Maradona, Scotti ricorda l'operazione Barcellona: «Così convinsi il Banco di Napoli, ma Pannella si opponeva»

Maradona, Scotti ricorda l'operazione Barcellona: «Così convinsi il Banco di Napoli, ma Pannella si opponeva»
di Valentino Di Giacomo
Venerdì 27 Novembre 2020, 13:00 - Ultimo agg. 20:58
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«Tra Pannella, le elezioni europee e la morte di Berlinguer, l'acquisto di Diego poteva saltare. Dopo sono saliti tutti sul carro del vincitore, ma quando decisi nel 1984 di fare ogni sforzo per aiutare Ferlaino a comprare Maradona non tutto il mondo politico era d'accordo. A molti sembrava uno schiaffo alla miseria». Nella sterminata aneddotica su Diego, tra mito e realtà, c'è un capitolo che riguarda l'allora sindaco di Napoli, l'influente Dc, Enzo Scotti, che riuscì caparbiamente a intercedere con l'allora direttore del Banco di Napoli, Ferdinando Ventriglia, per consentire l'arrivo di D10s in maglia azzurra. E per comprendere cosa significò allora quella mossa bisogna calarsi completamente nello spirito del tempo e di quella politica. In quell'afoso giugno con una Giunta comunale tenuta flebilmente in piedi dal pentapartito che a Roma reggeva pure le sorti del governo Craxi con sette ministri campani, la drammatica scomparsa del leader del Pci Enrico Berlinguer (11 giugno), le elezioni europee (17 giugno). Nel mezzo la ricostruzione post-sisma e Scotti governò poco più di 100 giorni, dopo aver vinto le elezioni, da aprile ad agosto 1984.

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Come andò?
«Sulla trattativa non ho mai rivelato dettagli, spesso ricostruiti male, ma ora è giusto farlo.

L'arrivo di Diego fu una questione politica, ma soprattutto per ridare slancio alla città. Era importante stimolare l'orgoglio dei cittadini e fare qualcosa che unificasse i napoletani e pure la mia Giunta. Ci sono esempi di questo tipo nella storia in complesse situazioni sociali: dalla vittoria di Bartali al Tour a Nelson Mandela che cambiò il Sud Africa anche con una partita di rugby. Con Maradona non fu facile perché il consenso sull'operazione non fu unanime».

Come andarono le cose?
«Ero molto amico di Ferlaino, uomo generoso che guardava oltre e sapeva rischiare di suo. Credo fosse il 6 giugno quando mi disse disperato il Barcellona rifiutava di vendergli Maradona». Servivano tanti soldi. Quattordici miliardi di lire, il più costoso acquisto nella storia. Il Napoli riuscì a chiudere una sponsorizzazione milionaria con la Cirio attraverso la Sme, ma il Barcellona chiedeva una fideiussione come garanzia. Chiesi così il direttore del Banco di Napoli, l'amico Ferdinando Ventriglia, di tenere una riunione urgente per dare le garanzie su quella sponsorizzazione. Sembrava tutto fatto, poi all'improvviso stava per saltare tutto».

Perché?
«Nel frattempo Marco Pannella, allora anche consigliere comunale a Napoli e che pure sosteneva la mia maggioranza, fece un'interrogazione e sollevò un attacco durissimo contro l'acquisto di Diego. Ma non fu l'unico».

Come mai Pannella si opponeva?
«Diceva che di fronte ai problemi economici e sociali che viveva la città non si poteva impegnare il Banco di Napoli per una simile operazione. Così si trovò un cavillo: quando la banca concesse la garanzia ci si accorse che la delibera del presidente della Sme che controllava la Cirio era viziata dal fatto che questi non era autorizzato a concedere la sponsorizzazione al Napoli. Non solo, ma per comprendere bene le pressioni di allora, ciò spinse la Banca d'Italia a rimuovere dalle sue funzioni il dirigente del Banco di Napoli che concesse la fideiussione».

E lei cosa fece?
«I margini di manovra erano ristrettissimi. La mia maggioranza già traballava e c'era il progetto di coinvolgere in Giunta anche il Pci, ma la morte di Berlinguer congelò qualsiasi trattativa insieme alle imminenti elezioni europee. Al comizio di De Mita in piazza del Plebiscito del 15 giugno c'erano i tifosi a chiedere cosa volevamo fare. Così, contro molti, convinsi Ventriglia a far riunire il cda della Sme e fargli avere la garanzia fideiussoria per far rifare la delibera al Banco di Napoli. Con questo intervento si sbloccò la situazione al fotofinish, Diego era nostro, ma il difficile venne dopo».

In che senso?
«Quando poi Ferlaino acquistò Diego a quel punto il Napoli doveva vincere altrimenti mi sarei giocato la reputazione, me lo avrebbero rinfacciato per sempre».

Il riscatto per Napoli c'è stato?
«Sì, rispetto alla Napoli di quegli anni, ma si deve fare ancora tanto».

Un aneddoto su Diego?
«Oltre a vedere il suo arrivo ho visto anche la sua partenza quando ero ministro dell'Interno. Ero a Fiumicino quando, di fatto, scappò dall'Italia nel 1991. Ma non le dico altro, sono solo orgoglioso di aver fatto la mia parte per aver contribuito a portare a Napoli il più grande di tutti».

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