Mezzogiorno, rivolta in Forza Italia:
«Nel partito c’è una deriva nordista»

Mezzogiorno, rivolta in Forza Italia: «Nel partito c’è una deriva nordista»
di Valentino Di Giacomo
Venerdì 9 Marzo 2018, 08:37 - Ultimo agg. 10:34
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Lotta aperta al cosiddetto «asse del Nord». C’è aria di tempesta in Forza Italia dopo il risultato elettorale e i tanti segnali di ammiccamento tra alcuni dei parlamentari forzisti eletti al Nord con i vertici della Lega. Un idillio tra pezzi dei due partiti suggellato dal pranzo di mercoledì scorso tra Toti e Salvini. Per provare a frenare la «deriva nordista» è stata indetta per la prossima settimana una riunione tra tutti i coordinatori meridionali di Forza Italia. Tutti sulla stessa linea i big del partito al Sud che già lunedì potrebbero incontrarsi per mettere a punto un documento condiviso da portare nell’assemblea dei gruppi parlamentari che si svolgerà mercoledì prossimo alla presenza del presidente Berlusconi. Frequenti in queste ore i contatti tra il coordinatore campano Mimmo De Siano, Jole Santelli (Calabria), Luigi Vitali (Puglia), Gianfranco Micciché (Sicilia) e Giuseppe Moles (Basilicata).

L’obiettivo è dare un chiaro segnale al partito, ma anche rivendicare i risultati ottenuti che testimoniano come i consensi di Fi siano stati superiori al meridione che nel resto d’Italia. 

Al telefono i vari big forzisti del Mezzogiorno fanno i conti e analizzano i risultati del voto. «In Emilia Romagna – spiegano – Forza Italia non ha raggiunto neppure il 10%, in Veneto si è arrivati con fatica alla doppia cifra, in nessuna regione del Nord il partito ha superato il 15%, percentuale raggiunta faticosamente solo in alcuni collegi della Lombardia e del Piemonte». Percentuali abbastanza inferiori a quelle ottenute da Forza Italia al meridione che quasi ovunque ha raggiunto oltre il 20% dei voti, con alcuni picchi in Sicilia, nonostante la pioggia di preferenze incassata dal Movimento 5 Stelle. «Eppure – raccontano i forzisti meridionali - grazie a questa legge elettorale che privilegia le coalizioni, sono stati eletti più parlamentari al Nord che i nostri». 
Uno scenario annunciato. Già lo scorso ottobre, alla vigilia dell’approvazione del Rosatellum, molti dei parlamentari di Forza Italia misero in guardia Berlusconi sulla possibilità che questo sistema elettorale avrebbe finito per favorire la Lega. Furono prodotti due documenti dai gruppi parlamentari per scongiurare il voto favorevole al Rosatellum e, tra i consiglieri dell’ex premier, persino l’ascoltatissimo Gianni Letta cercò di dissuadere il Cavaliere a dare il via libera a questa legge elettorale che al Nord, dove la Lega è egemone, è stata probabilmente decisiva per consacrare Matteo Salvini nuovo leader del centrodestra. Ed è proprio su questo punto su cui proveranno a far leva i deputati e i senatori eletti al Sud per manifestare a Berlusconi tutta la loro insoddisfazione, soprattutto se il partito cominciasse ad appiattirsi sulle posizioni della Lega. Nessuno ha voglia di personalizzare lo scontro, ma in queste ore anche se non lo si dice apertamente, l’indice è puntato su due big del partito che furono decisivi per l’approvazione del Rosatellum: il governatore ligure Giovanni Toti e il capogruppo a Palazzo Madama, Paolo Romani. Scelte di cui si dovrà tenere conto anche quando, fra pochi giorni, dovranno essere rinnovate le nomine per i capigruppo o le possibili intese per le presidenze delle Camere.

L’altro punto su cui si ragiona nelle sedi del partito da Roma in giù è la totale assenza di esponenti del Sud all’interno dell’inner-circle berlusconiano. Niccolò Ghedini, Paolo Romani, Renato Brunetta, Andrea Mandelli, Sestino Giacomoni sono gli uomini più vicini al presidente e quelli più presenti nei vertici che si svolgono ad Arcore, ma tra questi nessuno è meridionale. Un’evidenza – si ritiene nel partito – che ha avuto un peso anche sull’efficacia della campagna elettorale di Berlusconi. «Il presidente andava in tv – spiega un parlamentare forzista – a parlare con un linguaggio che al Sud è poco utilizzato, dal piano Marshall per il meridione alla flat tax. Per parlare al nostro elettorato servono messaggi più chiari, ma non c’è nessuno dei consiglieri che glielo abbia ricordato, impossibile controbattere al chiarissimo messaggio dei 5 Stelle sul reddito di cittadinanza». L’unica persona di origini meridionali che negli ultimi anni frequenta stabilmente Arcore è la compagna napoletana Francesca Pascale. Lontani ormai i tempi in cui il siciliano Renato Schifani, da capogruppo al Senato, era solitamente molto ascoltato dal cavaliere nei vertici settimanali che si svolgevano a Palazzo Grazioli. In pratica «l’asse del Nord» si sarebbe costituito anche sulla scorta degli ingressi consentiti nelle residenze dell’ex premier.

Le fibrillazioni di queste ore portano a riflettere su quale sarà il futuro di Forza Italia, un partito che sembra ormai stretto nella morsa leghista. «Nell’eventualità certo non remota che si debba tornare rapidamente a votare – chiedeva ieri il parlamentare di Fi, Antonio Angelucci – chi fermerà la doppia emorragia di voti, al Nord verso Salvini e al Sud verso Grillo?». Un ragionamento politico, ma ovviamente i malumori hanno anche l’obiettivo di agitare le acque in vista delle prossime partite da giocare. In ballo ci sono le presidenze dei gruppi, ma pure le eventuali presidenze delle Camere o posti di governo nel caso si raggiungesse un accordo organico con le altre forze parlamentari. La truppa del Sud è pronta alla battaglia. 
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