Catacombe di San Gennaro, il diktat del Vaticano: sostituire padre Loffredo

Catacombe di San Gennaro, il diktat del Vaticano: sostituire padre Loffredo
di Franca Giansoldati
Lunedì 19 Novembre 2018, 07:00 - Ultimo agg. 17:45
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CITTÀ DEL VATICANO - La fase due, quella della normalizzazione, è iniziata e prevede che il parroco del rione Sanità, don Antonio Loffredo si faccia da parte, lasciando ad una figura terza, autorevole e ancora da individuare, la guida delle catacombe di Napoli e, di conseguenza, della cooperativa La Paranza. In Vaticano sono in attesa di proposte ben precise dopo avere interpellato alcune fondazioni e altre realtà nazionali che si occupano del Sud. Si punta a un magistrato, un ex generale dei carabinieri in pensione, un professore di archeologia in pensione, un avvocato o anche un commercialista.
 
La ricerca di una figura di assoluto prestigio in grado di guidare il passaggio più delicato e complesso del pasticcio delle catacombe di Napoli, è stata affrontata durante il vertice di alcuni giorni fa, avvenuto a Roma nell'ufficio del cardinale Gianfranco Ravasi, a Via della Conciliazione, tra il porporato (titolare dell'organismo che controlla tutte le catacombe sul territorio italiano) e l'arcivescovo di Napoli, Crescenzio Sepe, a capo della diocesi che forse in questi anni a Napoli avrebbe dovuto vigilare con maggiore attenzione sulla gestione della cooperativa che nel 2009 si è aggiudicata la convenzione delle catacombe di San Gennaro.

I problemi sono venuti al pettine tutti in una volta quando, alla vigilia della scadenza del mandato del rinnovo della convenzione alla Paranza, il Vaticano si è accorto che non esisteva una situazione trasparente, non erano mai stati presentati i bilanci, non c'era una rendicontazione dei biglietti, i rapporti sulla tutela degli affreschi e le garanzie degli interventi da effettuare nel sito da persone competenti erano frammentarie e scarse, non erano mai stati fatti i trasferimenti di denaro pari al 50 per cento degli introiti. Da tempo, poi, gli esperti vaticani si lamentavano del fatto che gli archeologi non riuscivano a fare sopralluoghi in tranquillità, visto che ogni volta che arrivavano a Napoli venivano accolti da un clima ostile e ben poco collaborativo.

Il cardinale Ravasi sin dall'inizio ha preteso trasparenza e legalità, chiedendo correttezza nelle operazioni e l'applicazione delle regole valide anche per gli altri siti, fermo restando che l'esperienza positiva svolta dalla cooperativa napoletana andasse salvata. Il ruolo costruttivo svolto nel tessuto sociale di uno dei quartieri più ad alto rischio di Napoli resta sotto gli occhi di tutti: in questi hanni ha dato un lavoro a 35 ragazzi disoccupati, oggi impiegati nella biglietteria, a fare da guida ai turisti, oppure nel negozio di souvenir.

L'esperimento sociale - ha sempre ripetuto il Vaticano non va smontato - anzi, va rafforzato ma nel rispetto del quadro normativo vigente, delle procedure interne e dei protocolli di tutela adottati per i siti archeologici vaticani che ogni anno procedono a dividere con la Pontificia Commissione di Archeologia Sacra i ricavi derivanti dalla vendita dei biglietti. La protesta dei 35 ragazzi che temono di perdere il lavoro se la convenzione non verrà rinnovata ha fatto innalzare il livello dello scontro. Manifestazioni, accuse pesanti, persino lettere di minaccia arrivate in Vaticano, una petizione da inviare al Papa che ha già raccolto 60 mila firme.
Al di là del Tevere continuano a ripetere che in questa fase è necessario trovare il modo per riportare la calma e solo una figura terza, di alto profilo, potrebbe riuscire in questa impresa, ed essere il pontiere del dialogo e garantire a tutti la fiducia e la serenità perduta.

Almeno per firmare il rinnovo della convenzione.

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