​Cittadinanze onorarie a Napoli,
Dema batte tutti quanti i record

Cittadinanze onorarie a Napoli, Dema batte tutti quanti i record
di Francesco Durante
Domenica 23 Dicembre 2018, 08:16 - Ultimo agg. 15:10
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La cittadinanza onoraria è un onore (appunto) per chi la riceve, e un modesto onere per chi la concede. A meno che non venga rifiutata. Nel 2011, per dire, Riccardo Muti rifiutò quella di Roma, e nel 2015 Papa Francesco rifiutò quella di Torino. E se a suo tempo la scelta del Pontefice fu motivata col fatto che il Papa, vicario di Cristo e pastore della Chiesa universale, «non è solito accettare onorificenze e riconoscimenti di questo tipo», come la segreteria vaticana si premurò di spiegare, al rifiuto opposto da Muti non furono estranee considerazioni legate alla mancanza di unanimità sulla proposta. Perché così càpita: qualcuno porta un nome, si apre il dibattito, si va al voto e succede quel che succede. Così a Pavia nel 2011: la cittadinanza onoraria a Roberto Saviano fu affondata dalla maggioranza Lega Nord-Pdl.

Poi ci sono i casi in cui le cittadinanze onorarie vengono revocate. Il più macroscopico riguarda Benito Mussolini. Nel solo 2018, quell’onore o, se volete, servile encomio che più di novant’anni prima gli era stato attribuito da quasi ogni comune d’Italia è stato cancellato da Pisa, Mantova, Ravenna, Rho, Colorno, Volterra, Anzio, Lovere, Crema, Fucecchio, Certaldo, Termoli, Vittorio Veneto e molti altri centri piccoli e grandi dalle Alpi al profondo Sud. Compresa Santa Paolina in provincia di Avellino (1191 abitanti), tra cupe deplorazioni delle destre e il plauso dell’Anpi. Anche Bergamo era sul punto di revocare la cittadinanza a Mussolini, ma il sindaco Gori (Pd) si oppose argomentando che la storia è storia e che quell’ingombrante onorificenza raccontava, come un monito, che cos’era la sua città nel 1924, quando era stata concessa. Gli fu replicato che cancellare la cittadinanza a Mussolini non era mero revisionismo, bensì l’esercizio di una «memoria attiva».

Se accettiamo questa definizione, se cioè non ci disturba l’idea che anche la memoria abbia bisogno di una certa manutenzione, possiamo dire che Napoli lo fece con assoluta tempestività, giacché la cittadinanza al Mascellone, concessa il 12 luglio 1924 (un mese e due giorni dopo il rapimento e l’uccisione di Giacomo Matteotti, e un mese e quattro giorni prima del ritrovamento del suo cadavere) fu revocata già nel 1944. Solo ora è invece stata revocata la cittadinanza data nel 1861 al generale Enrico Cialdini, massimo responsabile della repressione del brigantaggio.

Subito dopo la liberazione, Napoli fece cittadini onorari vari alti ufficiali americani e inglesi e poi, nel 1947, i patrioti caduti durante le Quattro Giornate. A partire dal 1990 divennero cittadini onorari di Napoli il filosofo Hans Georg Gadamer, il fisico Antonino Zichichi, lo showman Renzo Arbore, lo scrittore Jean-Noel Schifano. Nel ‘95 Carlo Azeglio Ciampi, che aveva appena completato il suo mandato come presidente del consiglio, e nel ‘99 il presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro.

 

Negli anni Zero furono insigniti il filosofo Paul Ricoeur, il vescovo emerito di Pozzuoli Silvio Padoin (di cui si ricorda la ferma opposizione al progetto di intitolare lo stadio San Paolo a Diego Armando Maradona), Aminattou Haider, una attivista saharawi per i diritti umani e il “Petisso” Bruno Pesaola. In oltre una sessantina d’anni, dunque, la cittadinanza onoraria di Napoli è stata data a una quindicina di persone. Poi si è aperta l’era de Magistris, e dal 2012 a oggi, cioè in soli sette anni, si registra più di una ventina di insigniti.

La loro varietà è grande quanto basta per attenuare una certa sensazione di facile terzomondismo e/o esasperato populismo. Ci sono uomini di religione, dal cardinale arcivescovo Crescenzio Sepe ai capi religiosi della città di Gerusalemme (l’amministratore apostolico Pierbattista Pizzaballa, il patriarca ortodosso Ilias Giannopoulos, il gran muftì Muhammad Ahmad Husayn e il rabbino capo Shlomo Amar). Tra le cittadinanze più discusse, quelle concesse al presidente dell’Autorità Palestinese Abu Mazen e al rivoluzionario curdo Abdullah Ocalan, leader del PKK, che sta scontando l’ergastolo per terrorismo nel carcere dell’isola di Imrali, nel mar di Marmara, di cui è l’unico prigioniero. E se non ci sono state polemiche sul nome del blogger mauritano Mohamed Ould M’khyetir, detenuto a Nouakchott, la comunità ebraica ha invece avuto molto da ridire su quello del palestinese Bilal Khayed, rilasciato da Israele dopo 15 anni di detenzione. Cittadini onorari sono diventati Salvatore Borsellino, fratello minore del giudice Paolo, e il presidente del Tribunale di Napoli Carlo Alemi. E poi Toni Servillo e Gino Paoli, il sociologo Alberto Abruzzese e la regista Lina Wertmuller, Sophia Loren e Alberto Angela, il filosofo Aldo Masullo, Alessandro Gassmann e Ferzan Ozpetek (per quest’ultimo ieri la decisione della giunta). Con loro, il centrocampista del Napoli Gokhan Inler e Diego Maradona, insignito nel 2017 fra infuocate polemiche. Infine, le cittadinanze “collettive”: quella per i bambini di origine straniera residenti a Napoli (2012), atto simbolico compiuto da molti comuni su invito dell’Unicef, e quella (2013) per quattro figli maggiorenni di stranieri nati a Napoli.
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