Comunali a Napoli, nuovo flop della Lega: così Salvini non sfonda al Sud

Comunali a Napoli, nuovo flop della Lega: così Salvini non sfonda al Sud
di Valentino Di Giacomo
Sabato 18 Settembre 2021, 08:33 - Ultimo agg. 19 Settembre, 09:35
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Sul simbolo non c'era né l'immagine di Alberto da Giussano e neppure indicato il nome di Matteo Salvini, ma nonostante la ritrosia di mostrare i propri stemmi la mancata partecipazione della lista Prima Napoli patrocinata dalla Lega alla sfida di Palazzo San Giacomo è una sconfitta che sarà difficile da ammortizzare per il Carroccio. Salvini fallisce ancor prima di cominciare la sua avanzata verso Sud, respinto dal meridione così come hanno fatto prima il Tar e poi ieri il Consiglio di Stato con i suoi ricorsi. Sarebbe stata pur senza riferimenti alla Lega la prima tornata in cui il Carroccio avrebbe potuto confrontarsi alle pendici del Vesuvio in un'elezione del Consiglio comunale e chissà, a questo punto, se ci riproverà ancora. Da Napoli doveva cominciare quella pretesa vocazione salviniana di fare della Lega un partito a vocazione nazionale, ma i risultati sono stati disastrosi.


Il progetto è fracassato e ora, dalle parti di via Bellerio, già è partita la caccia ai responsabili. Assai probabile che già da oggi saranno fatte pressioni sui dirigenti locali per ammettere le proprie colpe.

Solo un anno fa Salvini aveva provato a radicare il suo partito al meridione nominando nei coordinamenti regionali e cittadini solo persone del territorio esautorando il «lombardo» (e suo vice ai tempi del Viminale) Nicola Molteni. Neppure questa mossa ha funzionato. Una Lega che a Napoli, praticamente, non ha un voto di opinione come è stato certificato anche dalle ultime elezioni regionali. Lo scorso anno in città il Carroccio si attestò terza forza del centrodestra al 4%, incassando poco più di 40mila preferenze totali nel Napoletano, non fosse stato per l'ingresso last-minute di Severino Nappi, che incassò oltre 9mila preferenze, la Lega sarebbe sprofondata ancora più in basso. Appena dieci i candidati che superarono i mille voti. «Un ripensamento nel centrodestra disse Salvini dopo la batosta delle scorse Regionali - sull'offerta politica che abbiamo presentato al Sud va fatto». Quel ripensamento c'è stato e ha portato prima al corteggiamento di Catello Maresca e poi alla sua candidatura difesa tenacemente al tavolo del centrodestra anche opponendosi alle pressioni di Fratelli d'Italia che voleva puntare le proprie fiches sul figlio dell'ex governatore missino Sergio Rastrelli.

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Evidentemente quel ripensamento non ha dato i suoi frutti e anche per questo più che sui dirigenti locali Salvini potrebbe finire lui per primo nell'occhio del ciclone sia sul fronte interno del suo stesso partito che di quello degli alleati. Già lo scorso anno in Campania le avvisaglie del fracasso c'erano tutte. A Giugliano, la città non capoluogo di provincia più popolosa d'Italia, la Lega non arrivò neppure al 2%. Ma fu così ovunque: a Pagani (Salerno) il Carroccio superò di poco il 2%, a Cava de' Tirreni si fermò anche qui al 2%. Stessa storia nel Casertano, a San Nicola la Strada, con il 3%. O ancora nell'Avellinese, ad Ariano Irpino, il Carroccio non andò oltre il 5%. Anche per questo motivo Maresca era riuscito a imporsi con Salvini chiedendo loro di non esplicitare il simbolo leghista accanto alle liste che lo sostengono, convinto che se da un lato la Lega può trainare qualche percentuale di consenso, dall'altro la sola presenza di un partito che solo fino a qualche anno fa si rendeva protagonista di attacchi e strali indistinti contro i meridionali potesse essere una zavorra e un fattore respingente nei confronti dell'elettorato napoletano. Ora la Lega non c'è più, si è autoesclusa con l'incapacità di riuscire a consegnare correttamente persino una lista agli uffici elettorali.

Se in Campania e soprattutto a Napoli il Carroccio non sfonda, non va meglio altrove. In Calabria, dove pure la Lega poteva prevedere di avere un proprio candidato per le prossime elezioni regionali, Salvini è stato consigliato nel lasciare il passo al forzista Roberto Occhiuto. A Catanzaro si sarebbe potuto pensare di lanciare nella mischia il presidente di Regione leghista pro tempore Nino Spirlì, subentrato alla defunta Jole Santelli, ma le uscite pittoresche del sostituto presidente hanno consigliato altre scelte. In Sicilia pure è tutto un riallineamento dei potentati regionali verso un partito con maggiore appeal come Fratelli d'Italia che non ha la zavorra di un passato a trazione settentrionalista. E, risalendo lo Stivale, non va di certo meglio. L'ultima batosta, prima di questa esclusione napoletana, è arrivata dal Lazio, dove pure la Lega stava provando a mettere radici, con le dimissioni obbligate del sottosegretario Claudio Durigon, che da ex sindacalista stava provando a costruire la Lega all'ombra del Colosseo. Una serie di sconfitte politiche per Salvini che, seppur ancora al sicuro a capo del Carroccio per mancanza di pretendenti pronti a prendere il suo posto, paga anche le insofferenze dei tanti amministratori del Nord - in particolar modo del Veneto nei riguardi dell'ondivaga linea salviniana sul Green pass. Il processo interno nei confronti del «capitano» potrebbe ora arricchirsi con la disfatta napoletana.
 

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