Comune sciolto per mafia, l'ombra del clan Orlando su Calvizzano

Comune sciolto per mafia, l'ombra del clan Orlando su Calvizzano
di Ferdinando Bocchetti
Mercoledì 18 Aprile 2018, 10:47
2 Minuti di Lettura
CALVIZZANO - Era nell'aria da tempo lo scioglimento del Consiglio comunale, per «le accertate ingerenze della criminalità organizzata», sancito ufficialmente ieri dal Consiglio dei Ministri. Nel comune di poco più di 12 mila anime, dunque, non si voterà il 10 giugno. Tutto slitterà di almeno 18 mesi, il lasso di tempo in cui la gestione amministrativa sarà nelle mani di una triade commissariale. Per Calvizzano è il primo scioglimento dettato dai condizionamenti della camorra nella sfera amministrativa. Camorra che a queste latitudini risponde al nome del clan Orlando, egemone nel comune di Marano e da qualche tempo anche nel limitrofo territorio di Calvizzano.

La fazione criminale avrebbe tentato di condizionare alcuni appalti e di entrare nel business del nuovo piano urbanistico comunale, adottato dalla giunta ma non ancora ratificato dal civico consesso. La commissione d'accesso, composta dal viceprefetto Rosanna Sergio, dal viceprefetto aggiunto Ciro Silvestro e dall'architetto Antonio Bruno, si era insediata nel settembre scorso e aveva concluso il suo percorso poche settimane fa, dopo cinque mesi di intenso lavoro, durante il quale sono state vagliate decine di determine e delibere. Gli elementi di criticità e le anomalie riscontrate negli atti amministrativi si sono inserite in un quadro generale già di per sé fosco.

Le recenti inchieste sul clan Orlando, condotte dalla Direzione distrettuale antimafia, hanno svelato intrecci e presunte collusioni tra la cosca e un importante esponente dell'amministrazione cittadina, retta fino allo scorso luglio dal sindaco Giuseppe Salatiello, stroncato da un infarto all'età di 50 anni. È Antonio Di Rosa (non indagato), ex vicesindaco e consigliere fino a qualche mese fa, l'uomo chiamato in causa da alcuni affiliati al clan di Marano. Di Rosa, titolare di un'impresa di carpenteria, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti sarebbe stato vittima di una tentata estorsione ma allo stesso tempo avrebbe avuto contatti particolari con gli uomini di punta della cosca. Il suo nome viene fuori da diverse intercettazioni. In una, in particolare, Mario Sarappo (attualmente detenuto) rimprovera i suoi sodali, sottolineando il fatto «che Di Rosa può tornare utile per il piano regolatore». E ancora: «Ce lo dobbiamo tenere buono, è un uomo ben voluto qua che ha già fatto diversi favori al clan». Il commissariamento del Comune è accolto con stupore dal vicesindaco Lorenzo Grasso, subentrato a Salatiello nella gestione dell'Ente: «Speravo in un esito diverso - spiega - Non ho mai avuto la percezione che vi fossero ingerenze della criminalità nella sfera amministrativa. Siamo tutti curiosi di leggere le motivazioni ufficiali, solo allora potremo valutare la possibilità di un ricorso al Tar, non per ragioni personali o politiche, poiché tutti sanno che non mi sarei ricandidato, ma solo per tutelare l'onore della comunità». 
© RIPRODUZIONE RISERVATA