Debito, niente sconti a Napoli:
il no della Consulta fa tremare Dema

Debito, niente sconti a Napoli: il no della Consulta fa tremare Dema
di Luigi Roano
Mercoledì 5 Maggio 2021, 09:09 - Ultimo agg. 6 Maggio, 08:42
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L'effetto della sentenza della Corte Costituzionale del mese scorso, che senza entrare in tecnicismi difficili, stabilisce questo principio: non si possono i debiti sulle generazioni future. Cosa significa? Che per Palazzo San Giacomo torna lo spettro del dissesto considerato che entro la fine del mese va approvato il bilancio previsionale e giova ricordare che complessivamente il debito dell'ente di Piazza Municipio sfiora i 2,7 miliardi. Per la Suprema corte «l'orizzonte temporale» per «mettere a posto i conti» va accorciato da 27 anni a 3 o al massimo 5, la durata di un mandato. Vale a dire che il sindaco Luigi de Magistris dovrebbe mettere nel bilancio di previsione, che deve essere approvato entro il 31, l'intera somma. Oggettivamente impossibile, di qui il timore del default all'ultimo miglio, anzi extramiglio visto che senza pandemia si sarebbe votato a fine mese e non a ottobre. È la seconda volta in due anni che la Suprema corte dà ragione alla magistratura contabile e boccia la contabilità del Comune, l'anno scorso l'incostituzionalità fu rilevata nell'utilizzare le anticipazioni di liquidità dello Stato per pagare il debito e non i fornitori.

Questa volta si parte dal Comune di Lecce per finire a cascata in tutta Italia. Quello che viene fuori è però anche un dato politico: la Corte Costituzionale si rivolge al Parlamento e al Governo più che agli enti locali e alla magistratura contabile.

Non servono - nella sostanza - norme per posticipare il pagamento al prossimo secolo che è sinonimo di doping finanziario, ma soldi veri che può mettere solo lo Stato e deve farlo subito perchè gli enti locali da soli non ce la faranno mai strutturalmente a mettersi in pari con i debiti, anche per i tagli che ci sono stati. Solo a Napoli - ferme restando l'incapacità di riscossione delle tasse e di dismissione del patrimonio immobiliare da parte del Comune - negli ultimi 10 anni sono stati tagliati ben 2 miliardi di trasferimenti. E qui torna a splendere il mitico stellone di de Magistris. Inguaiata al pari di Napoli c'è Torino più circa un migliaio di enti locali prevalentemente collocati al sud tutti in predissesto amministrativo ma in dissesto di fatto e andranno al voto in autunno. La partita diventa politica. Il premier Draghi, che sui conti non fa sconti, ha recepito il messaggio dei giudici della Suprema corte e si sta adoperando non solo per il «ristori bis» che farà incassare tasse agli enti locali - Napoli per prima - che mai avrebbero incassato per intero come la Tari, l'Imu e la tassa di soggiorno, ma anche rimpinguare il fondo ad hoc per i «Comuni in predissesto». Per questo apparentemente a Palazzo San Giacomo sembrano tranquilli: la norma salva-conti per loro arriverà e anche in tempo utile. Ma la domanda vera è un'altra: in questo fondo ci sarà capienza per il caso Napoli ? E se così non fosse chi avrà il fegato di far fallire la terza città d'Italia in piena crisi economica?


IL FATTORE POLITICO
A Napoli, dunque, torna ad aleggiare lo spettro del default. Per fronteggiare la crisi degli enti locali il Governo si sta adoperando per neutralizzare il dissesto mettendo mano a un'altra anticipazione di liquidità per pagare almeno i fornitori. La stessa norma bocciata dalla Suprema corte difficile quindi salvare i Comuni andando a sfidare la Corte Costituzionale su questo terreno minato. Allora per Napoli - E Torino e molte altre città - ci potrebbe essere la possibilità di pagare le rette del debito tarandole sul «nuovo orizzonte temporale» nella sostanza servirebbe comunque un extrabudget di almeno 300 milioni. Non impossibile da trovare nel mare di soldi che stanno per annegare gli enti locali. C'è poi una opzione che potrebbe far slittare a dopo le elezioni amministrative l'approvazione del bilancio.

Un tema squisitamente politico perché sposterebbe l'attenzione sulla costruzione di una norma per i Comuni in difficoltà e che ha un suo perchè soprattutto se la si legge in funzione delle amministrative di ottobre dove andranno al voto Torino e Napoli entrambe con sindaci non ricandidati: Chiara Appendino per scelta sua e de Magistris perchè sta ultimando il secondo mandato. A Napoli i candidati in pectore Gaetano Manfredi per i dem e il presidente della Camera Roberto Fico per i grillini hanno posto come precondizione per scendere in campo una norma per salvare i conti degli enti locali e quindi anche Napoli. La sostanza è che la sentenza della Corte costituzionale basata su fatti finanziari potrebbe sbloccare l'impasse tra Pd e M5S nel chiudere l'alleanza e creare il centrosinistra allargato. Il gran fermento su questo scenario la dice lunga su come il calcolo politico sia prevalente rispetto ai conti dissestati o predissestati di Palazzo San Giacomo. In questo contesto però il primo vincitore è sempre de Magistris che comunque vadano le cose non vivrà l'onta del dissesto. Perchè nessuno immagina di far fallire la sgarrupata ex capitale del sud nel pieno della pandemia e della crisi economica.

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