Cultura a Napoli, intervista a Ferdinando Tozzi: «Un palazzo della musica nei capannoni dismessi»

Cultura a Napoli, intervista a Ferdinando Tozzi: «Un palazzo della musica nei capannoni dismessi»
di Luigi Roano
Martedì 22 Marzo 2022, 11:00
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Avvocato Ferdinando Tozzi lei è stato nominato dal sindaco Gaetano Manfredi - a titolo gratuito - nella triade della cabina di regia per il piano strategico della cultura per Napoli e si dovrà occupare di musica. Quali sono le sue idee e i progetti per la città?
«Sono e resto un giurista nel settore del diritto d'autore, un mestiere dove è più conveniente trasferirsi a Milano. Ho deciso di restare nella mia città e per dare un senso a questa scelta ho come obiettivo di creare un sistema di industria culturale: qui abbiamo talenti a iosa e poi si disperdono perché vanno via. Noi vogliamo fare in modo che restino con noi. Sto cercando di creare una sinergia con Milano dove c'è la musica, ma anche l'audiovisivo. Di qui il mio percorso con il sindaco. Lavoro con un gruppo allargato dove ci sono anche Sergio Locoratolo e Yvonne De Rosa».

E che ruolo deve avere il Comune in questa industria della cultura?
«Il Comune non deve essere un direttore artistico, deve dare infrastrutture di carattere immateriale e stiamo pensando a un ufficio della musica come quello già esistente per il cinema.

Per sviluppare un sistema di imprese. E strutture materiali come i luoghi della musica. Che a Napoli mancano».

Fare impresa significa essere concreti: può essere più esplicito?
«Intanto deve esserci un connubio molto stretto con il turismo e io lavoro assieme all'assessore Teresa Armato. Nello specifico, per la prima volta in 28 anni Napoli sarà città capofila per la Giornata della Musica il 21 giugno che vedrà protagonista Malika Ayane. Una bella soddisfazione, ma se poi il giorno dopo non resta nulla non abbiamo fatto bene il nostro lavoro. Quello che vogliamo costruire è qualcosa di duraturo. Anche se ci può costare qualche grande evento in meno nell'immediato».

Faccia qualche esempio.
«Napoli deve diventare capitale della musica, una music city. L'idea è quella di fare una fiera internazionale della musica sul modello di Womex (è la più grande fiera mondiale per tutti i generi di world music ndr) che un giorno speriamo di ospitare. In autunno vogliamo farne una e invitare i Paesi del Mediterraneo dalla Francia al Marocco. E magari anche un rappresentante della Womex. Iniziamo un percorso e uno scambio tra artisti che daranno vita a sinergie per promuovere creazioni musicali. Business e cultura devono andare assieme senza demonizzare il business».

Lo ha detto lei ed è una verità sacrosanta: a Napoli mancano luoghi dove ospitare questi eventi quindi sono solo sogni?
«Ci stiamo lavorando, mancano spazi al coperto. Abbiamo eccellenze come il Conservatorio di San Pietro a Majella con il quale la sinergia va rafforzata ma lì non si possono ospitare grandi eventi per motivi di spazio. L'idea è quella di utilizzare, senza consumo di suolo, edifici abbandonati, i grandi capannoni che ci sono nell'area est e nell'area ovest».

Come l'ex acciaieria di Bagnoli, il progetto era di farne la città della musica.
«Non abbiamo preso nessuna decisione, l'idea è quella di utilizzare quello che già è esistente per dare lustro, naturalmente, alla tradizione della canzone napoletana. E allo stesso tempo, portare culture musicali capaci di attrarre i giovani. Senza dimenticare l'audiovisivo».

La sensazione è che intorno a questo progetto del Comune ci sia un po' di freddezza. Artisti, scrittori, musicisti, nessuno ha detto una parola. Nessuna presa di posizione: come lo spiega?
«Non l'avverto però capisco che siamo abituati a una società in cui tutto è veloce, si fanno annunci uno dietro l'altro e qualcuno potrebbe dire ma in concreto che c'è?. Avremmo potuto annunciare un paio di eventi pure noi buttando un po' di fumo negli occhi. La nostra volontà è di dare una strutturazione imprenditoriale a questo mondo. Avere a Napoli non gente che fa una clip e scappa via come i nostri talenti. Stiamo costruendo le fondamenta per rendere duraturo il sistema cultura. Un'artista di grido porta una fiammata poi tutto finisce lì. Tutte le persone che hanno dubbi capiranno che avranno strutturalmente la possibilità di fare il loro lavoro. C'è grande rispetto per personalità come il Maestro De Simone che il sindaco andrà a incontrare presto. Ci deve essere osmosi tra pubblico e privato per avere sempre maggiori investimenti. Un sistema che dovrà autosostenersi». 

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