Elezioni a Napoli, eletti e bocciati in consiglio comunale: fuori tutti i trasformisti, è il tonfo degli ex arancioni

Elezioni a Napoli, eletti e bocciati in consiglio comunale: fuori tutti i trasformisti, è il tonfo degli ex arancioni
di Adolfo Pappalardo
Martedì 5 Ottobre 2021, 23:30 - Ultimo agg. 6 Ottobre, 16:20
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Hanno cambiato partito, roteando a destra e a manca, ma alla fine il seggio in consiglio comunale non lo vedranno. Eccoli: sono i trasformisti, i voltagabbana, chiamateli come volete, che hanno avvelenato un’intera campagna elettorale sotto il sole cocente di luglio ed agosto ma alla fine sono rimasti a bocca asciutta (anche dopo una campagna de Il Mattino che invitava a non votarli). Prima di qua, poi di là. Dal centrodestra al centrosinistra di Gaetano Manfredi ma ancor di più moltissimi ex Dema, ex fierissimi portabandiera della rivoluzione arancione, che hanno cercato di riciclarsi. Invano. 

Il caso più eclatante è quello di Raffaele Del Giudice, ex vicesindaco a palazzo San Giacomo e, soprattutto, tra i maggiori cultori dell’ortodossia demagistriana. Non appena i giornali nei retroscena raccontano di una possibile candidatura nelle liste di Manfredi, lui fa fuoco e fiamme. Minacce di querela, insistenti e pressanti richieste di smentite ai sensi della legge sulla stampa, sino a che si mette in scena il plot che tutta Napoli sapeva da tempo: si dimette da assessore all’ambiente e corre a firmare per una candidatura in Napoli Libera, la civica deluchiana espressione del governatore della Campania. Proprio l’acerrimo nemico del sindaco. «Traditore», l’accusa il primo cittadino ma lui se ne esce con la più banale delle accuse: «Tradito dal fuoco amico....». Sarà ma le urne frenano le ambizioni del superassessore che prima di dimettersi aveva svariate deleghe: con appena 800 voti è trombato sonoramente. Stesso caso per Francesco Chirico, ultrà arancione ed ex presidente della II Municipalità, pure lui candidato con gli ex nemici deluchiani: con 609 voti non va proprio da nessuna parte... Ma non è andata meglio alle vecchie truppe arancioni che hanno cercato di mimetizzarsi tra le truppe un tempo avversarie pur di sedersi su una poltrona in consiglio comunale. Come Roberta Gaeta, anche lei ex assessora al welfare, che con 1075 voti con Manfredi rimane a casa. Non è andata meglio nemmeno a Marco Gaudini, anche lui ex assessore (ai trasporti) tra gli ultimi a cambiare squadra. Con Antonio Bassolino in corsa deve fermarsi ad 841 voti. Prende ancor meno voti (appena 276 preferenze) Gaetano Troncone, pure lui eletto nella maggioranza arancione e poi transitato con l’ex sindaco ed ex governatore. 

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Nel centrosinistra largo di Manfredi pure i casi si sprecano. A cominciare da Mimmo Palmieri, eletto con una civica di Lettieri e poi folgorato sulla via di de Magistris tanto che, a dicembre scorso salvò il sindaco sul bilancio garantendo il numero legale, pure non riesce a rientrare in consiglio. Candidato, stavolta con i Moderati, è il primo dei non eletti con 1.346 voti. E così per un altro folgorato da de Magistris come Ciro Langella. Ex re dei tassisti eletto con Lettieri ma poi passato con de Magistris. Ma ecco alla vigilia delle elezioni il salto con Maresca prima che i giudici amministrativi bocciassero la lista civica con cui Langella si voleva candidare. Ma il caso più eclatante rimane uno solo ed ha avvelenato la campagna elettorale del centrosinistra. Tra accuse e rimproveri di aver imbarcato di tutto. È il caso di Enzo Moretto, una vita tutta a destra.

Prima nell’Msi, poi in An e infine nella Lega che i giornali indicano come pronto a passare nella lista Azzurri per Napoli in coalizione con il centrosinistra di Manfredi. Tutti si indignano, a partire dall’ex ministro che dal suo staff fa partire una smentita sdegnata a ciò che i giornali raccontano. Poi, come in tutte le sceneggiate classiche della politica napoletana, ecco sparire Moretto per far apparire un’altra Moretto. Non c’è Enzo ma Romina. Sua figlia. Un classico: non c’è il padre ma i suoi voti. Dall’Msi al centrosinistra con salto supercarpiato che fa incavolare il senatore Sandro Ruotolo e lo scrittore Maurizio De Giovanni che si sentono presi giustamente per i fondelli. Forse anche gli elettori se bocciano la Moretto alle urne. Solo 751 voti. Altro che quel recordman del padre...

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