G20 a Napoli, il patto dei Grandi del mondo in difesa dell'acqua

G20 a Napoli, il patto dei Grandi del mondo in difesa dell'acqua
di Gigi Di Fiore
Venerdì 23 Luglio 2021, 08:05 - Ultimo agg. 18:49
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Un grande applauso accompagna l'approvazione della «Communiqué», l'accordo raggiunto da ministri, esperti e tecnici nella prima giornata del G20 su ambiente, ecologia e clima in programma al Palazzo Reale di Napoli. Spiega il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani: «È stato un lavoro iniziato nella notte e proseguito per tutta la giornata. Un dialogo preceduto da febbraio da 17 tra incontri e workshop internazionali di preparazione». L'intesa farà da traccia alla conferenza sul cambiamento climatico delle Nazioni unite (il COP26) che si terrà a Glasgow dal 9 al 20 novembre. Sette pagine per 25 articoli con 10 punti: ecco l'accordo sull'ambiente, tema della giornata iniziale del primo G20 dopo la riapertura post Covid. 

Tutti d'accordo, ministri e tecnici, che difendere i terreni degradati, ripristinare l'ecosistema inquinato sia tema fondamentale nel legame tra i mutamenti del clima e le minacce alla natura e al suolo. Dice il ministro Cingolani: «Siamo stati tutti consapevoli che curare il degrado del territorio, con le bonifiche e il razionale utilizzo delle risorse agricole, sia essenziale.

A questo tema si collega il problema dell'accesso al cibo, che è diverso nelle varie aree del mondo».

Il 30 per cento del cibo che finisce nei rifiuti produce anidride carbonica e causa mutamenti climatici, oltre che povertà. Da qui la certezza del ministro: «La povertà e le differenze tra Paesi ricchi e poveri si combattono anche partendo da interventi e intese sui temi dell'ambiente». 

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Per fornire aiuti concreti nella gestione dei luoghi naturalistici Unesco, l'Italia, anche dopo gli incontri bilaterali con l'inviato americano John Kerry e la ministra francese Barbara Pompili, ha proposto la creazione di un network mondiale di esperti ambientali. L'obiettivo è «avviare uno strumento utile per aiutare gli enti gestori di aree protette e territori di eccellenza di alto valore naturalistico riconosciuto dall'Unesco». Un supporto tecnico, insomma, per conservare e salvaguardare ecosistemi e biodiversità minacciate dai cambiamenti climatici.

Anche la differente distribuzione della risorsa acqua è causa di differenze e povertà. Il recovery fund dell'Italia prevede la riparazione di 24mila chilometri di acquedotti che hanno perdite e disperdono acqua. Uno spreco, mentre in tanti Paesi poveri molti non hanno acqua potabile e devono procurarsela lontano. Ma la gestione dell'acqua significa anche gestione delle risorse marine e del controllo di un razionale sfruttamento della pesca, fonte principale di alimentazione in più del 30 per cento dei Paesi nel mondo. Spiega il ministro: «Saranno necessari accordi graduali, anche per difendere le aree marine protette. È stato confermato l'impegno all'eliminazione della pesca non sostenibile e illegale». 

 

Un occhio particolare nell'intesa sull'ambiente è stato rivolto all'inquinamento marino provocato dalla plastica, con un vero riciclaggio. È la cosiddetta «circolarità dei materiali», con traguardo fissato al 2030. Al mare viene associato il tema delle «città sostenibili», che significa ridimensionamento dell'inquinamento provocato da mobilità (auto e altri mezzi di locomozione), riscaldamento, attività diverse. L'accordo considera fondamentale ridurre la produzione di ossido di carbonio nelle città. Ma, per realizzare gli obiettivi indicati nel documento sull'ambiente, viene considerato essenziale il contributo dei giovani. Spiega il ministro della Transizione ecologica: «Va bene indignarsi sull'inquinamento, ma poi bisogna contribuire ai comportamenti che lo evitano. Da qui il valore che si dà all'educazione, che mi ha sottolineato anche John Kerry come traguardo determinante». 

Per raggiungere gli obiettivi dell'intesa, occorrono fondi. E meccanismi di finanziamento agli investimenti e alle innovazioni verdi. Dice il ministro Cingolani: «Ai colloqui hanno partecipato gli emissari di Onu, Fao e di alcuni Paesi africani come osservatori. Dobbiamo raggiungere i 100 miliardi di contributi dei Paesi più ricchi a quelli in via di sviluppo, che hanno più difficoltà a raggiungere limiti di emissioni di anidride carbonica, di riconversione delle fonti di energia, di interventi per la biodiversità e la tutela dell'ambiente». E, su questo, commenta il direttore generale della Fao, Qu Dongyu: «La sfida globale è far fronte a una crescente domanda di cibo e di altri prodotti agricoli riducendo al tempo stesso le emissioni di gas a effetto serra e conservando la biodiversità». E ancora: «Gli attuali livelli di investimento sono del tutto inadeguati».

All'intesa sull'ambiente è seguita la cena di gala tra i rappresentanti delle 18 delegazioni presenti nella prima giornata, tra cui dodici ministri. Grande tavola al primo piano di Palazzo reale, con catering affidato all'azienda napoletana di Mattia D'Angelo. Oggi, seconda e ultima giornata del G20 napoletano. Stavolta, i temi saranno più delicati e d'intesa meno agevole: clima e energia. Sono quelli che dividono di più, con la famosa questione delle emissioni di carbonio e la riduzione entro il 2050 del limite di riscaldamento globale che gli Usa, come l'Italia, vorrebbe fissare in 1,5 gradi. 

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