Napoli, il semi-dissesto e la partita di de Magistris

di ​Bruno Discepolo
Giovedì 26 Aprile 2018, 09:28
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L'approvazione del Bilancio, in Consiglio comunale, rappresenta a tutti gli effetti una tregua, sia sul piano politico che tecnico-finanziario. È ormai chiaro, e da tempo, che per l'attuale sindaco la partita intorno alla quadratura dei conti, vecchi e nuovi, si è spostata da Napoli a Roma, nella consapevolezza che questi non tornano, se circoscritti alle risorse e capacità dell'Ente comunale. E dunque, per scongiurare l'odiato dissesto, restava e resta un'unica strada percorribile, quella del soccorso governativo. Che è già arrivato, da ultimo per iniziativa di Gentiloni e benevolenza del passato Parlamento. 

E che ora, alla luce dei risultati elettorali e delle presumibili nuove maggioranze ed inquilini di Palazzo Chigi, fanno dire a de Magistris: «Spero nel M5S, sono coloro su cui nutro le maggiori speranze perché fino ad ora non sono stati responsabili dell'assenza di visione politica sulle autonomie locali». La strada intrapresa dall'Amministrazione arancione, con il pre-dissesto, si fa ora sempre più in salita ed i tempi di verifica della validità degli impegni assunti, per il reperimento delle risorse necessarie a coprire debiti passati e recenti, si riducono drammaticamente. Per questa ragione il sindaco annuncia iniziative, anche clamorose, a partire dai prossimi giorni, nei confronti dei partiti e delle istituzioni romane. 

E qui entrano in gioco le scelte operate da Giunta e Consiglio comunale, con la recente manovra tesa a riequilibrare i conti dopo l'ulteriore appostamento di partite dovute a debiti e sanzioni accertati dalla Corte dei Conti. Anche in questa occasione si può affermare che l'unica soluzione individuata e messa in campo dagli amministratori comunali è relativa alla vendita di immobili di proprietà del Comune. È un elenco ormai molto copioso quello dei beni che, almeno nelle intenzioni di Palazzo San Giacomo, dovrebbero essere alienati per consentire alle casse comunali di far fronte alle spese correnti e al pagamento dei debiti pregressi, in pratica due terzi del disavanzo complessivo. Vi è solo un problema, e cioè che questa strategia è già stata adombrata nel recente passato ma i risultati sono stati a dir poco fallimentari. 

Dismettere quote del patrimonio pubblico disponibile è questione su cui si dibatte, e non da oggi, perché ritenuta a ragione decisiva, sia nel riequilibrio dei conti dello Stato, e di molte amministrazioni centrali e locali, che per inaugurare una nuova stagione all'insegna di una sana ed efficiente gestione dei beni pubblici, per un più ordinato assetto del territorio, per la stessa qualità dei servizi da erogare. Ed infatti molti sforzi sono stati compiuti, in questi anni, in tema di novità legislative, nuovi strumenti tecnici e finanziari, e modelli possibili di intervento si sperimentano in diverse parti del Paese. 

Il problema è che non basta immaginare di appostare una cifra vicino ad un cespite, a maggior ragione se pubblico, con evidenti vincoli urbanistici e di destinazione, e poi immaginare che dopo un anno o due lo si possa vendere, come sul mercato immobiliare e residenziale privato. Non è un caso, allora, che più di un'amministrazione pubblica, volendo razionalizzare e al tempo stesso valorizzare il proprio patrimonio, ricorra a strumentazioni più moderne e performanti, da affiancare a istituti già consolidati quali le permute o la finanza di progetto, e cioè la «concessione di valorizzazione» o la costituzione di «Fondi immobiliari». 

Su di un altro piano è inoltre possibile programmare in maniera sistematica interventi sia di razionalizzazione dei beni esistenti che di possibili alienazioni strategiche all'interno di una visione organica della materia, per mezzo di veri e propri strumenti di natura urbanistica quale è il PUVAT, il Programma unitario di valorizzazione territoriale, cui è possibile affiancare il Piano delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari e il Piano triennale di investimento in materia. Sono politiche attive, in tema di gestione del patrimonio, di cui, è bene precisare, nella nostra regione come nella stragrande maggioranza degli Enti locali, nessuno parla, forse ignorando anche l'esistenza di questi strumenti.

Il problema, ritornando a Napoli, è che ora, con le scelte operate in sede di Bilancio, si prospetta la necessità, di più, l'obbligo, di alienare gli immobili inseriti nell'elenco, pena la dichiarazione di dissesto. Ma, come faceva notare ieri su queste pagine Luigi Roano, «è impensabile di vendere immobili per 500 milioni in meno di tre anni quando negli ultimi 15 ne sono stati incassati solo 4». E, ulteriore problema nel problema, la verifica non scatterà tra un anno, ma entro tre mesi dall'approvazione del Piano di riequilibrio da parte della Corte dei conti, come stabilito dall'ultima legge di stabilità.

Qui si ritorna, immancabilmente, sul piano politico e sulle scelte dell'inquilino di Palazzo San Giacomo. Tutte le sofferenze che la popolazione napoletana sta vivendo in questi anni, con il più basso livello di servizi prestati e, contemporaneamente, il più alto regime di tassazioni locali, è stato presentato come oltre al solito refrain sulle colpe e responsabilità dei precedenti amministratori un prezzo obbligato per evitare il dissesto del Comune. Presupponendo che questo, ovverossia l'atto di dichiarazione della impossibilità a far quadrare i vecchi conti, ereditati o maturati di recente, rappresentasse la peggiore iattura per i napoletani.

Quello che viene ora maturando in città, alla luce di ciò che è realmente accaduto e delle prospettive a breve, è un forte dubbio se la scelta di non dichiarare il dissesto, come pure era stato autorevolmente proposto al sindaco o come hanno fatto i primi cittadini di altri capoluoghi campani, sia maturata nell'esclusivo interesse dei cittadini di Napoli o piuttosto non sia stato solo un calcolo e dunque una scelta assunta in un'ottica tutta politica e personale del sindaco de Magistris. Se così fosse, di certo non saranno le manifestazioni o i cortei a Roma a dirimere la questione e a risolvere i nostri problemi.
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