Bon ton, le regole del Comune di Castellammare: «Barba curata e poco trucco»

Bon ton, le regole del Comune di Castellammare: «Barba curata e poco trucco»
di Antonio Menna
Venerdì 19 Febbraio 2021, 10:00
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Vietato arrivare in ufficio spettinati o troppo truccati, si rischia di violare il codice di comportamento del Comune con tanto di contestazione formale e il rischio di perdere il posto. Al dipendente comunale di Castellammare di Stabia tocca, la mattina, fare molta attenzione a come si acconcia. Guai a lanciare sguardi distratti allo specchio, o uscire di casa un po' scompigliati, con quella riga di lato non allineata, o una vertigine dispettosa, o una piega non perfettamente in regola. Guai ad avere la barba non rasata, o se lunga non curata e rifinita. Guai alla basetta disordinata, o al baffo sbilenco, o al pizzetto trascurato, e peggio ancora a qualunque forma di bizzarria: nessuno si facesse venire in mente di tenersi un baffetto all'insù come un moschettiere o altre amenità. Attenzione a legarsi i capelli in un codino, o colorarli in modo troppo fantasioso o, se femmina peggio ancora se maschio applicare estensioni alle ciocche, far brillare colpi di sole o un ricciolino rasta. Per le donne, poi, c'è un'attenzione aggiuntiva: niente trucchi troppo vistosi. Attenzione al rossetto, all'ombretto, perfino a quelle guance troppo incipriate. Sembra incredibile ma tutto ciò è scritto nero su bianco in un regolamento comunale che sta per essere varato dall'amministrazione. Per ora è solo una proposta. 

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C'è uno schema pubblicato sul sito web del Comune, accompagnato da un avviso: entro il prossimo 23 febbraio, chi ha osservazioni (sindacati, associazioni, cittadini) può farle arrivare all'ente comunale. Passato il termine della consultazione, il Codice viene votato e diventa operativo, con delibera della giunta presieduta da Gaetano Cimmino.

L'atto risponde a un obbligo di legge: ogni Comune è tenuto a varare il proprio regolamento per il comportamento dei dipendenti comunali. Lo prevedono varie fonti normative: il decreto 165 del 2001, innanzitutto, e il decreto del Presidente della Repubblica 62 del 2013. E a chiederlo è anche l'Autorità anticorruzione, che nel 2020 ha emanato le «Linee guida in materia di codici di comportamento delle pubbliche amministrazioni». Proprio questo documento «costringe» gli enti che hanno già un Codice ad aggiornarlo. Tra questi c'è anche il Comune di Castellammare, che un regolamento per il comportamento dei dipendenti comunali lo aveva già approvato nel 2014. Ora la necessità di un aggiornamento. Ma non certo per introdurre norme sulla misura di barbe e baffi, su tagli di capelli e sui trucchi delle lavoratrici.

Il codice di comportamento nasce per regolamentare questioni molto serie: potenziali conflitti di interessi, norme sui regali che possono arrivare dall'esterno, l'uso degli strumenti aziendali, principi come la trasparenza, l'efficienza, l'uso dei social network, il rapporto con l'utenza. Insomma, temi cruciali della funzione del dipendente comunale. Ma, nella proposta presentata alla consultazione pubblica, l'amministrazione ha pensato bene di introdurre anche, all'articolo 12, comma due, la cura dell'aspetto.

«Il dipendente si legge nel testo tiene un comportamento decoroso e consono () avendo cura che l'aspetto, l'acconciatura dei capelli, della barba e dei baffi nonché i cosmetici da trucco, eventualmente usati dal personale femminile, siano compatibili con il decoro e la dignità della mansione, evitando ogni forma di eccessiva appariscenza». 

Viene da chiedersi come si intenderà applicare tale norma. Ci sarà un valutatore del decoro dei baffi? Ci sarà un giudice del rossetto? Un revisore dell'acconciatura? Chi decide quanto è decoroso o no un paio di baffi o quando l'uso di un cosmetico supera la soglia della decenza? A occhio e croce, questo articolo sembra sfuggito a un appassionato di caserme. Norme così, ormai, neppure nei protocolli di arruolamento nelle forze armate.

Forse per le vie della cittadina stabiese è rimasto qualche frammento di un altro regolamento che, dieci anni fa, fece parlare di Castellammare. All'epoca il sindaco era il magistrato Luigi Bobbio, che firmò un atto per «ripristinare il decoro urbano» che prevedeva, tra le altre cose, contravvenzioni per «chi indossa abiti succinti». I giornali lo battezzarono «divieto di minigonna». E qualche mese prima, la stessa amministrazione, pensò bene di vietare l'ingresso negli uffici comunali a chi «non era decorosamente vestito». Questa volta si è scelta una strada ancora più pignola: non come ti vesti ma addirittura come porti i capelli. Pettine e cartellino, tolleranza zero.

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