Alloggi occupati a Napoli, via agli sgomberi dalle case dei boss

Alloggi occupati a Napoli, via agli sgomberi dalle case dei boss
di Daniela De Crescenzo
Venerdì 5 Ottobre 2018, 07:00
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Un mese per avviare l'operazione sgomberi dalle case gestite dai clan: il ministro dell'Interno, Matteo Salvini, tornerà a Napoli e, lo ha fatto capire chiaramente nel corso della visita di martedì scorso, vorrà vedere qualche risultato. Così del piano sfratto alla camorra si discuterà in prefettura già nella prossima settimana, probabilmente nel comitato per la sicurezza e l'ordine pubblico che si terrà mercoledì. Ma, per evitare che si tratti solo di uno spot, ci vorrà un notevole impegno da parte delle forze dell'ordine: da Scampia a Ponticelli, dal rione Traiano a San Giovanni da tempo la camorra è padrona delle case popolari.
 
La capitale delle occupazioni illegali è probabilmente Scampia. Nel 2007, nella sentenza di condanna dei sei giovani assassini di Carmela Attrice, il giudice Roberto Donatiello scrive: «La aveva la colpa di abitare nelle cosiddette Case Celesti che dovevano restare sotto il controllo del sodalizio criminoso facente capo alla famiglia Di Lauro». I gregari di Cosimo Di Lauro avevano bisogno del controllo totale, intimarono alla donna di sgomberare e visto che non obbediva l'ammazzarono.

Faida dopo faida, nulla cambia. Nel 2015 gli Amato e i guaglioni della Vanella Grassi si fronteggiano, muore un innocente, Lino Romano, e spuntano i pentiti desiderosi di passare dalla parte dello Stato per salvarsi la pelle. Uno di questi, Salvatore Baldassarre, spiega ai magistrati: «Dal luglio 2012 eravamo soliti riunirci in due appartamenti situati al primo ed all'undicesimo piano del palazzo dove abita tale O' Maresciallo, un nostro affiliato detenuto». E, per stare più tranquilli, gli Scissionisti avevano cacciato anche i vicini. Il fronte opposto, quello della Vanella, presidiava il lotto G. Racconta il pentito Mario Pacciarelli ai magistrati: «I tre reggenti del clan Vanella Grassi, Guarino Rosario, Mennetta Antonio e Magnetti Fabio, alla rottura con il clan Amato Pagano cacciarono via dal Lotto G tutti gli affiliati del clan ed imposero il loro comando. Barretta Antonio prese la casa di Rosario Tripicchio», un nemico, per questo ucciso. Carmine Annunziata, coinvolto nell'omicidio Romano, confessa: «Nel lotto G avevamo a disposizione sia alloggi che Antonio Bastone mise a disposizione, sia persone che ci potevano dare informazioni». Scrivono i pm Stefania Castaldi e Vincenzo Marra nell'ordinanza che dispone l'arresto di 14 affiliati: «La meritevole attività investigativa dei carabinieri è stata in grado di documentare, al di là di ogni ragionevole dubbio, la presenza di questi soggetti che hanno il controllo pieno di un intero isolato del Lotto G». Parole dure. Lo Stato decide di reagire, l'allora commissario di Scampia, Michele Spina, organizza sopralluoghi, poi nel comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica, le forze dell'ordine stila un elenco di boss da sfrattare, e nel 2014 un pugno di boss viene costretto a sloggiare. Nel gennaio 2017, il commissariato di Scampia arresta sei guaglioni del clan della Vanella: sono accusati di aver cacciato sotto la minaccia di armi di interi nuclei familiari dal Lotto G, parenti o amici dei gruppi rivali. Non va meglio a Chiaiano dove gli abitanti di Cupa Spinelli da oLtre dieci anni implorano di essere liberati dal giogo del clan Stabile che impone i propri gregari come vicini. A una quindicina di chilometri di distanza, nella periferia est devastata dai clan, cambiano i nomi dei boss, ma resta identico il controllo delle case degli enti pubblici. A San Giovanni nel '98 si cacciano gli abusivi sistemati a Pazzigno dai Reale e a Taverna del Ferro dai Formicola: molti assegnatari regolari, però, preferiscono rinunciare all'appartamento pur di non fare uno sfregio ai criminali e nel tempo gli alloggi vengono rioccupati.

Altro giro, altra corsa, altro clan, stessa oppressione. A Ponticelli uno dei fratelli Sarno, Giuseppe, si pente racconta: «Mio fratello Carmine ha anche altri introiti che gli derivano dall'attività di compravendita degli appartamenti popolari, nel senso che sia il venditore sia l'acquirente di quegli immobili (che in realtà non si potrebbero vendere perché di proprietà del Comune) sono costretti a corrispondergli una certa somma, che si aggira intorno ai 1500 2000 euro». Poi i Sarno vengono travolti, ma i loro gregari sono ancora tutti negli immobili del Comune e dell'Istituto Case Popolari.
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