Covid a Napoli, Lettieri e la grande crisi: «Agli imprenditori dico: impariamo a cambiare»

Covid a Napoli, Lettieri e la grande crisi: «Agli imprenditori dico: impariamo a cambiare»
di Gerardo Ausiello
Lunedì 2 Novembre 2020, 11:03
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Gianni Lettieri, presidente di Meridie Investimenti e patron di Atitech, da imprenditore come sta vivendo e affrontando la crisi Covid?
«È una situazione inaspettata, imprevedibile. Nella mia azienda, nei primi mesi di quest'anno, eravamo a più 31% rispetto allo stesso periodo del 2019. Chiuderemo l'anno con una perdita di fatturato e quindi non raggiungeremo gli obiettivi che ci eravamo prefissati, ma avremo comunque un discreto risultato grazie ad un'attenta politica di contenimento dei costi. Stiamo lavorando molto su aerei a lungo raggio e ci accingiamo a partire con modifiche di aerei da civile a cargo. Screening periodico a tutti i dipendenti».

Gli aerei non volano e dunque si riducono anche le attività di manutenzione. Quali le sue previsioni?
«Per ritornare ai volumi dello scorso anno bisognerà aspettare il 2022. Per Atitech sarà diverso: vi è un'enorme quantità di aerei fermi nei parcheggi a livello mondiale, che prima di ritornare a volare avranno bisogno di interventi di manutenzione; mi aspetto, quindi, una ripresa dell'attività, con volumi sostenuti sin dalla prossima primavera. Certo dobbiamo, anche in Italia, sconfiggere il Covid, come è successo in Cina e altri pochi Paesi, dove gli aeroporti sono di nuovo pieni e gli aerei volano regolarmente. Da noi è una desolazione vedere gli aeroporti vuoti».

I momenti di crisi servono ad accelerare processi, com'è accaduto con il salto tecnologico. In queste situazioni gli imprenditori devono essere predisposti a riconvertire le attività senza troppi ostacoli?
«Le crisi devono essere una opportunità per rinnovare, efficientare, non utilizzare le crisi per migliorare è peggio della crisi stessa.

Gli imprenditori lo sanno bene e devono adottare tutti gli strumenti necessari per salvare le aziende. Ed è proprio per questo che non ci possiamo permettere di licenziare i nostri lavoratori. Abbiamo davanti dei mesi difficili, la situazione potrebbe ancora peggiorare, ma dobbiamo tutelare la nostra manodopera qualificata, necessaria per la prossima ripresa. E per farlo serve uno sforzo comune, senza egoismi».

È favorevole a un secondo lockdown subito per arginare i contagi e, come dicono molti, tentare di «salvare il Natale»?
«Non vedo alternative, bisogna farlo prima possibile, nella speranza di ritornare ad avere un po' di agibilità per il periodo natalizio. È necessario, però, che contemporaneamente facciano arrivare gli aiuti promessi. Ci sono stati troppi ritardi nella prima fase: alle aziende è arrivato poco o niente e molte industrie, come la nostra, stanno anticipando la cassa integrazione ai dipendenti per milioni».

Come giudica le misure adottate finora dal governo? È stata la riapertura delle scuole a far esplodere i contagi? O il trasporto pubblico locale?
«Buone le intenzioni, molto meno la fase di attuazione. L'intermediazione delle banche, negli aiuti alle imprese, ha rallentato molto il processo: a distanza di mesi sono andate a buon fine solo 3 su 10 delle richieste di finanziamento fatte dalle imprese. Il governo deve continuare a concedere cassa integrazione ma azzerando completamente i costi per le aziende. Non vi è dubbio che prima le vacanze, poi la scuola hanno innalzato i numeri del contagio in maniera vertiginosa, lo dicono i dati: l'estate scorsa il governo avrebbe dovuto stanziare un bonus state a casa non un bonus vacanze. Il trasporto pubblico è un problema solo in quelle città, come Napoli, in cui è innanzitutto l'inefficienza del sistema a generare sovraffollamento».

Intanto ha chiuso anche la fabbrica Whirlpool.
«Il governo non può continuare ad inseguire la multinazionale. Vi è una sola cosa da fare, riconoscere uno sgravio contributivo completo sul salario dei lavoratori per 10 anni (o una sorta di compensazione economica) per abbassare il costo del lavoro del 30-40% senza comprimere la retribuzione netta, trovare un imprenditore anche piccolo e capace che prenda lo stabilimento e i dipendenti e, questo sì, costringere Whirlpool a sottoscrivere un contratto di fornitura a prezzi competitivi a 5-10 anni».

Le politiche di rigore del governatore De Luca se nella prima ondata sono state accolte con favore tanto da valergli la rielezione a larga maggioranza, nella seconda sono state oggetto di proteste sfociate anche in scontri di piazza. Alla Regione viene contestato, tra le altre cose, di non aver preparato adeguatamente l'offerta sanitaria nei mesi di tregua.
«Le politiche di rigore del presidente De Luca ci hanno salvato nella prima fase; i provvedimenti adottati nella seconda fase hanno suscitato proteste di piazza perché i cittadini pensavano che tutto fosse finito e, quindi, hanno mal sopportato queste nuove restrizioni; e perché esistono in città sia di fasce di estremisti, sia di gruppi di teppisti e delinquenti, ormai noti alle forze dell'ordine. Questi soggetti spesso non aspettano altro per devastare e rovinare anche manifestazione pacifiche, spinti, probabilmente, da interessi personali e delinquenziali. Quanto all'offerta sanitaria se ricordo bene alla Regione, in campagna elettorale, veniva contestato di aver speso milioni di euro per creare strutture definite inutili. Il sistema sanitario campano, con i mezzi a disposizione, ha invece risposto benissimo ed è stato portato ad esempio a livello internazionale. De Luca si è mosso nel modo giusto: siamo stati i primi in Italia ad avere disponibilità del vaccino antinfluenzale, ad aumentare la pensione minima a mille euro, a far arrivare i soldi a commercianti e piccole imprese».

A Napoli lei è arrivato due volte al ballottaggio. Che profilo dovrà avere il nuovo sindaco?
«Mi sono candidato per tentare di risollevare la città e permettere finalmente ai napoletani, ormai assuefatti a questo stato di cose, di vivere una vita migliore. Oggi il disavanzo del Comune è di circa 2 miliardi, nel 2011 era di 700 milioni. Concordai all'epoca una legge speciale per Napoli, un Dpcm, parola che adesso tutti conoscono bene, che riconosceva alla città 500 milioni, grazie ai quali avremmo quasi azzerato il disavanzo, e concedeva poteri speciali al sindaco. È stata un'esperienza straordinaria ma oggi sono tornato a occuparmi unicamente delle mie aziende, con la consapevolezza e la serenità di chi si è messo in gioco in prima persona. Il prossimo sindaco dovrà pensare solo a Napoli e non utilizzarla come un improbabile trampolino di lancio sulla ribalta nazionale, dovrà avere il profilo di una persona in grado di gestire situazioni complesse, dovrà volare alto. Dovrà inoltre avere la capacità e l'intelligenza di capire che deve rappresentare tutta la città e che deve interloquire con tutte le cariche dello Stato, a partire dal presidente della Regione. Anzi, il mio auspicio è che De Luca si faccia carico, in maniera sempre più pregnante, di Napoli. Sono certo che di fronte ad una nuova squadra amministrativa, brava e capace, il governatore non farà mancare le ingenti risorse europee che, in altre nazioni, hanno migliorato il volto di intere città».

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