Comune di Napoli, il sindaco
de Magistris appeso al suo voto

Comune di Napoli, il sindaco de Magistris appeso al suo voto
di Luigi Roano
Venerdì 9 Agosto 2019, 08:49
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Spirano venti di crisi in casa arancione, in 4 se ne vanno sul classico Aventino e hanno rinviato a settembre la resa dei conti finale con il sindaco Luigi de Magistris: in caso di mancato chiarimento, ipotesi non trascurabile, «ciascuno, da uomo libero, si muoverà di conseguenza» racconta il vicepresidente del Consiglio Fulvio Frezza. A oggi la maggioranza si compone del numero minimo di legge, 21 (compreso il sindaco) su 41 consiglieri, dire che è risicatissima è poco. Un de Magistris - tuttavia - che in queste ore è molto attento a un'altra crisi, quella del Governo. C'è il rischio del voto anticipato e l'ex pm non ha mai nascosto che in questo caso sarebbe in campo in prima persona. Il sindaco potrebbe cogliere al volo l'occasione della doppia crisi per lanciarsi nella corsa a uno scranno in Parlamento. E si votasse in primavera saremmo vicini anche alle Regionali con ancora un'altra opzione in campo che gli consentirebbe addirittura di evitare il voto per Palazzo San Giacomo. Scenari complessi ma allo stesso tempo molto verosimili.

 

SUL FILO
Un intero gruppo - Agorà, composto da Nino Simeone, Ciro Langella e dal fedelissimo della prima ora Carmine Sgambati - non ha votato il bilancio di assestamento astenendosi. Dopo un lungo e drammatico confronto tenutosi nell'Aula di via Verdi nel cuore della notte con lo stesso sindaco: «Anche tu Carmine non lo voti il bilancio?» la domanda di de Magistris a Sgambati. «No, caro Luigi, non lo voto e non lo votiamo come gruppo e lo facciamo in tua tutela perché bisogna darsi una svegliata» questo il dialogo che viene narrato da radio Consiglio. Vero? Falso? Magari qualche parola sarà stata diversa ma la sostanza - ci si può scommettere - è questa e il sindaco è rimasto spiazzato. Non da sottovalutare, in questo contesto, che Simeone è molto corteggiato dal Pd e in particolare dalle liste civiche vicine al governatore Vincenzo De Luca: Simeone, senza troppi giri di parole sarà in campo alle Regionali.
I NUMERI
In casa arancione il giorno dopo la maratona in Aula si contano i danni politici. A oggi la maggioranza si compone di 21 consiglieri, basta un raffreddore di uno di questi 21 - tra cui ci sono il presidente del Consiglio Alessandro Fucito e lo stesso de Magistris - perché manchi l'agibilità legale e soprattutto politica del Consiglio. Giusto per fare un esempio un flop sulla prossima manovra di bilancio significherebbe andare tutti a casa e commissariamento dell'ente locale. Chi sono i 21 indiani asserragliati nel fortino arancione? I Verdi, il cui appoggio alla maggioranza è esterno da quando non sono più rappresentati in giunta. In Regione sono schierati con il Pd e con il governatore De Luca, una strada tracciata anche per le elezioni del 2020. Gaetano Troncone del gruppo misto: una personalità che si dichiara in maggioranza ma capace di una grande autonomia quando si devono votare gli atti. Una maggioranza dove Sinistra in Comune non lesina critiche e assenze in Aula e si tratta di altri 4 consiglieri ciascuno con le sue idee. Anche qui ci sono ambizioni regionali che in questo momento declinano più verso De Luca. De Magistris può contare solo sugli 8 del gruppo di sua diretta emanazione, demA, sostanzialmente espressione del variegato mondo dei centri sociali, questa la sua spina dorsale da un punto di vista politico. Il sindaco per ora guarda al presente e si consola con il via libera al bilancio e su Fb si dichiara soddisfatto e invita i suoi «proseguire insieme questo cammino virtuoso per Napoli e i napoletani».
Ma sullo sfondo le parole di quelli di Agorà risuonano forti: la città che non funziona, scarsa attenzione verso le problematiche degli eletti del popolo, mancanza di comunicazione tra consiglieri e giunta. Soprattutto, mancanza di una regia politica, o meglio una regia affidata a pochi, pochissimi del cerchio magico di de Magistris, su tutti il direttore generale Attilio Auricchio, calamita delle principali critiche interne. Forse solo un rimpasto di giunta corposo potrebbe ricomporre gli arancioni. Sintetizza bene la situazione Frezza: «Si usano due pesi e due misure a seconda con chi si ha a che fare nella maggioranza - dice Frezza - sono due anni e mezzo che ho segnalato al capo di gabinetto un problema, lo dico a titolo di esempio, ma sono stato inascoltato. Mi sono dovuto rivolgere alla Procura, alla Regione, all'Arpac per affrontarlo e non mi sembra normale il silenzio della mia amministrazione. Per altri che puntano i piedi, che urlano, le cose vanno diversamente, ma io ho la mia dignità». E ancora: «C'è sofferenza in molto pezzi della maggioranza e la fiducia viene lentamente meno. Perché la fiducia è una cosa seria come recitava uno spot di un certo formaggio, bisogna guadagnarsela. Però la fiducia ha un limite e non è un problema solo mio. Se si vuole continuare a costruire un qualcosa si parta da questo, altrimenti a settembre da uomini liberi ciascuno deciderà il proprio futuro».
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