Luigi de Magistris: «Il mio ciclo a Napoli è finito, in molti hanno tradito»

Luigi de Magistris: «Il mio ciclo a Napoli è finito, in molti hanno tradito»
di Luigi Roano
Venerdì 27 Agosto 2021, 11:00 - Ultimo agg. 28 Agosto, 07:19
6 Minuti di Lettura

Allora sindaco Luigi de Magistris, l'avventura arancione a Napoli sembra al capolinea: alcuni pezzi della sua giunta vanno con Manfredi, altri con Maresca, altri ancora con Bassolino. Mentre la sua candidata Alessandra Clemente sembra sola. Sembra si tratti di trasformismo di gente che va con il cappello in mano. Tuttavia il dato politico è che c'è una fuga dal suo Movimento, come stanno le cose?
«Il tema è che ho rappresentato in dieci anni - in queste due avventure forti, anomale e rivoluzionarie - un riferimento attrattivo per mondi che non sarebbero stati mai insieme come è accaduto nel 2011 e ancora di più nel 2016, una cosa non ripetibile».

Ovvero?
«Abbiamo messo insieme i centri sociali, la borghesia, le fasce più popolari della città, tutti si sono ritrovati sul mio progetto e sulla mia squadra. Verso la fine del secondo mandato e con la campagna elettorale in atto questo elemento si è rivelato la forza del progetto, ma anche una debolezza».

Sia più chiaro.
«È di forza perché vede un leader che è in grado di vincere contro tutti e senza partito: ho sempre battuto sia il Pd che il M5S. L'unica volta che il Pd ha vinto è per l'elezione al Senato di Sandro Ruotolo perché ci stavamo noi. La debolezza è che pur essendo cresciuto il Movimento non è riuscito a camminare con gambe proprie quando non sono io in campo. Questa è una prima spiegazione alla quale va aggiunto che mi candido in un'altra regione, la Calabria, e sarò fisicamente lontano da Napoli».

Perdoni la franchezza, la sua analisi però evidenzia una auto-assoluzione sul suo progetto politico e sembra anche un'accusa alla Clemente non trova?
«Non si è riusciti finora ad allargare a sufficienza il gruppo attorno ad Alessandra Clemente, pur essendo una proposta buona e che doveva crescere.

Il secondo elemento è che non tutti hanno ritenuto di continuare fino alla fine con la proposta di Alessandra. E qui ci sono alcune considerazioni da fare».

Vale a dire?
«Trovo fisiologico che venuto meno il leader candidato ci sia stato un pezzo che è andato con Alessandra. Quindi un altro pezzo ha fatto altre scelte, poi ci sono quelli che alla fine hanno dimostrato in qualche modo di andare alla ricerca di una poltrona in politica più che di un progetto politico».

Senza nomi e cognomi è molto fumoso inquadrare questa divisione della sua giunta.
«C'è la componente giovanile che sta con la Clemente, penso a Giovanni Pagano, Luigi Felaco, Rosaria Galiero e altri ancora. Che pure in un momento di difficoltà hanno scelto di rappresentare l'unica proposta alternativa veramente forte. Quelli più esperti come Ciro Borriello e Francesca Menna vanno da un'altra parte come il M5S ma continuano a portare il nostro progetto politico in un campo più largo. Poi ci sono dei casi che rappresentano una delusione che hanno motivato la scelta con argomentazioni risibili».

A chi si riferisce?
«Penso a Raffaele Del Giudice che è stato fortemente difeso da me e da tutta la giunta in momenti in cui era anche difficile farlo di fronte a situazioni che non sempre funzionavano bene. Ha fatto scelte sul piano politico poco coerenti dove si ha la sensazione di una scelta di tipo trasformistico».

