Elezioni suppletive a Napoli, no di M5S al Pd: pressing per la Regione

Elezioni suppletive a Napoli, no di M5S al Pd: pressing per la Regione
di Adolfo Pappalardo
Venerdì 17 Gennaio 2020, 07:00 - Ultimo agg. 13:08
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L'incontro che poteva, a parlamentarie grilline già in corso, capovolgere tutto lo scenario non è andato a buon fine. Il ministro Provenzano e il presidente della Camera Roberto Fico ne hanno parlato ieri pomeriggio ma per un nome condiviso Pd-M5s, per il collegio del Senato, tutto si è arenato. Eppure i vertici nazionali democrat non demordono e, anzi, sono convinti come il processo sia ormai inarrestabile. «Non mi aspettavo che l'M5s facesse qualcosa di diverso dal candidare un suo attivista. Ma noi dovevamo e dobbiamo provare», dice, deciso, il vice segretario nazionale democrat Andrea Orlando a Napoli alla presentazione dell'ultimo numero di ItalianiEuropei con l'ex premier Massimo D'Alema.

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Anzitutto la descrizione della scena. D'Alema scruta la platea e si compiace come la sinistra napoletana, nelle sue varie declinazioni, è ben rappresentata. Come non si vedeva da molto tempo. «Vedo che c'è un pubblico che va oltre il dibattito della rivista», dice quasi memorizzando nella mente i presenti. Da Antonio Bassolino al notaio Tino Santangelo; da Salvatore Vozza al sindacalista Cgil Michele Gravano; dagli ex parlamentari Aldo Cennamo a Eugenio Mazzarella ad Arturo Scotto (con il naso ancora dolorante per l'aggressione di un gruppo di fascisti a Venezia la notte di Capodanno); dall'ex rettore Raimondo Pasquino all'ex sindaco di Giffoni, un tempo deluchiano, Ugo Carpinelli; dal segretario regionale Pd deluchiano Leo Annunziata a Mario Hubler sino a imprenditori come Francesco Izzo e i deputati Federico Conte e Michele Rostan. Senza contare come al tavolo (moderato da Simona Brandolini del Corriere del Mezzogiorno) ci siano giovani leve come il segretario pd Marco Sarracino e quello di Articolo Uno Francesco Dinacci. Ma è impossibile elencare tutti i presenti in una sala stracolma. «Hanno tentato di metterci il silenziatore ma non ci sono riusciti», aggiunge compiaciuto D'Alema che ormai è a suo agio nel ruolo di chi non è in Parlamento dal 2013 ma si è ritagliato un ruolo da padre nobile. E le presenze di ieri sera gli riconoscono in pieno ruolo. Il tema sono i trent'anni della caduta del muro di Berlino ma è normale che si viri sul patto tra Pd e grillini. Nonostante sia il giorno in cui tutto si è arenato. Ma D'Alema e Orlando rimangono fiduciosi. E si va avanti.

«Valuto positivamente la direzione presa dal Pd perché occorre - spiega D'Alema - ricostruire le condizioni di un'alternanza destra-sinistra». Non cita mai, e figuriamoci, Matteo Renzi ma bolla come «avventata la scelta dell'Aventino del Pd che favorì il governo M5s-Lega con la supremazia di quest'ultima. L'attuale esecutivo, invece, è un tentativo generoso ed è meglio di quello che appare». E le sardine? «È un movimento che fa una domanda di politica che non può rimanere inevasa».

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Tocca invece al vice di Nicola Zingaretti entrare nel merito delle alleanze. «Questa è una delle città in cui il populismo si è manifestato per prima con de Magistris e quello che succederà qui influenzerà tutto il livello nazionale. Per questo motivo proprio in Campania bisogna interloquire senza spocchia e senza subalternità per cercare un campo largo di centrosinistra 4.0. Altrimenti quello che abbiamo fatto al governo non ha senso», analizza Orlando che conosce bene Napoli per aver ricoperto la carica di commissario nel momento più difficile del Pd. E proprio Napoli, che ha anticipato il ciclone in salsa populista di Dema che ha poi travolto i democrat in città, può essere considerato ancora una sorta di laboratorio.
Anche se il no al patto per un nome unico con l'M5s per il Senato è una ferita dolorosa ancora da rimarginare: «Ma il Pd ha il merito di aver rimesso in moto la discussione di un modello di sinistra contro la destra», aggiunge. Infine il naufragio dell'accordo sul Senato su cui Orlando è duro con l'M5s. «Non mi aspettavo che il movimento facesse qualcosa di diverso dal candidare un suo attivista. Ma noi dovevamo e dobbiamo provare. Lo reputo però un gravissimo errore perché rischiano di indebolire il governo con i numeri di palazzo Madama e se ne prenderanno le responsabilità». E se qualcuno pensa che tutto si chiuda qui, si sbaglia perché si continuerà a perseguire il modello di allargamento anche per il voto di palazzo Santa Lucia: «Ancor più chiaramente penso si possa dialogare in Campania con i 5 Stelle e la scelta di avere un candidato loro al Senato non ferma questo processo di allargamento della coalizione». 
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