squadra di quest'anno è molto più di una superstar. È completa e un esempio perfetto del meglio dell'umanità, di persone di etnie diverse che si uniscono per una causa comune».

A Napoli si sta preparando da settimane la grande festa scudetto con striscioni, gadget e bandiere. Ha visto le immagini? E lei come festeggerà?
«Ho visto Napoli coperta di azzurro e bianco ed è bellissimo. Domani sarò dove tutti i napoletani si riuniscono a New York: il ristorante Ribalta Pizza nel Greenwich Village. Non vedo l'ora di unirmi ai festeggiamenti, se effettivamente sarà questo il giorno glorioso. E poi il 4 giugno io e la mia famiglia saremo di nuovo a Napoli per festeggiare».

Napoli continua ad osannare il suo idolo Diego Armando Maradona e in sua memoria è stato realizzato ai Quartieri Spagnoli un murale visitato ogni giorno da turisti e appassionati che vengono da ogni parte del mondo. Le piacerebbe vederlo?
«Voglio assolutamente visitare il tributo a Maradona per onorare un grande uomo e un grande giocatore, che ha portato tanta gioia alla gente di Napoli. Non vedo l'ora di andarci quando verrò a giugno».

Lei è stato sindaco di New York, che con le dovute proporzioni ha molti aspetti in comune con Napoli, e non solo perché si trovano sullo stesso parallelo. Quali sono, secondo il suo osservatorio privilegiato, le differenze e le analogie?
«Anche se New York City è più grande e ha più forza finanziaria, ci sono molte somiglianze. Condividiamo energia, creatività, intensità e passione. Entrambe le città sono straordinarie capitali della cultura, dell'imprenditoria e della cucina. E sì, siamo entrambi abituati a una certa dose di caos. Ma le nostre persone sono forti, resilienti e vivaci. Tanti napoletani hanno contribuito a rendere New York così com'è, e di questo sono grato. Questo è parte del motivo per cui mi sento così a casa a Napoli».

Napoli sta migliorando ma restano ancora molti problemi. Qual è l'immagine che si ha del capoluogo partenopeo negli Stati Uniti?
«In generale, non credo che Napoli sia ben compresa negli Stati Uniti. Credo che prevalgano gli stereotipi, soprattutto per quanto riguarda la criminalità. Pochi americani, a mio avviso, comprendono davvero la grandezza di Napoli e il suo ruolo importante nella storia. Detto questo, vedo dei progressi: sempre più americani vogliono sperimentare l'autentica cultura napoletana. E certamente aiuta il fatto che la pizza napoletana, quella originale, sia oggi ammirata e copiata in tutto il mondo».

Le piacerebbe fare il sindaco di Napoli? Quale sarebbe il suo primo atto?
«Conosco bene l'ex sindaco de Magistris e lo stimo. Condividiamo valori fondamentali. Sono andato a trovarlo a Napoli e lui è venuto a trovarmi a Gracie Mansion a New York. Non vedo l'ora di conoscere il sindaco Manfredi, nutro grandi speranze per lui. Anche noi due abbiamo molti valori in comune. Li apprezzo entrambi per aver accettato un lavoro così difficile, forse anche più difficile di quello di sindaco di New York. Non ho la presunzione di comprendere le complessità del governo di una città come Napoli. Ma ritengo che il popolo napoletano abbia scelto leader intelligenti e forti negli ultimi anni, così come il popolo campano. Ho ammirato soprattutto il modo in cui questi leader si sono comportati durante la pandemia».

Quale messaggio sente di rivolgere ai napoletani e ai tifosi in questo momento?
«Il mio messaggio è semplice: Napoli, come città e come abitanti, ha vissuto tante difficoltà e tragedie. Non è mai stato facile. Lo stesso si può dire per New York. Ma questo ha anche forgiato forza e grandezza. Questo è il momento di Napoli di brillare. E può essere un catalizzatore per il cambiamento. L'orgoglio che i napoletani provano li motiva a rendere la loro città ancora migliore». 

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