De Luca contro Salvini: «La sua autonomia differenziata è un suicidio, così spacca in due l'Italia»

De Luca contro Salvini: «La sua autonomia differenziata è un suicidio, così spacca in due l'Italia»
di Valentino Di Giacomo
Sabato 3 Settembre 2022, 09:00
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«La proposta di Matteo Salvini sull'autonomia differenziata? Un suicidio». Entra nel vivo della campagna elettorale anche il governatore della Campania, Vincenzo De Luca, lo fa nella sua consueta diretta Facebook del venerdì, ancora una volta ricca di invettive e bordate contro i propri avversari politici. Il presidente di Regione invita i cittadini a «stare attenti» al momento del voto, di ponderare bene la propria scelta. Gli affondi di De Luca arrivano in concomitanza con il vero avvio della campagna elettorale del Pd in Campania, con la presentazione dei candidati a Napoli e a Salerno. Stamattina, al teatro Sannazaro del capoluogo, arriveranno il commissario del Pd Campania, Francesco Boccia, i capilista nei collegi plurinominali di Camera e Senato Dario Franceschini, Roberto Speranza, Marco Sarracino e Susanna Camusso, e tutti i candidati nei collegi uninominali e plurinominali. Successivamente, alle 12.30, Boccia si sposterà a Salerno, al Polo Nautico, per presentare i candidati dem dei collegi uninominali e plurinominali della circoscrizione salernitana.

Nessun endorsement, invece, da parte di De Luca verso il proprio partito, ma attacchi rivolti a Salvini e Meloni. Le stoccate più forti arrivano sull'autonomia differenziata che, così come concepita nei programmi della Lega, penalizzerebbe il Sud. «Sull'autonomia abbiamo in testa due cose diverse: io il decentramento dei poteri e sburocratizzazione, Salvini vorrebbe per le Regioni ricche miliardi a disposizione mentre quelle povere sprofonderanno nella depressione, questa è una prospettiva di suicidio». Poi passa ad un esempio concreto su cosa potrebbe significare un'autonomia così applicata. «Vale a dire - dice De Luca - che anche gli stipendi da dare ai medici o al personale possono essere differenziati, le Regioni possono fare contratti integrativi, è evidente che le Regioni ricche offriranno di più e ci sarà una fuga dei medici verso il Nord». E aggiunge: «Questa è una battaglia di equità, non di parassitismo. Il sottoscritto è l'unico che sta combattendo per un riparto equo delle risorse». A stretto gira arriva la replica dei leghisti campani: «De Luca - risponde il coordinatore del Carroccio, Valentino Grant - sarà sicuramente molto preoccupato dai sondaggi, e quindi preferisce attaccare ogni giorno il nostro leader Matteo Salvini, piuttosto che preoccuparsi dei disastri che ha creato in Campania, dalla sanità alle ecoballe.

Il solito cabaret». Gli attacchi a Giorgia Meloni arrivano invece sulla pandemia. «La Meloni ha assunto in tv una immagine gradevole, molto ben costruita - ha detto - ma io non ammetto finzioni e mimetizzazioni. Nel pieno dell'epidemia Covid mentre noi buttavamo il sangue, la Meloni guidava i cortei contro le mascherine, contro la dittatura sanitaria, una bandiera italiana di venti metri per via del Corso e un occhiolino e qualcosa di più fatto ai no vax. Con loro al Governo avremmo vissuto una tragedia». 

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E, mentre De Luca entra a gamba tesa nella campagna elettorale, nel Partito democratico è ancora tempo di fibrillazioni dopo le candidature. Ad intervenire sono Umberto Del Basso de Caro e il presidente del Consiglio regionale, Gennaro Oliviero con una lettera. «Nell'estate del 2019 il Pd - hanno scritto - dopo aver votato tre volte contro, fu costretto a votare, in quarta lettura, a favore della riduzione del numero dei parlamentari. In cambio di questo inutile sacrificio venne solennemente assunto l'impegno di modificare l'attuale legge elettorale. Sappiamo tutti come è andata a finire. In tale situazione, buon senso e prudenza avrebbero consigliato di coinvolgere i territori e di renderli protagonisti delle scelte sulle candidature. Tre plurinominali sui sei risultano capeggiati da persone estranee alla nostra Regione ed altri tre assegnati con spietata logica correntizia. Metodi da basso impero sono indice di prepotenza, di insipienza politica ma, soprattutto, di incapacità da parte della leadership di leggere la politica. Compiremo, votando il Pd, un atto di fede ma non un atto di sottomissione». E annunciano: «Il 26 settembre, comunque, tireremo le somme». 

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