«Uniti da Bologna a Napoli,
sì all'alleanza tra i sindaci»

«Uniti da Bologna a Napoli, sì all'alleanza tra i sindaci»
di Valerio Esca
Giovedì 29 Settembre 2022, 12:14
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Napoli e Bologna gemelle del campo largo. Il sindaco di Napoli Gaetano Manfredi, all'indomani del risultato elettorale, si è subito messo all'opera per ricostruire le basi del fronte progressista. Lo sta facendo chiamando a raccolta i sindaci del centrosinistra, che governano nelle loro città con coalizioni ampie, passando dall'accordo Pd-M5S. Il collega con il quale Manfredi si è portato avanti con il lavoro, ancor prima del voto, è Matteo Lepore, sindaco di Bologna.

Quanto è importante per il centrosinistra ricostruire un campo largo partendo dai sindaci?
«È importante in questo momento costruire una rete più ampia di sindaci: stiamo dialogando anche con Firenze, Roma e Milano. Il prossimo governo deve vedere nei sindaci un punto di riferimento in relazione ad alcune battaglia: clima e lavoro per esempio. E poi i sindaci devono essere messi in condizione di poter fare da ponte con il Governo affinché le persone che non hanno voce possano essere ascoltate. Abbiamo bisogno da subito di essere leali con il Paese e determinati nell'opporci ad un governo di destra-destra. Credo, al di là delle questioni congressuali del Pd, che sia importante arrivare in Parlamento dicendo due cose: la prima che la Costituzione non si cambia a colpi di maggioranza, cercando di puntare al presidenzialismo per accentrare il potere; secondo che le questioni sociali in questo Parlamento sono fondamentali. Propongo come primo punto quello della casa. Il Pd nel suo programma aveva proposto 500mila nuove case popolari senza consumo di suolo e credo sia un tema molto sentito dai sindaci nei nostri territori.

Intorno alla questione della casa, c'è quella dei giovani, del lavoro, la questione dell'energia. E il contributo dei sindaci deve fare riprendere anche al Pd la capacità di tornare a parlare alle persone».

Lei come risponde alla chiamata di Manfredi?
«Si tratta di valorizzare le nostre esperienze da sindaci. Noi tutti siamo stati eletti da ampie coalizioni che si sono costruite territorio per territorio. Quando la sinistra riesce a essere unita ha dimostrato che può vincere. Poi penso che il Pd nella propria prospettiva abbia di nuovo quella di ricostruire grandi alleanze capaci di vincere ma prima bisogna fermarsi e fare una cosa: ti puoi alleare con il M5S, con Calenda, o con altri, ma prima devi capire chi sei, e cosa vuoi rappresentare. Perché altri partiti in queste elezioni meglio del Pd hanno saputo trovare un blocco sociale: il centrodestra lo ha trovato, il M5S nel Sud e nelle persone più povere, Calenda nel mondo delle imprese e dei professionisti al Nord, il Pd è rimasto in mezzo e questo è un grosso problema. Manfredi ha un'esperienza diversa dalla mia: lui non ha la tessera dei dem in tasca, è un indipendente e sta in una città dove dai risultati si comprende come gli elettori abbiano premiato ampiamente i Cinque Stelle. A Bologna gli stessi voti dei Cinque Stelle li ha presi il Pd. Abbiamo biografie politiche diverse, quello ci accomuna è l'agenda sociale: mettere al centro il tema del lavoro, della casa e dei diritti delle persone».

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Sembra che siate pronti a guidare la riscossa dei sindaci
«Il Pd vede tra le proprie fila circa il 70 per cento dei primi cittadini italiani eletti. Purtroppo nella discussione nazionale i sindaci arrivano sempre dopo, come le comunità locali, il mondo del terzo settore e il mondo del lavoro. È necessario che i sindaci, non solo io e Manfredi, ma tutti quelli di centrosinistra e del Pd siano i veri protagonisti di questa riflessione che deve rifondare il Pd. Credo sia arrivato il momento di parlare forte di una vera fase ricostituente».

È d'accordo con Manfredi quando dice: «Tutti uniti avremmo vinto»?
«Difficile oggi con l'algebra dire chi avrebbe vinto. È certo che tutti uniti saremmo stati più capaci di contrastare una destra che nei voti ha vinto ma non ha sfondato. Ha convinto un numero inferiore di elettori rispetto ai governi Berlusconi, c'è stata una redistribuzione dei voti al loro interno. Fdi si è mangiata la Lega, noi invece non abbiamo convinto gli elettori nostri a venire a votare. Il tema dell'alleanza per convincere il nostro blocco sociale a recarsi alle urne è sotto gli occhi di tutti. Deve interrogare il Pd ma anche Conte i Cinque Stelle. Questa non è solo una responsabilità del Pd».

Napoli e Bologna stanno creando un asse comune che parte dai temi. Il prossimo mese sarà all'ombra del Vesuvio per siglare un protocollo d'intesa, di cosa si tratta?
«Ribadiremo la nostra alleanza con un accordo formale. Verrò a Napoli e firmeremo un accordo perché vogliamo mettere in fila quelle che sono le nostre due aree geografiche a partire dai giovani, il lavoro, le questioni energetiche e la cosa più importante, nella quale siamo coinvolti, riguarda i nostri due tecnopoli. La costruzione di un asset sul tema dei dati e della ricerca scientifica a livello europeo che vede unite Bologna e Napoli, insieme a Barcellona, Helsinki e altre metropoli europee. Si tratta di un accordo di merito, che ha anche un'idea politica, su quello che deve essere il Paese».

Ovvero?
«Il Paese deve essere uno e invece siamo di fronte ad un Paese politicamente molto diviso, con un tasso di astensionismo alto. Mi aspetto che Bologna e Napoli siano capaci di parlare ai giovani del Paese».

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