Veleni a Salerno, l'addio di Andria al Pd: «Con De Luca logiche padronali»

Veleni a Salerno, l'addio di Andria al Pd: «Con De Luca logiche padronali»
di Adolfo Pappalardo
Giovedì 18 Agosto 2022, 23:43 - Ultimo agg. 20 Agosto, 09:23
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«Ho messo il cronometro sul cellulare: appena nove minuti per approvare in direzione provinciale la lista dei candidati». Con questo dettaglio quasi insignificante, ma che non lo è affatto, Alfonso Andria, ex senatore, ex europarlamentare ed ex presidente della Provincia di Salerno spiega il suo addio al Pd. Con tanto di consegna della tessera del partito in mano ad un imbarazzato segretario salernitano, ieri mattina nella sede del partito. «Basta alle logiche padronali», è la sintesi di un addio al vetriolo in cui Andria prende di mira i deluchiani. 

«Il ripiegamento del partito a Salerno e nella sua vastissima provincia entro logiche padronali, il ricorso continuo a metodi assolutamente opposti ai principi ispiratori del Pd pur di affermare una egemonia, spesso basata sull’esercizio muscolare, di fatto ne mortificano la funzione e la natura, fino a contraddire la sua stessa denominazione», spiega Andria nella missiva spedita al Pd nazionale per comunicare il suo addio. Poi aggiunge: «L’individuazione delle candidature al Parlamento attraverso una riunione lampo della direzione provinciale, la fase tuttora in corso dei ritocchi alla compilazione delle liste a livello nazionale rendono l’idea non di un partito politico ma di un edificio dalle porte girevoli del quale servirsi a seconda delle convenienze.

Per me basta cosi». 

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È un addio fragoroso quello di Andria, uno degli ultimi dirigenti di un partito a Salerno che è a totalmente trazione deluchiana. «Non potevo rimanerci un minuto in più», si è sfogato Andria, ex suocero, tra l’altro, del parlamentare uscente Federico Conte che l’altro giorno ha rifiutato la candidatura perché in posizione non eleggibile. Vicenda, quest’ultima, che non c’entra direttamente ma aiuta a capire il clima a Salerno in un Pd fedelissimo a De Luca. E si è visto anche in questa tornata dove il compromesso con i vertici nazionali sulle liste è stato uno: il governatore si sceglie i nomi nei collegi di Salerno, altrove in Campania non è affar suo. Ed ecco che oltre a Piero De Luca capolista nel proporzionale, i collegi sono andati tutti a sue fedelissimi. A cominciare da Fulvio Bonavitacola, vice di De Luca alla Regione, e Luca Cascone, consigliere regionale eletto in una civica deluchiana. D’altronde Andria è il protagonista di uno scontro fratricida nel centrosinistra che si registrò nel 2006. In quella tornata delle comunali, infatti, duellarono l’allora deputato Vincenzo De Luca e l’europarlamentare Alfonso Andria per la carica di sindaco. Il primo con due liste civiche, il secondo con tutto il centrosinistra compreso i diessini vicini ad Antonio Bassolino, allora governatore. Fu una campagna durissima che dilaniò il centrosinistra tra veleni ed accuse. Poi si andò al ballottaggio e grazie all’appoggio del centrodestra la spuntò l’attuale governatore.

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«Prima si è proceduti al voto e poi al dibattito. Una cosa assurda ma - racconta Andria - tutto è stato fatto perché l’unico obiettivo era sistemare Piero De Luca a capolista del proporzionale. Candidato uscente sì ma non a Salerno, dove è stato sconfitto, perché è stato eletto a Caserta: era lì che dovevano discuterne. Non una parola invece su Eva Avossa, lei sì deputata uscente a Salerno». «Senza parlare dei collegi dove i posti sono stati occupati da due fedelissimi. Nel collegio della città è stato sistemato Fulvio Bonavitacola, dimenticando che si è dimesso per fare il vice presidente della Regione Campania». Uno schiaffo a qualsiasi logica e anche a qualsiasi liturgia di partito, secondo Andria. «Sono un uomo di partito. Anche un soldato ma per la mia storia - si sfoga - non posso fare il soldatino». 
 

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