Regionali, De Luca non teme l'effetto Salvini: pronte già due liste

Regionali, De Luca non teme l'effetto Salvini: pronte già due liste
di Adolfo Pappalardo
Mercoledì 29 Maggio 2019, 11:00 - Ultimo agg. 12:43
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In queste ore non passa inosservato l'assalto alle regioni rosse delle truppe leghiste. Così nel ristretto cerchio magico deluchiano si studiano numeri e flussi di Emilia, Umbria, Toscana (e anche il Piemonte dove Sergio Chiamparino ha perso la sfida per un altro mandato) per capire come arginare il vento che soffia. O meglio quale andatura prendere con questo vento. Certo il governatore si è detto soddisfatto con i suoi del risultato del Pd e, in particolare di quello del capolista Franco Roberti che lo rafforza nel rapporto con il segretario nazionale Zingaretti, ma il voto ha fatto emergere anche lesioni pericolose nella carena della nave deluchiana. A colpire negativamente è il risultato della provincia di Salerno. In teoria un territorio blindatissimo eppure il partito è finito al 18 quando a Napoli è al 20. E se non ci fosse stata Salerno città, la roccaforte di consenso del governatore, con il suo 27 per cento sarebbe andata ancora peggio. Mere questioni ragionieristiche? «Sin dai tempi di Bassolino, il partito a Salerno non è mai sceso sotto Napoli», fa osservare, non allarmato ma comunque perplesso, un deluchiano alle prese con i flussi di voto usciti dalle elezioni di domenica. Eccole le lesioni sullo scafo che, se non prese in tempo, possono diventare falle.

«Un candidato della Lega alle elezioni regionali? Li aspettiamo tutti a braccia aperte, ma in Italia un anno è un'epoca, aspettate, tra un anno e vedrete: si saranno ammosciati anche loro come il Movimento 5 Stelle», taglia corto ieri mattina il governatore a margine di una conferenza stampa. E pure sul presidente della Camera Roberto Fico che potrebbe prendere la leadership dell'M5S smorza con una risata: «A Fico? Ma dai, siamo seri....». È il giudizio sprezzante di Vincenzo De Luca sui due poli che in Campania potrebbero rendergli più complicata la partita della prossima primavera. Lo sa bene anche se dissimula e smorza, come è il suo stile, pur di non scoprire le sue carte.
 
Perché De Luca per il bis è già pronto e dopo i ballottaggi del 9 giugno, senza aspettare la ripresa della politica di settembre, si potrebbe iniziare a muovere la struttura deluchiana. Muovere in campo aperto perché a partire si è partiti da tempo. Anzitutto le liste. Ad oggi ne sono praticamente pronte 10. Griglie con alcuni nomi e in quasi tutte le province. Solo a Napoli quelle di Campania Libera e De Luca presidente sarebbero già completate. Pronte se pure si dovesse votare domani. E non è un caso. Su Napoli città, dove De Luca non hai sfondato, serve ora un rapporto vero da iniziare subito dopo che i flirt si sono rilevati brevi ed effimeri. Lui, il governatore, ritiene che ci siano i margini. Perché domenica Napoli con il 20 per cento al Pd e con il risultato di Roberti, il suo assessore regionale, che ha superato pure Berlusconi e Salvini, sembra intenzionata a mettere benzina nel motore deluchiano. O almeno è questa la percezione negli ambienti del governatore che ora studiano come muoversi in vista del voto dell'anno prossimo. Anche nel rapporto con il partito napoletano destinato, con il congresso d'autunno, a dotarsi di nuovi equilibri. Più riconducibili al governatore che nella federazione non ha mai sfondato. Perché il gruppo dei renziani di estrazione ex popolare (come Topo e Casillo) per ora possono solo fregiarsi dell'elezione a Bruxelles di Giosi Ferrandino. Mentre De Luca, che ci ha messo pubblicamente la faccia in iniziative pubbliche in cui ha chiesto il voto secco, porta casa l'elezione di Franco Roberti con un risultato che non era atteso in queste proporzioni. E vuol dire avere un rapporto diretto con il segretario nazionale Zingaretti. In sintesi De Luca direttamente o indirettamente diventa un regista vero nel partito e non il solito convitato di pietra con cui fare i conti. Senza contare, si pensa anche a questo, che il vento della Lega alla fine potrebbe pure favorirlo. Perché quell'elettorato e quegli opinion leader radicati nelle province che si sono sempre orientati (ed hanno veicolato il voto) verso il centrodestra, l'anno prossimo potrebbero guardare lui. D'altronde è il classico schema deluchiano. E lui in queste ore continua a dire con malcelato disprezzo: «Salvini? Facesse i tweet...».
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