«Valeria Valente è l'occasione per ridare un ruolo a Napoli, del tutto assente in questi anni. Nel 2011 ero rimasto sorpreso dall'entusiasmo dei napoletani per de Magistris: è stato una grande, profonda delusione». Andrea Orlando è l'ospite d'onore della cena elettorale promossa dalla candidata alle primarie. Il ritorno a Napoli del ministro della Giustizia è l'occasione per un riflessione. Sulla città, sul partito, sul ruolo e il futuro del territorio ma anche sulla scelta di puntare su Valente per le primarie e per l'elezione a sindaco. «Bassolino? - dice Orlando - Tutto quello che si ripropone è antico, anche un monumento».
La terrazza dell'hotel Mediterraneo lascia sempre una sensazione di stupore e sorpresa per il panorama di sconvolgente bellezza di Napoli e del suo golfo. È la location perfetta per una cena elettorale di raccolta fondi: 200 ospiti, 100 euro a testa. Più dei soldi, tuttavia, è il momento per ritrovarsi, stabilire contatti, stringere alleanze, sondare il terreno e capire se è possibile ottenere nuovi supporti in quella borghesia napoletana che conta e può spostare consenso elettorale. Pochi politici, si notano Emilio Di Marzio, Marco Di Lello, Leonardo Impegno, Ciro Fiola, il sindaco di Ercolano Ciro Buonajuto, molti professionisti in prevalenza avvocati e commercialisti. Tra loro Francesco Caia, Gianfranco Mallardo, Vincenzo Improta, Antonio Tuccillo, Enzo Moretti, Achille Coppola, Maurizio Bianco e Antonio Areniello dell'Ordine dei notai. Andrea Orlando viene a sostenere la compagna della componente di Rifare l'Italia nel partito democratico, ma soprattutto a sottolineare il valore della candidatura di Valeria Valente: «Con lei - spiega - possiamo dare a Napoli una nuova classe dirigente che è l'elemento clamorosamente deficitario in città, una delle cause dello squilibrio tra le potenzialità di Napoli e il suo ruolo a livello nazionale. E mi piace l'idea di Valeria di candidarsi a nome di una classe dirigente, senza sovrapporsi agli altri ma quasi raccogliendo la responsabilità di rappresentare gli altri».Il passaggio su Bassolino è inevitabile, il ministro, però, evita qualsiasi affondo diretto rifugiandosi in un generico: «Tutto quello che si ripropone è antico, anche un monumento». Anche senza riferirsi esplicitamente all'ex sindaco, tuttavia, Orlando sembra fare un'allusione a Bassolino quando sottolinea il valore della candidatura della deputata del Pd «perché - dice - non vorremmo che la città finisse come in quel film, il Giorno della Marmotta, in cui il protagonista si svegliava sempre nello stesso giorno. Noi dobbiamo rompere questo incantesimo sbloccando un eterno presente. La mia presenza qui è in continuazione con un impegno per questo territorio perché con Valente si può chiudere quella fase di transizione che speravamo essere un processo che si potesse realizzare più rapidamente».
Un problema non solo napoletano, quello del passaggio e del ricambio della classe dirigente, perché in forme diverse quella transizione è stata vissuta con difficoltà in tutto il Paese. «Napoli è il segno della contraddizione che abbiamo vissuto a livello nazionale per dare una classe dirigente stabile, ma non si fa in un giorno - è l'analisi del ministro della Giustizia - Qui l'attardarsi su lotte antiche ha reso più difficile la rottura».L'altro tema centrale è quello del sindaco, anche perché Orlando non si nasconde e ricorda che cinque anni fa, dopo il crac delle primarie e la clamorosa esclusione del Pd dal ballottaggio, lui si espose (anche alle critiche del resto degli altri esponenti democrat) dicendo che il partito doveva votare compatto per de Magistris. «Ricordo l'entusiasmo dei napoletani in quelle giornate - racconta Orlando - Si è risolta con una delusione, in un forte rammarico, anche per me. Non c'è stato miglioramento della qualità della vita, come testimoniano tutte le classifiche nazionali.