Napoli, la denuncia del maestro pasticciere: «Dopo il reddito di cittadinanza spariti i dipendenti, vogliono tutti lavorare in nero»

Napoli, la denuncia del maestro pasticciere: «Dopo il reddito di cittadinanza spariti i dipendenti, vogliono tutti lavorare in nero»
di Giuliana Covella
Venerdì 6 Settembre 2019, 07:30
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«Una sorpresa amara e inaspettata». Così Salvatore Capparelli, uno dei maestri pasticceri più famosi di Napoli, tra i marchi storici del settore con la sede di via Tribunali, commenta la diaspora dei suoi otto dipendenti che, alla ripresa dalle ferie, non si sono presentati a lavoro. Tra camerieri che servivano ai tavoli al bar e gelateria, pasticceri, baristi e aiutanti impiegati - all'interno della pasticceria che sforna sfogliatelle frolle e ricce, e i mitici babà che due anni fa Dolce&Gabbana vollero per la loro sfilata al centro storico - il personale dei tre negozi dei Decumani «è ridotto del 60%», come spiega il titolare che, insieme alla moglie Pina, non nasconde di avere qualche dubbio sulle cause di queste improvvise defezioni senza alcun preavviso: «Credo che il reddito di cittadinanza, con il sussidio garantito a chi non non risulta assunto, stia provocando seri danni a noi esercenti della categoria». E aggiunge: «I miei dipendenti? Tutti inquadrati. Ma sono già in tanti quelli che mi stanno contattando e si offrono di lavorare a nero per percepire il sussidio dallo Stato».

Salvatore, cosa è successo?
«Appena abbiamo riaperto dopo la pausa estiva, dal 18 agosto al primo settembre, mi sono ritrovato senza personale».
 
Com'è accaduto?
«Lunedì 2 settembre avremmo dovuto riaprire bar, gelateria e pasticceria. Inaspettatamente otto miei collaboratori non si sono presentati, avvisandomi all'ultimo momento».

Senza alcun preavviso?
«Assolutamente no. Avrebbero dovuto comunicarmelo quindici giorni prima o almeno accennarmi le loro intenzioni. Invece nessuno lo ha fatto e mi hanno lasciato da solo nei tre locali da gestire insieme a una delle mie figlie e mia moglie».

Quali figure sono venute a mancare?
«Ragazzi che servivano ai tavoli, aiutanti pasticceri, baristi e addetti alle pulizie».

Erano contrattualizzati?
«Tutti i miei dipendenti erano inquadrati. Appena decido di assumerli, firmano un contratto e svolgono un periodo di prova di due settimane. Non sono di quei titolari che, se arrivano controlli dall'ispettorato del lavoro, tengo a nero i miei dipendenti e mi giustifico con la solita scusa sono in prova. Ho sempre fatto tutto nella massima trasparenza».

Com'erano gli stipendi? E i turni di lavoro?
«In base alle mansioni c'era chi percepiva uno stipendio, parlando al netto in busta paga, e aggiungendo assegni familiari e straordinari, di oltre 1.200, chi di 1.700 circa o chi ancora di oltre 1.800. Con turni di lavoro dalle 6.30 alle 15 o dalle 14.30 alle 21, tenendo conto che siamo nel cuore del Decumano Maggiore. Luoghi presi d'assalto dai turisti in ogni periodo dell'anno».

Quali sono state le motivazioni che le hanno fornito abbandonandola di colpo?
«Un barista di 22 anni con moglie, tre figli a carico e uno in arrivo mi ha detto che era stressato. Una ragazza romena poi mi ha avvisato con un messaggio su whatsapp che è era rimasta bloccata al suo Paese, perché non le davano i documenti necessari per tornare a Napoli. Mi è sembrata una scusa. Un'altra risorsa importante era una dipendente, il mio braccio destro in pasticceria, e se n'è andata senza darmi spiegazioni».

Come la spiega questa fuga in massa?
«La mia è solo un'ipotesi, ma forse pensano di andare a lavorare a nero e percepire anche loro il reddito di cittadinanza. Perché, ripeto: qui erano tutti contrattualizzati. Ma è chiaro che a chiunque farebbe comodo guadagnare senza lavorare. Un esempio? In via Tribunali ad angolo con San Gregorio Armeno finora c'erano gli zingari che vendono corni portafortuna. Ebbene sono scomparsi, perché a detta loro, conviene più fare domanda per il reddito di cittadinanza che stare in strada ogni giorno per pochi euro».

Come state affrontando questa emergenza ora?
«Turni massacranti. Mia moglie scende alle 7 e mia figlia Rosa, di 25 anni e madre di una neonata di tre mesi, è dovuta passare dalla pasticceria al laboratorio. Inoltre da ieri un amico pasticcere in pensione, Antonio Sifo, è venuto a darmi una mano per preparare le sfogliatelle. Ma non possiamo andare avanti così. Io soffro di una patologia rara e ho un'ulcera al piede. Inoltre ho una serie di eventi nei prossimi giorni a cui non posso mancare. Ma non posso neanche lasciare la pasticceria».

Lei ha lanciato un appello attraverso Gianni Simioli e Radio Marte. Quale?
«Ho urgente bisogno di personale qualificato ai tavoli, in gelateria e in pasticceria. L'unica che ci è rimasta fedele è Anna, una specie di factotum per noi, che ha 30 anni ed è qui da sette anni».

Le sono già arrivate proposte?
«Sì, dopo il mio appello sono state centinaia le telefonate. Ma quello che mi ha scoraggiato è che la maggior parte chiedevano: Quanto mi date? Assumetemi anche a nero, così non perdo il reddito di cittadinanza».
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