Napoli, bloccati da 10 mesi i fondi per i migranti: è rischio stop

Napoli, bloccati da 10 mesi i fondi per i migranti: è rischio stop
di Gigi Di Fiore
Giovedì 19 Luglio 2018, 10:01
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Dieci mesi senza soldi. Dieci mesi senza ricevere i fondi messi a disposizione del ministero dell'Interno, per le spese di gestione dei centri che accolgono i migranti. È l'allarme di cooperative e associazioni che gestiscono i 96 centri di Napoli e provincia, strutture che ospitano un totale di 4076 migranti e da ottobre tirano avanti solo attraverso i crediti bancari. L'accoglienza boccheggia, l'inceppamento dei soldi dovuti dallo Stato è diventato un problema.

«Abbiamo fatto diverse riunioni in Prefettura, la prossima è prevista per la fine di luglio - spiega Loredana Pierno che lavora per alcune cooperative riunite nel gruppo della Buona accoglienza - Ci sono una serie di problemi procedurali e burocratici, che stanno ritardando il flusso di finanziamenti affidati alla Prefettura. Le nostre cooperative ospitano attualmente circa 240 migranti».
 
Il Pioppo, Virtus Italia, Pan, Less, San Martino sono alcune delle principali associazioni e cooperative che gestiscono parte dei 21 centri di accoglienza a Napoli città. La maggioranza è nel quartiere Vasto, ma sono anche a Materdei, Marechiaro, via dei Tribunali. In provincia, i centri sono attivi in prevalenza ad Acerra, Afragola, Agerola, Arzano, Boscoreale, Calvizzano, Cardito, Casoria, Ercolano, Frattaminore, Marano, Mugnano, Nola, Pozzuoli, Qualiano. A Giugliano ce ne sono quindici.

Dice l'avvocato Michele Cutolo, che segue le cooperative vicine al Movimento cristiano lavoratori: «Le strutture in questi mesi hanno fatto affidamento sui crediti bancari, per assicurare i pocket money ai migranti o gli stipendi a chi lavora nei centri. È stato un intoppo improvviso».

L'intoppo ha un nome e una spiegazione: è il decreto firmato il 18 ottobre scorso dall'allora ministro dell'Interno, Marco Minniti, con il ministero delle Finanze. Prevede «adempimenti in materia di rendicontazione delle spese per la fornitura di beni e servizi nella gestione dei centri di accoglienza per immigrati». Aveva spiegato proprio Minniti in Parlamento: «Le fatture per la liquidazione del corrispettivo relativo ai servizi di accoglienza devono essere corredate da documentazione giustificativa della relativa spesa».

Un controllo che riguarda soprattutto i pasti ordinati e consegnati, oltre che i beni forniti ai migranti al loro ingresso nel centro, ma anche i contratti di lavoro degli operatori con le loro buste paga e il registro del pocket money. Rigore anche nell'elenco dei fornitori di servizi ai centri. Spiegano alla Prefettura di Napoli: «Non neghiamo i ritardi, ma le nuove procedure andavano messe a sistema. Bisognava assestare la raccolta dati, l'informatizzazione, le procedure. Inoltre, anche le associazioni e le cooperative dovevano prendere dimestichezza con le novità di quanto viene loro richiesto. Per fare tutto questo, e farlo già a partire dall'ultimo trimestre dello scorso anno, abbiamo avuto bisogno di tempo».

Insomma, nonostante gli accrediti dei fondi (alcuni milioni di euro) siano stati eseguiti dal governo alla Prefettura fino al marzo scorso, quei soldi non sono stati trasferiti a cooperative e associazioni che gestiscono i centri. Dice don Tonino Palmese, che ha partecipato ad alcune riunioni in Prefettura seguendo le strutture di ispirazione cattolica: «Il gruppo della Buona accoglienza ha caratteristiche di impegno nell'integrazione dei migranti, che va oltre la semplice ospitalità in una struttura. È un modo totale di fare accoglienza. Con i ritardi nei pagamenti, il rischio è che a gestire le strutture per migranti possano essere solo personaggi poco chiari che hanno a disposizione liquidità e possono andare avanti senza problemi».

Il rigore nei controlli provoca ritardi nelle liquidazioni ai centri di accoglienza. Dice Salvatore Esposito, presidente della cooperativa Città sociale, che gestisce un centro di accoglienza a Somma Vesuviana: «La nostra idea è che un centro di accoglienza debba essere di piccole dimensioni, ospitare poche decine di migranti per poterli seguire individualmente in un'ottica educativa di reale integrazione. Certi ritardi possono sopportarli solo strutture di ospitalità pseudo-alberghiere create da privati, riconvertendo vecchi immobili, magari in disuso, per questo scopo. Noi facciamo accoglienza non in ottica da albergatori, ma tendendo ad un'accoglienza piena, collegata al sistema pubblico di welfare sociale. Questo presuppone professionalità e conoscenza negli operatori. E naturalmente costi, che possono essere sopportati solo attraverso il flusso periodico e regolare dei fondi del governo».

Tra le strutture che attendono i fondi statali, anche il centro per immigrati di via Tribunali gestito dalla cooperativa Virtus Italia onlus che fu inaugurato non molto tempo fa e si trova non distante dalla sede della Curia. Un centro di prima accoglienza di tre piani e un centinaio di posti letto, che dà lavoro a 50 operatori. Molti centri tirano avanti, ma sperano nel rapido arrivo dei fondi. Dice Enrico Sanchi, presidente della cooperativa Virtus Italia: «Siamo fiduciosi che, come ci è stato assicurato dalla Prefettura, finalmente tutto si sia sbloccato e che i primi pagamenti del dopo-decreto del 18 ottobre vengano eseguiti».

Più controlli, meno rapidità. Il riparto sistematico dei finanziamenti sui costi documentati e giustificati resta garanzia per il sistema di accoglienza auspicato dalla commissione parlamentare d'inchiesta, che concludeva: «Troppo spesso si garantisce l'accoglienza, ma si fa troppo poco in funzione dell'inclusione». E, se i ritardi del trasferimento di quanto spetta ai gestori dei centri continuerà, il sistema rischia di bloccarsi.
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