C'è un tema politico di fondo da chiarire: cosa resta di demA e degli arancioni? La sensazione di dissolvimento è reale.
«È vero che ci sono state emorragie rispetto al movimento originario e a questa campagna elettorale poco entusiasmante, ma è anche vero che si stanno anche allargando gli spazi in cui quelli che hanno lavorato con noi stanno andando avanti. Le persone che sono state con me non si stanno dissolvendo. Per me Napoli è centrale soprattutto perché questa esperienza straordinaria che sto facendo in Calabria, mi porta a lavorare in un Movimento fortemente meridionalista. Che in un momento difficile del Paese serve per unire e non per dividere anche in vista delle elezioni politiche del 2023. Napoli è una forza, è la capitale del Mezzogiorno, mentre la Calabria è oggi la vera questione meridionale. Noi in Calabria presentiamo sette liste e da presidente della Regione Napoli resterà sempre centrale per un movimento meridionalista».

Il duello spesso ruvido con il governatore Vincenzo De Luca, se potesse tornare indietro lo porterebbe avanti allo stesso modo? Del resto potreste ritrovarvi come governatori in Conferenza Stato-Regioni.
«Quando c'è una situazione di così grande tensione politica e istituzionale non è mai negativo interrogarsi se si è fatto tutto in maniera giusta. Quello che posso dire è che l'atteggiamento di tendere sempre la mano l'ho sempre tenuto io, anche di fronte a dichiarazioni scorrette. Alla fine c'è stata una posizione in cui la Regione ha cercato di mettere in difficoltà Napoli. Non sarebbe male ragionare sul futuro, mi auguro di collaborare con De Luca quando diventerò presidente proprio per l'importanza del Sud, sarebbe un bel segnale se nessuno portasse scorie».

Torniamo a Napoli: resta il fatto che lei non lascia alcuna classe dirigente.
«Alla fine ci hanno tanto criticato, ma fanno a gara a chi si piglia alcune delle nostre personalità: vuole dire che la squadra era forte e che abbiamo lavorato bene. L'altro dato è che mi sembra che si percepisca che si è alla fine di un ciclo, gli apparati erano stati messi da parte oggi non è così. Ma Napoli al di là delle negatività e di quello che non ha funzionato nella mia esperienza non è più il luogo dove non si poteva camminare perché c'era la spazzatura, oggi non si cammina perché ci sono tanti turisti. Napoli ora è una città che ha una sua autonomia e una sua potenza».

Nella sua prima intervista al Mattino del primo giugno 2011 parlava di un nuovo centrosinistra e dell'alleanza con il Pd, ma tutto questo non è mai avvenuto: perché?
«Lo diceva anche l'allora leader del Pd Andrea Orlando. È vero che non sono stati fatti passi in avanti per un campo largo. Forse dopo la vittoria del 2016 si poteva fare qualcosa di più. Oggi abbiamo un quadro simile, di diverso è che non ci sono io. Senza di me possono tornare a vincere proprio perché non ci sono simili personalità. Credo sia da apprezzare che non sto facendo a Napoli campagna elettorale come sono solito fare. L'obiettivo è portare Napoli alla transizione con il prossimo sindaco, mi sembra giusto così, sono stato votato in maniera trasversale e devo rispettare tutti».

E la Clemente cosa ne pensa?
«Voto Alessandra e credo che non vinca nessuno al primo turno, Manfredi ci sta provando, ma non credo che ci riesca e la Clemente assieme a Bassolino sono i due candidati che possono crescere di più. Non è scontato il ballottaggio Manfredi-Maresca».

Si dimetterà alla presentazione delle liste?
«La decisione finale la prenderò il 4 settembre quando depositeremo le liste, ma la mia intenzione è quella di non dimettermi, anche per questo ho deciso di non partecipare alla campagna elettorale. Credo sarebbe molto negativo affidare a un funzionario la guida della città in una fase così delicata se anche per soli due mesi».

La nostra chiacchierata è finita, dopo dieci anni da sindaco cosa le rimane di questa avventura?
«La cosa più bella è che la città ha riscoperto la sua anima e la sua identità. E poi il mio rapporto con i napoletani: carnale e diretto, sono stati loro il mio partito». 

© RIPRODUZIONE RISERVATA