Emanuele Filiberto e la politica: «Ho detto tanti no, ora ci penso. E iscrivo le mie figlie alla Nunziatella»

Emanuele Filiberto e la politica: «Ho detto tanti no, ora ci penso. E iscrivo le mie figlie alla Nunziatella»
di Maria Chiara Aulisio
Domenica 5 Maggio 2019, 08:30
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Fine settimana napoletano per Emanuele Filiberto di Savoia, nipote dell'ultimo re d'Italia, innamorato di questa città al punto da ragionare sull'ipotesi di prendere casa. A Posillipo, manco a dirlo, a due passi dal mare, per addormentarsi, e svegliarsi, «ascoltandone il rumore». Televisione e affari, per il principe, da Ballando sotto le stelle - «soprattutto per farmi conoscere dagli italiani dopo 32 anni di esilio» - al Food Truck Gourmet, un ristorante stellato itinerante a un terzo del prezzo - «ero a Los Angeles e volevo cibo italiano ma c'erano solo burgers o tacos o spaghetti cinesi, e allora mi son detto: preparo un po' di pasta fresca e la mangiamo subito». Detto, fatto. Con un furgone attrezzato a cucina, Emanuele Filiberto comincia a vendere fettuccine e tagliatelle nelle strade della California fino a farle diventare un vero e proprio brand che ormai viaggia da solo.

Da San Diego a Napoli. A che cosa dobbiamo la sua visita?
«Più di una ragione».

La prima.
«Visitare la Nunziatella, sto pensando di portarci le mie figlie. Mi piacerebbe se finissero lì il percorso scolastico. La più grande ha quasi sedici anni, la seconda tredici. Studiano a Parigi ma vorrei che frequentassero la scuola militare napoletana».

Alta formazione. Una delle più antiche istituzioni d'Italia.
«Certo, lo so bene: preparava la classe dirigente del Regno delle due Sicilie, compreso Carlo Pisacane, che ai Borboni si ribellò fino alla morte nella spedizione di Sapri. E poi Vittorio Emanuele III e Amedeo d'Aosta, entrambi hanno studiato lì».
 
Figlie a Napoli, dunque. Avrà bisogno di una casa.
«Bello. Purché vicino al mare. Villa Rosebery?».

Non la danno.
«Non la ridanno, direi, visto che ce l'hanno tolta. Nel 1934 si chiamava Villa Maria Pia, la prima figlia del principe Umberto».

Roba vostra, insomma.
«Eh sì. Non è il Quirinale che è sempre stato appannaggio dello Stato, Villa Rosebery era patrimonio personale di Casa Savoia. Comunque sto scherzando, non voglio mica ripercorrere la storia, ci mancherebbe».

Prima ragione: visita alla Nunziatella per iscrivere le figlie, qual è la seconda per cui è qui?
«Il miracolo di San Gennaro. Un evento che mi appassiona. Sono già venuto l'anno scorso ma è sempre una emozione nuova. La verità? Ogni occasione è buona per passare qualche giorno a Napoli».

Ha sentito dell'agguato in piazza Nazionale: una nonna e e una bimba ferite durante una sparatoria.
«Ecco, questo è il problema. Non è accettabile che si rischi la vita facendo una passeggiata in pieno pomeriggio nel centro di una qualunque città. Napoli è la punta dell'iceberg ma non è che altrove siano messi meglio».

Qui forse la situazione è un po' più grave.
«Probabilmente sì. In ogni caso è arrivato il momento di muoversi, ma non riesco a vedere un serio progetto di rinascita. Si governa con gli slogan, niente fatti e tante parole. Così, purtroppo, non si va da nessuna parte».

Sta forse pensando di scendere in politica?
«Ho ricevuto più di una proposta da diverse sigle politiche che mi offrivano una candidatura alle europee: le ho rifiutate tutte anche se, in futuro, non escludo di farlo».

Con quale schieramento?
«Un recente sondaggio dava al dieci per cento un partito, non dico monarchico, ma con quella connotazione. Oggi in Italia si sono persi i valori essenziali per far crescere i giovani in un paese stabile e sicuro».

Così vuole provarci lei.
«Un pensiero che mi torna in mente con sempre più forza. Non ne posso più di vedere i giovani migliori costretti ad andare a studiare all'estero perché qui poi non c'è lavoro. Per non parlare dei ragazzi del Sud, penso a quelli di Napoli, pronti a partire per le città del Nord dove, dopo la laurea, qualche opportunità in più c'è. E poi sindaci indagati, presidenti arrestati, un malcostume dilagante».

Quindi?
«Ognuno dovrebbe riuscire a rimanere a casa sua per valorizzare e far crescere la città in cui è nato. E ciascuno dovrebbe vedersi la vecchiaia assicurata. Incontro nonni e nonne che hanno fatto l'Italia pagando tasse tutta la vita e adesso non hanno i soldi neanche per arrivare alla fine del mese».

Ricapitoliamo le ragioni della sua permanenza napoletana: visita alla Nunziatella per iscrivere le figlie, il miracolo di San Gennaro, e poi?
«Il progetto benefico promosso dalla delegazione per la Campania degli Ordini dinastici di Casa Savoia presieduta da Mariano Rocco di Torrepadula. Stiamo realizzando un Banco alimentare, e dei generi di prima necessità, per la gente di Pizzofalcone e del Pallonetto di Santa Lucia».

In che cosa consiste questa iniziativa?
«Nel raccogliere denaro, ma non solo, per l'acquisto di cibo, medicine e tutto quello di cui le famiglie che ci saranno indicate avranno bisogno».

Non solo soldi, diceva.
«Certo. I benefattori potranno farsi carico di comprare personalmente ciò che serve. La parrocchia dell'Immacolata a Pizzofalcone metterà a disposizione i locali e il personale per raccogliere la merce e distribuirla alle famiglie bisognose».

Nunziatella, miracolo di San Gennaro e Banco alimentare. Basta così?
«No».

Che altro manca?
«Il piatto di spaghetti con i ricci di mare e un branzino fresco che ho mangiato venerdì sera da Cicciotto a Marechiaro».

L'hanno presa per la gola.
«Come si mangia qui a Napoli... Da impazzire. E poi la pizza, ogni volta che mangio una Margherita, l'ultima dal bravissimo Brandi, ci scherzo su e mi chiedo sempre perché non abbiamo registrato il nome per incassare le royalties. D'altronde per il Food Truck ho scelto uno chef napoletano, Generoso Celentano, un nome, una garanzia».
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